Sul piano del business il collocamento del gruppo Zegna di lunedì al NYSE ha fatto storia, anche perché ha mostrato la strada che dovrebbero percorrere molte altre aziende italiane private e a controllo famigliare per preservare la loro indipendenza: trovare dei partener di minoranza credibili per crescere a livello globale. Cominciamo dalle pietre miliari. Zegna è il primo gruppo di moda italiano che si quota direttamente a Wall Street; da ieri, il nome, la missione, il design del gruppo cambiano, si arricchiscono, si allargano verso nuove direzioni e nuove frontiere. Ermenegildo Zegna e un suo marchio parallelo casual diventano semplicemente Zegna. Così un marchio che per 110 anni di storia è stato l’epitome del lusso e della qualità a doppio petto, punterà sulla crescita del casual di lusso, ormai dilagante nel post Covid. Non ci sembra che questo sia un cedere alla sottocultura della Cancel Culture: gli abiti tradizionali e le cravatte non saranno “cancellati”, resteranno ma non saranno l’unico sbocco alla creatività della moda maschile nel giorno per giorno a casa o al lavoro, come ha dimostrato proprio Gildo Zegna il giorno della quotazione: indossava un maglioncino grigio a collo alto con una splendida giacca grigia di cashemere di taglio casual.
Di più, le estrapolazioni tendenziali ci dicono che in futuro il consumatore maschile sarà più esigente, ma anche pronto a esplorare cose molto diverse nei negozi: dai capi più frivoli e casual fino a quelli più tradizionali, si passerà più tempo fra scaffali e manichini. E Zegna con 550 negozi – 330 di proprietà – in 87 nazioni diverse su questo futuro è già in pole position.
Ma torniamo all’indipendenza, all’autonomia, alla radice italiana, che sono poi le cose che ci interessano di più. Troppo spesso nel settore della moda marchi italiani sono stati acquistati soprattutto da gruppi francesi: pensiamo a LVMH che ha rilevato, solo per citarne alcuni, Fendi, Pucci, Loro Piana o Bulgari. Kering è invece entrato in possesso del nostro brand più celebre, Gucci, e di Bottega Veneta.
Nel caso Zegna, l’operazione parte da una SPAC, Special Purpose Acquistion Corporation – il nome generico di questo strumento finanziario, che viene dotato di capitali e quotato in borsa con l’unico obiettivo di procedere con una fusione con un gruppo privato ed operativo più grande. Lo strumento è diventato molto popolare, con alcune centinaia di SPAC quotate nell’ultimo anno in America. Proprio un anno fa, Investindustrail, il fondo europeo di private equity con maggiori investimenti in Italia, fondato e guidato da Andrea Bonomi ha lanciato la sua SPAC al NYSE, chiamandola Investindustrail Special Acquistion Corporation (ISAC).
E’ utile ricostruire l’operazione Zegna Investindustrial per identificare un modello possibile per il futuro e trarne insegnamento. L’obiettivo di Bonomi era di dotare la sua SPAC di una forte base di capitale e di un forte contenuto di credibilità. Ha affidato la presidenza della SPAC a Sergio Ermotti, ex CEO di UBS uno dei più conosciuti protagonisti della finanza globale. Il capitale raccolto inizialmente dalla Investindustrial Special Acquistition Corporation al momento della sua quotazione al NYSE, in attesa di identificare un’azienda con cui fondersi, ha superato i 600 milioni di dollari, la più importante SPAC dall’Europa in America. E’ a quel punto, verso gennaio, che cominciano segretamente i delicati negoziati per la fusione con Zegna. Il capitale della SPAC Bonomi e poi cresciuto con fondi aggiuntivi interessati a investire quando si è saputo del successo dei negoziati per la fusione. A quel punto, e dopo ulteriori procedure imposte dalla SEC, il gruppo di moda italiano ha potuto così avere accesso al NYSE, ha ottenuto capitali freschi per un valore superiore ai 700 milioni di dollari e da lunedì è quotato in borsa a New York. Con la fusione, Zegna, valutata circa 2,4 miliardi di dollari è subentrata alla SPAC di Bonomi. Il fondo Invesindustrial che aveva lanciato la SPAC finanziandola anche con capitale proprio, è rimasto però azionista della nuova Zegna con una partecipazione di circa il 13%. Visto che l’azienda ha zero debito, il capitale sarà interamente disponibile per essere impiegato in operazioni di espansione del gruppo di moda.
