Oggi, martedì 3 maggio 2016, si celebra in tutto il mondo la Giornata Internazionale per la Libertà di Stampa (WPFD) dedicata a proteggere la sicurezza di tutti coloro che lavorano nel campo dei media, creando quindi un ambiente protetto e indipendente in cui le informazioni possano circolare liberamente senza alcuna censura. Tanti gli eventi in programma ad Helsinki, sede centrale delle celebrazioni, e in molte altre città in tutti i continenti (qui una mappa interattiva).
Quest’anno l’evento coincide, tra l’altro, con la ricorrenza di due importanti avvenimenti che hanno marcato la storia del giornalismo a livello globale: la firma, nel 1766, della prima legge sulla libertà di stampa (tuttora attiva in Svezia e Finlandia) e il 25esimo anniversario della Dichiarazione di Windhoek che salvaguarda il diritto alla pluralità e all’indipendenza dei media e dei suoi lavoratori.
Il significato della WFPD è rafforzato anche grazie alla particolare importanza attribuita alla libertà di stampa nella lista degli Obiettivi per lo Sviluppo Globale Sostenibile da raggiungere entro il 2030: il sedicesimo punto, infatti, sostiene la creazione di “società pacifiche e pluralistiche in cui tutti possano avere accesso alla giustizia”. Su questo sfondo le associazioni internazionali promotrici dell’evento, prima fra tutte l’UNESCO, hanno sottolineato il forte legame che intercorre tra la libertà di stampa, una cultura aperta e tollerante e lo sviluppo sostenibile nell’età digitale. Il filo che connette questi fattori è proprio il ruolo del giornalismo e la protezione di coloro che rendono il servizio accessibile al pubblico.
La libertà di stampa rientra inoltre nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite che afferma, all’articolo 19, che il diritto alla libera espressione presuppone la possibilità di “cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso qualsiasi canale, senza alcuna barriera”. La libertà di espressione e la sicurezza dei giornalisti hanno un impatto immediato sull’informazione a cui il pubblico ha accesso, in particolare nell’era del giornalismo online in cui le minacce si moltiplicano: censura digitale, copertura di informazioni, eccesso di sorveglianza sono rischi che la comunità internazionale si propone di combattere al più presto per creare una società aperta e informata in cui le notizie possano viaggiare liberamente. Una scarsa protezione dei giornalisti apre infatti la via a fenomeni di corruzione, intimidazione e occultamento di informazioni.
In occasione delle celebrazioni previste per il 3 maggio ad Helsinki il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha affermato: “I diritti umani, le società democratiche e lo sviluppo sostenibile dipendono dalla presenza di un libero flusso di informazioni. La libertà di stampa è necessaria non solo per informare i cittadini ma anche per dar loro la possibilità di assicurarsi che i leader mantengano gli impegni presi. La creazione di un ambiente sicuro e indipendente per giornalisti e lavoratori nel campo dei media è fondamentale, e sono molto preoccupato per l’ambiente restrittivo che si sta venendo a creare. Ogni limite alla libertà di espressione rappresenta un freno al progresso” continua Ban Ki Moon invitando tutti i governi, i politici e i cittadini a impegnarsi per lo sviluppo di un mondo dell’informazione sicuro e indipendente. “Senza questo diritto fondamentale tutti noi siamo meno liberi” conclude il Segretario.
Anche Irina Bokova, Direttore Generale dell’UNESCO, ha dichiarato in occasione della WPFD: “Ricevere e diffondere informazioni è un diritto fondamentale di ogni democrazia che può essere garantito solo se i media hanno la possibilità di lavorare liberamente e senza alcuna paura. L’UNESCO si sta impegnando a livello mondiale per creare un ambiente sicuro per i giornalisti di tutti il mondo”. Purtroppo però, continua la Bokova, ciò non corrisponde alla situazione attuale dato che secondo le statistiche ogni cinque giorni un lavoratore nel campo dell’informazione viene ucciso sul lavoro. La situazione è ancora preoccupante e troppo spesso i giornalisti vengono minacciati, umiliati o anche uccisi a causa delle loro ricerche.

Proprio il 2 maggio scorso, ad esempio, Amr Badr e Mahmoud al-Sakka, giornalisti della testata online Yanair spesso apertamente critica verso le iniziative del governo egiziano, sono stati arrestati al Cairo durante un sit-in organizzato presso il Sindacato dei Giornalisti con le accuse di “diffusione di false informazioni, organizzazione di proteste illegali e minaccia alla sicurezza nazionale”. Il presidente del sindacato Yehia Qallash ha definito l’incursione della polizia egiziana “senza precedenti e illegale” e ha invitato il ministro degli Interni Magdal Abdel Ghaffar a dimettersi. Lunedì, al Palazzo di Vetro, durante il press briefing dell’ambasciatore egiziano alle Nazioni Unite Amr Abdellatif Aboulatta, che nel mese di maggio detiene la presidenza di turno del Consiglio di Sicurezza, La Voce di New York ha chiesto quanto la libertà di espressione e di stampa sia importante per la sicurezza nel mondo e quindi di fornire spiegazioni sugli ultimi arresti di giornalisti a il Cairo. L’ambasciatore egiziano, con un certo imbarazzo, ha risposto che la libertà di stampa ed espressione è sicuramente un argomento importante per la sicurezza in ambito ONU, ma ha evitato di affrontare l’argomento della situazione egiziana dicendo che lui in quel momento rispondeva alle domande dei giornalisti come presidente del Consiglio di Sicurezza e non come rappresentante dell’Egitto (La domanda di Stefano Vaccara e la risposta dell’ambasciatore Aboulatta qui, dal minuto 10:03).
L’Egitto si trova al 159° posto (su un totale di 180) nella classifica mondiale della libertà di stampa pubblicata quest’anno da Reporters Sans Frontières (RSF). Stando a quanto risultato dai dati diffusi dall’associazione, l’Europa sarebbe la macroregione in cui i media godono di maggiore libertà (con in indice di 19.8 punti) seguita dall’Africa (36.9), l’America Latina (37,1) e l’Asia (43,8). L’Africa del Nord e il Medio Oriente sono invece le zone più pericolose oggi per i giornalisti.
I dati di RSF evidenziano un forte peggioramento nella situazione generale di libertà di stampa a livello mondiale testimoniato dal fatto che dai 3179 punti del 2015 si è passati, nel 2016, a 3857 (ricordiamo che maggiore è il numero indicatore, peggiore è la situazione). Le cause di questo calo sono molteplici: la crescita del controllo esercitato dallo Stato sui media pubblici, la diffusione di ideologie fortemente ostili al concetto di libertà d’espressione, la situazione sempre più precaria dell’informazione indipendente tanto dal punto di vista pubblico che privato.
Cattive notizie anche per l’Italia: si situa alla 77° posizione nell’indice generale, preceduto dalla Moldavia e seguito dal Benin. Il motivo per questa disonorevole posizione italiana tra i paesi occidentali (è l’ultima) è dovuta alla facilità con cui il sistema giudiziario permette ai politici di poter querelare i giornalisti. Invece, in capo alla lista dei paesi più liberi per i giornalisti, troviamo tre paesi Europei, cioè Finlandia, Paesi Bassi e Norvegia, mentre a chiudere la classifica compaiono la Corea del Nord e l’Eritrea.
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