Ho assistito silenziosamente e, con molta attenzione, all’incontro organizzato da Learn Italy per il master internazionale in formato Executive in “Communication, Promotion & New Media” del quale, il presidente Massimo Veccia, mi spiega brevemente le finalità, compreso la storia dell’agenzia. Da oltre undici anni Learn Italy organizza e prepara i giovani italiani più meritevoli ad affrontare gli USA e il mondo del lavoro con corsi dallo stile profondamente internazionale, strutturati ad hoc, soprattutto rivolti alla promozione del Made in Italy, allo sviluppo delle nuove forme di Comunicazione e alle esigenze che si generano nei mercati, il cambiamento dei tempi e delle abitudini dei consumatori. In particolare, oltre che alla possibilità di stage all’estero, sono previsti incontri formativi con esponenti importantissimi del mondo della Comunicazione, sia italiano che statunitense.

Ed è sempre Veccia che mi conferma i traguardi raggiunti in oltre undici anni di lavoro e di passione; il tipo di corsi organizzati; la partecipazione di giornalisti di fama internazionale, manager e rappresentanti di Istituzioni importanti, finanche il supporto del Consolato Generale d’Italia a New York che ogni anno, tra l’altro, ospita la cerimonia finale dei corsi. Diverse sono anche le collaborazioni con le aziende italiane all’estero e in USA, tra le quali Bindi USA, PepsiCo, ROW Hotel, Urbani Truffle Lab NYC, famosi ristoranti di Manhattan “Etcetera, Etcetera” e “Ribalta” e tutta una serie di realtà che negli anni hanno contribuito a esportare la migliore italianità. I risultati raggiunti in tutti questi anni hanno dimostrato che Learn Italy e Veccia sono stati in grado costruire un HUB solido per i giovani talenti e le eccellenze italiane nel mondo. Perfino il Covid, l’anno scorso non ha fermato l’Agenzia formativa la quale nel 2020 e, in questi primi mesi del 2021, ha potenziato le attività online con il nuovo Executive Master internazionale che ha previsto anche incontri laboratoriali con manager di fama mondiale.
Dopo un anno di pandemia, il primo di questi incontri per il master Executive in “Communication, Promotion & New Media”, si è svolto con Alberto Milani, presidente della Camera di Commercio Italia-USA di New York e coordinatore di tutte le Camere di Commercio dell’area NAFTA; il secondo con Mauro Porcini, Chief Design Officer per PepsiCo USA. Infine, il terzo appuntamento si terrà con Alberto Paderi, Chief Operating Officer per Bindi USA New York.
Lo scorso 28 Maggio, il primo incontro con Alberto Milani, il quale ha descritto con attenzione la situazione attuale post pandemica, ma introdotto anche ciò che il mondo intero si aspetta di vivere quanto prima, con uno sguardo più dettagliato all’Italia la quale, certamente, potrà giocarsi delle carte valide e, forse, anche qualche asso in più nella manica rispetto ad altre nazioni. Soprattutto, la creatività, attitudine che ci appartiene e che ci portiamo dentro, insieme al background, la formazione, il buon gusto, la qualità dei prodotti, l’artigianato, il turismo, oltre a tutte quelle caratteristiche che ci identificano, sono le peculiarità sulle quali Milani suggerisce di concentrare risorse ed energie, al fine di valorizzare e supportare tutte quelle attività da realizzare con l’entusiasmo che sa distinguerci. Per questo, il ritorno alla vita e la ripresa delle attività si presentano alla stregua di un nuovo Rinascimento Italiano, che Milani spiega attraverso argomentazioni concrete e che, progressivamente, accosta e sviluppa intorno al tema della Comunicazione – social e non – e ai fattori da gestire a riguardo, come il livello e la qualità dei contenuti proposti, le modalità utilizzate per farlo, le tempistiche, fino all’importanza dei valori veicolati che, se ben gestiti, possono trasformarsi in vere e proprie opportunità.
Con una premessa così accuratamente strutturata non mi rimane altro che chiedere a Milani di definire una SWOT Analysis (lo schema a matrice usato per valutare i punti di forza, di debolezze, le opportunità, le minacce/rischi) dello scenario italiano futuro, legato, ormai, imprescindibilmente, alla comunicazione world wide.