Zegna ha scelto di fondersi con la SPAC ISAC per la forte dotazione di fondi e per il rapporto di fiducia personale con Andrea Bonomi, ma anche per la grande esperienza di Investindustrial nella crescita internazionale di aziende italiane. Fra alcune delle ristrutturazioni classiche, che hanno contribuito al rilancio globale di marchi che in Italia soffrivano, ci sono Ducati nei motori, Polynt nella chimica e Permastelisa nelle costruzioni. In questo momento Investindustrial è impegnata con gli stessi obiettivi di crescita e globalizzazione con numerose altre aziende italiane, fra queste Artsana con il suo marchio Chicco, Guala che produce tappi di sicurezza per bevande, La Doria nel settore alimentare, B&B Italia nel design. Quest’ultima azienda, con altri marchi Investindustrial, tra cui Flos e Arclinea, è confluita in un nuovo gruppo chiamato International Design Holding, un progetto italiano per creare un polo del design, come i francesi hanno creato quelli della moda. Complessivamente Investindustrial, che raccoglie i suoi fondi soprattutto fra investitori stranieri e fra questi molti americani, controlla aziende per un valore di circa 11 miliardi di dollari mentre la forza lavoro complessiva fra le controllate è di circa 130 mila dipendenti. Ma Investindustral non aveva mai fatto prima una quotazione sul NYSE.
L’unione con Zegna, che fino a un anno fa sarebbe stata impensabile, apre così una strada nuova per i marchi italiani vulnerabili alla scalata straniera. Intanto c’è una visione di medio termine: come si è detto Investindustrial ha deciso di restare nella nuova Zegna collocata al NYSE con una partecipazione del 13% del capitale e con la disponibilità di mettere a disposizione la sua expertise internazionale per aiutare nel percorso di crescita. Non si è trattato, come succede spesso nelle SPAC, di un’operazione “mordi e fuggi”, un’innovazione questa, importante anche per il mercato americano delle SPAC, sotto osservazione della SEC per garantire trasparenza e solidità alle operazioni. E il mercato ha premiato, dopo un avvio brillante, questa mattina il titolo guadagnava oltre il 25% rispetto all’apertura di lunedì, il giorno della quotazione.
Da parte di Zegna il percorso di crescita è per ora tutto organico. Ci sono nuovi prodotti da creare e introdurre e aspetti strutturali del ciclo produttivo da rafforzare. Oggi infatti l’approvvigionamento di materie prime per il lusso, sempre più rare e difficili da trovare, fino all’apertura di nuovi impianti al rafforzamento sia della logistica che dell’investimento nel digitale per la distribuzione diventano centrali nell’era del COVID che continua a creare difficoltà.
Come è successo con Thom Browne, designer americano acquistato da Zegna per 500 milioni di dollari nel 2018, non si dovranno ignorare opportunità di investimento esterno se si dovessero presentare delle occasioni, ma che questo avvenga subito o in un secondo tempo è irrilevante, come ha detto Gildo Zegna, un uomo che non ha fretta e non vuole correre. Con un’azienda arrivata a 110 anni di età, è giusto che la costruzione di un nuovo capitolo della sua storia avvenga puntando alla solidità. Sul piano emotivo e personale, Zegna e Bonomi si erano conosciuti proprio a New York qualche decennio fa e il fatto di ritrovarsi di nuovo insieme questa volta in un percorso comune, aggiunge pathos a una bella storia italiana che non mancherà di essere d’esempio per altri. La strada è aperta. Non ci saranno più scuse, si tratterà di guardare con coraggio all’esperienza di una quotazione in borsa o all’apertura a partner finanziare. Per questo non si può che incoraggiare le tante importanti aziende famigliari di successo del nostro paese, a mostrare doti di creatività e coraggio simili a quelle mostrate da Gildo Zegna e Andrea Bonomi per tenere il passo con l’espansione globale.