“Negli Usa c’è un’inflazione al consumo, in Europa un’inflazione alla produzione. E sono cose ben diverse”.
Alberto Forchielli, 66 anni, fondatore di Mindful Capital Partners, percorre i cinque continenti da tempo. Ha lavorato per enti pubblici e privati. Si sposta dall’Oriente a Boston, dove vive da anni, passando per gli amati colli imolesi, il suo buen retiro.
Conosce profondamente i mercati mondiali, la finanza e i governi. Opinionista in diversi talk, ha l’onore (e il divertimento) di essere uno dei personaggi interpretati dal comico Maurizio Crozza.
Forchielli, purtroppo in questi mesi non c’è molto da ridere. Gas alle stelle, borse che affondano, inflazione che morde.
“Vero. I costi di produzione in Europa sono su del 30 per cento e nei prossimi mesi saliranno ancora. Le imprese non hanno ancora scaricato i prezzi dei costi sui prodotti”.
In cosa è diversa l’inflazione americana?
“Quella degli States è un’inflazione da domanda. Sono girati molti soldi. Dopo i 5mila miliardi di aiuti governativi negli ultimi due anni, c’è un eccesso di liquidità. Ma la si combatte abbastanza agevolmente coi tassi interesse”.
E questa in Europa?
“È un’inflazione da offerta. Aumenta il costo delle materie prime, dell’energia, dei cereali e di tanto altro ancora. E non la combatti con i tassi d’interesse”.

Come la si contrasta allora senza strangolare la ripresa?
“Ci si deve convivere, migliorando al contempo la domanda pubblica. Usare la leva dei tassi interesse alla fine non è conveniente. È vero inoltre che più gli USA li alzano, piu l’euro si indebolisce e il nostro export migliora”.
Cosa conviene al piccolo risparmiatore travolto dal crollo delle borse?
“Stare liquidi, aspettare e rientrare quando si penserà che il mercato abbia raggiunto il dip, il minimo”.
Non conviene comprare già adesso?
“Può darsi che il mercato scenda ancora. Aspetterei di vedere se parte un indice rialzista. Non so se siamo già al minimo”.
Come va l’economia USA?
“È forte, resiste. Il PIL potrebbe salire al 3,5, o anche al 4, entro fine anno. Occupazione ottima, tasso disoccupazione ai minimi. Hanno cereali, hanno energia, sono consumatori ad alto costo ma anche grandi produttori”.
La Cina?
“Sta soffrendo per il Covid-19 e per la frenata imposta da Xi Jinping alle big di internet e al mercato immobiliare. Ora abbiamo timidi segnali: virus in ritrata, leggera ripresa della produzione industriale ma il PIL è al 4; il calo avrebbe dovuto fermarsi invece al 5,5, che è già poco. Dovrebbero fare manovre monstre, iniettare liquidità a bassi tassi ma hanno un grande debito, pubblico e privato. Da anni lottano per stabilizzarlo e una manovra espansiva potrebbe ampliarlo”.
L’economia europea?
“Non c’è male, nel ’22 è prevista ancora crescita”.
Sia Draghi che Gentiloni hanno interpretato i tagli del gas russo all’Europa come un avvertimento di Putin. Rimarremo a secco?
“Non credo. Putin si farebbe male da solo. Diciamo che ci tiene sulla lama del rasoio”.
I russi fanno sapere che parallelamente hanno aumentato del 67 per cento il flusso verso la Cina.
“Non ci credo, il gas che mandano in Europa viene estratto troppo lontano dalla Cina. Non c’è l’infrastruttura per mandarglielo. A Pechino arriva quello della Siberia”.
Pensa che Draghi, Scholz e Macron siamo andati da Zelensky per dargli delle armi o piuttosto per convincerlo a cercare una via d’uscita?
“Credo di più alla seconda. Gli avranno fatto capire che ‘stiamo con te ma più di tanto non possiamo fare’. Noto una certa stanchezza in giro”.
Allude agli USA?
“Non solo, anche agli europei. E poi non è che ci siano tutte queste armi a disposizione. Putin invece se le fabbrica da sé”.

C’è chi dice che ogni presidente USA è fortemente condizionato dall’apparato militare-industriale.
“Sì, può essere vero, ma Putin sta già consumando il suo esercito e si guarderà bene dal fare altre invasioni. Ancora, la politica estera non ha mai influito sull’elezione del presidente americano. Conta molto di più il prezzo della benzina al gallone”.
È d’accordo con il Papa quando dice che la NATO ha “abbaiato” alla porta di Putin?
“Sì, da oltre dieci anni polacchi, cechi e tedeschi hanno lasciato credere agli ucraini che potevano entrare nella UE. Avrebbero dovuto lasciare Kiev tranquilla”.
Sta di fatto che anche la Georgia e la Moldavia premono sulla Ue e che Svezia e Finlandia hanno chiesto l’ingresso nella Nato.
“Sulla Georgia non mi esprimo. Per la Nato l’ingresso dei due paesi nordici è sicuramente un bel colpo”.
Morire per Kiev?
“Sì. Questa è una battaglia da combattere, l’Occidente ha bisogno di questa grande prova”.
Anche a costo di stare al freddo?
“Putin è il nuovo Hitler”.