Non solo, dunque, la capacità di saper sfruttare le risorse tangibili e finanziarie che l’Europa metterà a disposizione per questa ripartenza, ma anche le leve su cui investire e da proporre – dunque comunicare – in questi scenari pseudo-rinascimentali. Seguendo questo ragionamento, i punti di forza italiani, non si esaurirebbero con il turismo perché, proprio il nostro background potrebbe, se ben gestito, trasformare quel viaggio in Italia in qualcosa di unico e di esperienziale. E che se supportato dalla cultura italiana – l’amore per la bellezza, il buon gusto, la capacità di valorizzare la storia e le nostre radici così esclusive – oltre che dal rispetto dei valori, che proprio Milani nel suo intervento cita – insieme all’etica, la ricerca e la coerenza dei contenuti – può dare origine a grandi opportunità le quali, originate dal turismo, si possono trasformare in sviluppo e crescita.
Per tutti questi motivi deve essere valutato con attenzione ogni particolare, non più solo le leve legate alla macroeconomia, ovvero economiche e finanziarie sulle quali investire, bensì tutti gli elementi di dettaglio a supporto della relazione con il turista: un B2C (Business to Consumer) che si focalizza sulla fidelizzazione del singolo – sia nella relazione commerciale che emotiva – e che esclude quegli atteggiamenti tipici dell’italiano improvvisato abituato ad aggrapparsi ad escamotage di circostanza, come pure alla convinzione, vana, di credere di essere capace e migliori di altri (elemento che dunque Milani colloca tra i punti di debolezza), o di poter gestire il turista a proprio favore (elemento che inserisce tra le minacce/rischi), senza lavorare su una mirata relazione e senza dedicargli l’attenzione adeguata per creare i presupposti affinché ritorni ogni anno o, quasi, in Italia.
Così anche il Wine and Food diventa un prodotto sul quale puntare purché sia promosso e comunicato in modo da distinguerne sempre più il suo valore, rafforzandone, anche attraverso le leve di comunicazione, la qualità, la storia, l’immagine, alla stregua di un patrimonio genetico che non può essere trascurato, né comprato ma che, soprattutto, poiché inimitabile, non potrà essere sostituito. Come pure il settore artistico, spesso non promosso né comunicato nei modi più opportuni, né valorizzato e curato con la professionalità e la passione che meriterebbe.
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Il secondo appuntamento si è tenuto lo scorso 4 giugno ed è stato condotto da Mauro Porcini, Chief Design Officer di PepsiCo USA, la multinazionale americana conosciuta in tutto il mondo. E’ stato un incontro diverso questo, all’insegna dell’originalità e, per dirla alla Chesley Sullenberger – il capitano pilota di aerei che nel gennaio del 2009 salvò oltre centocinquanta persone in un ammarraggio nell’Hudson – del “fattore umano”. Fattore, o meglio “costante U”, se così possiamo chiamarla, di cui parla Porcini durante l’incontro e in grado fare la differenza in un’azienda: “qualsiasi processo e qualsiasi strategia siano definiti, funzionano solo se applicati in modo corretto, ovvero, in base alle capacità di colui che applica i vari sistemi aziendali e che, diversamente, non daranno seguito ad alcun risultato”. Così la Teoria Porciniana è introdotta relativamente agli elementi che determinano e contribuiscono al successo aziendale; essa individua, proprio in quella “costante U”, la chiave dell’innovazione e del successo.
