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September 30, 2021
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Al Congresso si evita lo “Shutdown” ma solo per due mesi; intanto Biden aspetta e spera

Con un compromesso votata una "Continuing Resolution" per un mini bilancio; poi i piani finanziari di spesa pubblica con "solo" 3000 miliardi

Massimo JausbyMassimo Jaus
Time: 3 mins read

Al Congresso un primo importante passo è stato compiuto: è stato raggiunto un accordo per evitare lo “shutdown”, la parziale chiusura delle attività del governo federale. Sia ben chiaro, il problema non è stato risolto, ma con il “Continuing Resolution”, un accorgimento tecnico, “un mini-bilancio valido fino a dicembre per evitare la paralisi del governo federale, perché l’attuale legge finanziaria scade questa sera a mezzanotte” ha affermato il leader della maggioranza democratica al Senato Chuck Schumer durante un incontro con la stampa. L’ok della Camera è arrivato nel tardo pomeriggio. Ora il provvedimento è sul tavolo di Biden per essere firmato. Per tutto il resto, il voto per il passaggio alla Camera sulle infrastrutture, dal costo di 1.2 mila miliardi, e quello dell’American Family Plan, il progetto di riforme economiche, sociali e dell’ambiente da 3.5 mila miliardi, strettamente legati restano senza una soluzione.

L’accavallamento dei voti alla Camera dei Rappresentanti si è verificato in parte perché forzato dalla scadenza dei termini dell’alzamento del tetto del debito federale, poi dai tempi obbligati in seguito all’approvazione in prima battuta da parte del Senato del disegno di legge da 1.2 mila miliardi per le infastrutture al quale i dem progressisti alla Camera hanno vincolato il loro sostegno solo se contemporaneamente verrà anche presentato l’American Family Plan da 3.5 mila miliardi. Un collegamento per il quale si dissociano due senatori democratici, Manchin e Sinema, e una decina di congressman sempre democratici, ma più conservatori. E su tutto, anche se scontata, la monolitica ostruzione dei repubblicani che, nonostante il Paese sia ancora flagellato dalla pandemia, hanno respinto anche la proposta dell’alzamento del piano di spesa. Una misura invece che i democratici anche durante la presidenza Trump hanno sempre votato. Bloccare ora con lo shutdown le attività federali durante una pandemia che manda in ospedale 140 mila persone al giorno uccidendono quotidianamente 2 mila persone sarebbe totale irresponsabilità afferma al Washington Post il dottor Fauci, il massimo esperto americano sulla lotta al Coronavirus.

Ma questo braccio di ferro tra democratici progressisti e centristi mette in grave pericolo tutta l’agenda del presidente Joe Biden. Gran parte delle difficoltà che il Partito Democratico sta attraversando sono anche dovute alle misere maggioranze che ha sia al Senato che alla Camera. Al Senato, composto da 50 democratici e 50 repubblicani, è necessario il voto della vicepresidente Kamala Harris per rompere la parità. Alla Camera la maggioranza è composta solo da 8 congressman (tre seggi sono vacanti) e le correnti interne nel partito, quella progressista e quella centrista, sono entrambe divise e numerose e di fatto bloccano le iniziative della Casa Bianca.

President Joe Biden (Illustration by Antonella Martino)

La posta in gioco è così alta che ieri Biden ha preferito annullare un viaggio previsto per Chicago per rimanere a Washington e parlare con i senatori Manchin e Sinema. Biden avrebbero voluto far passare le sue proposte con un piano bi-partisan con una spesa pubblica prevista di circa 2.300 miliardi di dollari. Bocciata dall’opposizione questa prima proposta, si è arrivati ad un piano di sola costruzione di infrastrutture da 1.200 miliardi di dollari. Su questo piano ha ottenuto l’appoggio di 19 senatori repubblicani e il Senato lo ha approvato anche perché include una serie di programmi che erano condivisi pure dall’amministrazione Trump, come la costruzione di nuove strade e ponti, il potenziamento di porti e aeroporti, la modernizzazione dei trasporti pubblici e soprattutto delle ferrovie, la diffusione della banda larga. Biden ha aggiunto 50 miliardi del piano per la tecnologia “verde” e 7,5 al potenziamento della rete di rifornimento delle auto elettriche.

Non prevede un aumento di tasse, ma l’impiego di fondi non utilizzati, soprattutto quelli che inizialmente erano stati stanziati per la ricostruzione post-Covid e non erogati. Questo piano però non include la spesa sociale dell’American Family Plan, molto più ambizioso e con una spesa prevista di 3.500 miliardi di dollari. E per questo piano sono necessari reperire fondi. La proposta sarebbe quella di portare l’aliquota dell’imponibile dall’attuale 37 al 39,6 percento. Per costringere i ricchi a contribuire maggiormente la tassa sui profitti di capitale aumenterebbe dal 20 al 25 percento. Questi cambiamenti si applicherebbero a individui single che guadagnano 400 mila dollari annui o a famiglie con reddito di 450 mila. Inoltre il piano dei democratici includerebbe un aumento addizionale del 3 percento per individui che guadagnano 5 milioni o più, arrivando a un’aliquota del 42,6. Per loro le tasse sui guadagni di solo capitale verrebbe anche aumentata al 28 percento. Bernie Sanders, senatore indipendente ispiratore anche dei deputati più liberal alla Camera, avrebbe voluto un piano da 6.000 miliardi di dollari e dal suo punto di vista il piano approvato dal Senato per le infrastrutture per 1.2 mila miliardi di dollari è già una concessione.

Se alla Camera dovesse essere dimezzato anche L’American Family, come vorrebbero Manchin e la Sinema, ci sarebbero tagli da 2 mila miliardi di dollari che colpirebbero l’ambizioso progetto di riforme sociali e ambientali. Ed entrambi i piani, quello sulle infrastrutture e quello dell’American Family Plan potrebbero andare avanti con “solo” 3 mila miliardi di dollari.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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