Udite udite: Telejato, la piccola battagliera televisione di Partinico, in provincia di Palemo e, ultimamente, finita sotto i riflettori nazionali, per avere fatto esplodere lo scandalo della gestione affaristica e clientelare dei beni sequestrati alla mafia (sotto inchiesta, insieme con altri colleghi, il giudice Silvana Saguto, ormai ex Presidente della Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. Ve ne abbiamo parlato qui), rischia di chiudere.
Avete capito bene.Succede anche questo in una Italia che, come mostrano tutte le statistiche, non ha mai fatto della libertà di stampa un suo baluardo. Succede che, uno dei pochi esempi di giornalismo investigativo che ha fatto dell'antimafia (quella vera) la sua stessa ragione d'essere, adesso, vedi caso, rischia di finire imbavagliato per sempre, a causa di 'intoppi buricratici'.
E quali? Questa televisione- diretta da Pino Maniaci- disturberebbe le frequenze televisive di Malta. Le autorità dell’isola hanno fatto ricorso alla Corte europea che ha dato loro ragione e imposto alla tv siciliana di interrompere le trasmissioni entro la data del 2 dicembre prossimo.
E già qui la prima stranezza: "Noi siamo sulla costa tirrenica, loro stanno all’altezza di Tunisi e se la prendono con noi – dice Maniaci-. Il nostro segnale, al massimo arriva a Palermo. Andremo a bussare alla porta di chiunque riesca a spiegarci come mai il ministero delle Telecomunicazioni, che è quello preposto a occuparsi della questione delle frequenze, pensi che un’emittente che trasmette da monte Bonifato bassa, con una potenza di 50 watt, possa arrivare a Malta e disturbare le loro frequenze”.
Ma, prima del ricorso alla Corte europea, Malta aveva detto qualcosa?
"Certo- continua il giornalista- Malta ha invitato, in un primo tempo, l'Italia ad una soluzione, l'Italia non ha mai partecipato agli incontri".
Ma le stranezze non finiscono qua. Proprio nell' nell’ambito dell’inchiesta sui beni confiscati alla mafia, – nata, come detto, dalle denunce di Telejato, -si parla di una intercettazione in cui il giudice Saguto dice che “Telejato ha le ore contate”. C'è la prova, insomma, che Maniaci aveva toccato i fili dell'alta tensione, e che la ritorsione ere nell'aria.
E, potrebbe ancora esserlo, visto che, dopo avere smascherato il giudice Saguto e i suoi sodali, Maniaci non si è fermato. Continuando ad indagare su un sistema che coinvolge avvocati, commercialisri, associazioni antiracket e diversi magistrati.
Come lui stsso ha dichiarato parlando con lavocedinewyork.com (qui l'intervista) l'attenzione adesso si deve concentrare sull'intera Sezione fallimentare del Tribunale di Palermo e sugli incarichi di decine di migliaia di Euro dei Ctu (Consulenti tecnici del Tribunale).
Riuscite a immaginare cosa succederebbe se Pino Maniaci e TeleJato dovessero andare a mettere il naso nelle curatele fallimentari? O tra gli incarichi affidati ai consulenti? Business di quelli grossi, nomi di quelli in vista.
Insomma, allìorizzonte si intravedeno una nuova serie di scandali che, di certo, disturbano non poco il sonno di numerosi professionisti siciliani, così come quella di numerosi affaristi legati alle associazioni antiracket.
Altro che 'disturbare' le frequenza di Malta. La realtà indica che ad essere 'disturbati' da Telejato sono centri di potere che dell'antimafia hanno fatto un vero proprio business para-mafioso.
E dall'epilogo di questa storia si capirà se in Italia è rimasto spazio per la libertà, o se ormai, ogni angolo della vita pubblica, è definitivamente condannato a restare nelle mani di lobby che sarebbe riduttivo definire 'mafiose'.
Quali sono le possibilità di salvare Telejato?
"Alle prime avvisaglie, alcuni anni fa, l’ex ministro Corrado Passera – racconta ancora Maniaci- si era impegnato a darci una mano. Adesso è tutto fermo. Vedremo cosa vorrà fare il ministro Federica Guidi. Dipende da lei e dal ‘patron Renzi’. Io posso solo annunciare sin da adesso che continuerò a trasmettere, anche a costo di essere arrestato”.
Le prime avvisaglie di cui parla Manicai risalgono al 2012, anno dello “switch off”, ovvero il passaggio da un segnale analogico ad uno digitale. La tv di Maniac non poterva accedervi perché troppo piccola. Così, dopo una petizione che raccoglie ben 70 mila firme e chiede di fare qualcosa per la sopravvivenza di Telejato, il Ministero dello Sviluppo economico, allora guidato dal già citato Corrado Passera, propone di aggregare Telejato nel bouquet del gruppo di Telemed.
Gruppo che, però, altra coincidenza, alcuni anni dopo, finisce in amministrazione giudiziaria perché sospettata essere nelle disponibilità dell’imprenditore palermitano Filippo Rappa, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Indovinate chi decide delle sorti di questo gruppo? Il giudice Saguto. La stessa che, nell'intercettazione dice che Telejato ha le ore contate.
Adesso, per ottemperare alla sentenza della Corte europea, Telemed confluirà in un altro bouquet, ma senza il canale che era stato assegnato a Telejato e che, adesso, spetterebbe a Malta.
“Qualcuno, forse, pensava che la rottamazione di Telemed portasse automaticamente alla rottamazione di Telejato- fa notare Maniaci a lavocedinewyork.com– ma non è così. Abbiamo una concessione ventennale”.
E, aa Roma sarebbe arrivato un timido quanto ambiguo segnale. Il vertice delle Telecomunicazioni, a quanto pare, avrebbe proposto il trasferimento su frequenze alternative. “Ma quali? Non sanno che le frequenze sono tutte assegnate? Non resterebbe che rottamare – aggiunge Maniaci – ma non se ne parla. Io continuerò a trasmettere. Mi possono anche arrestare, ma al più, posso confezionare un telegiornale in lingua maltese”.
Intanto, mentre il Corriere della Sera parla di 'intrigo internazionale', e mentre tutta la stampa italiana (questa sì che è una buona notizia) segue la vicenda e adombra dubbi, si mobilita il web con una petizione lanciata sulla piattaforma Change.org: “FIRMIAMO la petizione, è palese che è l’ennesima scusa per mettere a tacere chi ogni giorno spende la propria vita nella lotta alle mafie”.
AGGIORNAMENTO DEL 24/11
Telejato, il Ministero si accorge che "il caso non esiste"