Dunque, qual è il genere di persona cui fa riferimento Porcini? E’ certamente appassionata, con attitudini e peculiarità che mai nessuno, prima d’ora, almeno nel settore del Recruitment e delle Human Resources avrebbe cercato, né considerato adeguate per un ruolo manageriale e aziendale, che invece, Porcini considera necessarie per raggiungere risultati di efficienza e obiettivi concreti. Un nuovo modo di fare impresa e di gestirla, dunque. Un modo per ri-focalizzarsi su certe caratteristiche che, anzi, prima di Porcini probabilmente avrebbero rappresentato una diminutio per chi le avesse possedute. Nel suo libro, infatti, L’Età dell’Eccellenza. Innovazione e creatività per costruire un mondo migliore, appena pubblicato da Il Saggiatore, passando per la sua vita e il suo percorso di uomo e di Executive, Porcini spiega le rielaborazioni interiori che lo hanno fatto diventare quello che è oggi. E’ tramite l’indagine e la comprensione delle esperienze vissute – come studente, design, partner, figlio, cittadino, amico, fratello, uomo – che ha potuto giungere a certe conclusioni. Ripercorre e riflette, dunque, su certe fasi della sua esistenza, attraverso le “dimensioni” – così le chiama – dalle quali la vita stessa è composta, descrivendo anche il percorso che lo ha portato a credere in certe teorie, compresa la sua idea piuttosto strutturata di “innovazione”, da associare non solo al contesto aziendale ma anche a quello sociale e relazionale che, per l’appunto, richiede di r-innovarci costantemente. Infine, in questo excursus ricco e articolato, Porcini definisce anche un’idea di felicità che, sostanzialmente, descrive come “processo”, il quale, passando prima dalla realizzazione del sé (in ambito lavorativo e sociale) e dalle relazioni interpersonali (basate sullo scambio emotivo e i sentimenti, nei quali si da e si prende vicendevolmente), arriva a una fase trascendentale, nella quale sono coinvolte sfere che superano la persona e la realtà; dunque, quest’ultima, è una fase più evoluta e correlata a una causa, a un quid universale il quale, proprio appartenendo alla vita di tutti, in questo sentire comune crea i presupposti per l’ultimo step, quello che conduce alla felicità. Una scala di valori e comportamenti alla ricerca dell’Innovazione che, attraverso le dimensioni – fasi della vita – in un processo di crescita naturale (ma cercato e voluto), tutti più o meno viviamo.
Non solo uomo di azienda e di successo, dunque, ma soprattutto Mauro, l’uomo che è oggi, con quei contenuti che lo hanno formato ogni giorno, passo dopo passo, e che lo hanno reso ciò che è diventato, ricco di consapevolezza, valori personali, ma anche universali, perché comuni anche alla vita degli altri. Un libro, il suo, colmo di riflessioni che Porcini ammette, avrebbe voluto apprendere da qualcuno durante gli anni di formazione e che invece, egli stesso ha raccolto nel tempo e sviluppato secondo la sua idea e la sua esperienza. Infine, un testo che capovolge la visione del tipico uomo d’azienda e che indica le caratteristiche possedute dai veri innovatori o, come lo stesso Porcini chiama, Unicorni. Difficili da trovare e rari, non posseggono tutte le qualità di cui parla, ma gran parte di quelle e che, infatti, solo a livello utopistico si concentrerebbero tutte, in tutti gli Unicorni. Sono comunque attitudini che si formano e derivano solo da una indagine attenta alla vita, volta alla comprensione di quello che accade e che viviamo, direttamente e non, che trae insegnamento dalle proprie e dalle altrui esperienze, come da quelle fonti inesauribili di saggezza e verità che possono rappresentare i libri, quando ci permettono di capire, evolverci, migliorarci; insieme alla conoscenza, lo studio e la cultura, in genere. E tra le varie caratteristiche, Porcini cita l’onestà e la sincerità; il “coraggio”, che non deve essere mai svincolato dalla razionalità; il rispetto, la resilienza, la curiosità.
Tra le più originali, invece, indica “la bontà” che non è, e non va associata alla debolezza o all’ingenuità, ma che anzi rappresenta il presupposto per condividere in serenità il luogo di lavoro, evitando sprechi di tempo e di energie, spesso facilmente sciupate dietro strategie utili a tutelare il proprio lavoro, il ruolo, la persona e che, in questo modo, si tradurrebbero in una perdita enorme di efficienza, come pure di buon umore, passione, motivazione e positività. Un mondo nuovo, direi, una porta che si apre verso una cultura r-innovata e innovatrice, sia rivolta alle persone che alla gestione delle aziende e delle risorse. Una visione ben lontana dalla mediocrità – alimentata dalla paura e dall’insicurezza del singolo – finalmente legata a una concezione di uomo e, delle sue responsabilità, più evoluta, all’insegna della conoscenza, della cultura e della consapevolezza, non più basata su forme di narcisismo puerile; nozionismi da primi della classe; stili di managerialità autoritari ormai superati e sterile applicazione di processi… Piuttosto la riscoperta di quello che siamo e di quello che dovremmo essere, all’insegna di un mondo migliore, più leale, sostenibile, socialmente ed eticamente responsabile. Nei comportamenti però, non nei processi.
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A chiudere questo primo ciclo di appuntamenti è Alberto Paderi, Chief Operating Officer per la multinazionale Bindi North-America, che ha già accolto negli scorsi anni numerosi studenti di Learn Italy presso la sede centrale Bindi, in New Jersey.
Da oltre trenta anni a New York, ha lavorato in ruoli dirigenziali per importanti marchi alimentari italiani negli Stati Uniti, tra i quali Bindi, Lavazza e Rummo.
Ed è proprio sulla distribuzione del prodotto italiano nel mercato che si basa il suo intervento del 17 Giugno scorso. Iniziando dagli errori più comuni che le aziende possono compiere: primo fra tutti, l’approccio al mercato statunitense che, il più delle volte, avviene alla stregua delle medesime valutazioni e strategie utilizzate nei confronti di un paese europeo. Soprattutto, non viene data molta attenzione al fattore “dimensione”, tantomeno alla “densità della popolazione”, come pure ai “comportamenti del consumatore”, errori che purtroppo, molte aziende italiane compiono non appena insediate negli USA. Non si riscontra, dunque, una corretta valutazione delle adeguate nicchie di mercato sulle quali agire, compreso il saper strutturare un piano di comunicazione adeguato, con gli strumenti e le leve che meglio potranno restituire le risorse impiegate. E’ chiaro che gli investimenti sul prodotto Made in Italy non devono mai prescindere dagli studi e dalle analisi utili a capire bene quale sia il target di riferimento su cui intervenire.
Infine, riguardo al settore Food – specifico per Bindi North-America – va considerato che è proprio il suo consumatore a confermarsi il più ricettivo: a seguito di alcune ricerche è emerso, ad esempio, che dopo la pandemia, lo stesso ha modificato drasticamente i suoi gusti, indirizzandoli verso menù più essenziali. Come se il Covid avesse indotto il consumatore alla scelta di alimenti più semplici, conosciuti, sostanziali e meno superflui. Appare dunque, che la scelta dei menù di oggi non è più quella di ieri, pertanto i prodotti particolari, ricchi, variegati, originali, esotici, sono stati sostituiti da menù strutturati più semplicemente, con prodotti e portate tradizionali, non troppo rivolte alla scoperta del nuovo.
Credo che le considerazioni di Paderi possano essere un punto di inizio per delle valutazioni più strategiche: inducono a pensare che il clima di incertezza vissuto con la pandemia, purtroppo, non ancora del tutto terminato, agisca non solo sulle coscienze delle persone ma, inconsciamente, anche su quella dei consumatori, dunque sui nostri gusti e, infine, sulle nostre scelte, non solo in materia culinaria, ma relativamente a tutto ciò che costituisce la nostra vita, dai bisogni primari e secondari, fino a quelli più evoluti. E’ evidente che siamo alla ricerca di “simboli” che compensino il nostro personale status quo (evidentemente oramai concentrato su un bisogno di sicurezza) che inconsciamente si riflette in tutto ciò che viviamo, dunque, mangiamo, scegliamo…
Infine, aggiunge Paderi “Non è applicando le best practices adottate da altri contesti aziendali che si ottiene una formula vincente. Non basta replicare certe strategie solo perché si è in presenza di imprese con caratteristiche o prodotti affini tra loro. Si rischiano grandi flop”.

Ricordiamo che l’ultimo incontro a chiusura della sesta edizione dell’ Executive Master in “Communication and Made and by Learn Italy – World, si terrà il 23 Giugno con l’intervento di uno degli esponenti più importanti del panorama giornalistico italiano, Luca Rigoni, caporedattore Tgcom24 News Mediaset, insieme al presidente dell’Associazione, Massimo Veccia.