Un anno di stravolgimento delle abitudini, delle certezze, di un mondo che fino ad adesso si conosceva, l’esposizione a un evento traumatico quali i bollettini di morte giornalieri, il terrore al contagio, all’integrità fisica dei propri cari e amici, il senso di impotenza e di orrore hanno lasciato ferite inimmaginabili. Le persone si sono chiuse a riccio, cercando rifugio nei valori solidi, nelle cose essenziali. Quelle che prima erano priorità, anche di spesa, sono passate in terzo, quarto, quinto piano. Una riclassificazione immediata del sistema di valori. Il superfluo ed il voluttuario è stato cacciato dalla mente, quasi fosse un demone. In questa nuova fase cambia la società, cambia l’uomo, ed anche il marketing si deve adeguare; è sempre più necessario un approccio di marketing in linea con lo zeitgeist, parola tedesca mutuata dalla filosofia, che indica “lo spirito dei tempi”. Nel termine più ampio definisce le forme, i contenuti, i meccanismi e gli effetti della cultura di massa in un certo periodo storico.
Cosa devono fare le aziende in questa fase? Come reagirà il consumatore davanti a questo scenario?
L’idea – che sento ripetere come mantra – è “tornare all’uomo” ed alla sua essenza, per capire quale sono le logiche che lo muovono e poter dare una risposta come direttori d’azienda, manager o imprenditori. Non è, però, per niente semplice portare l’attenzione sul consumatore, con un approccio umanistico e non economicistico come è stato negli ultimi due decenni almeno. E’ imprescindibile trovare un nuovo marketing-mix di discipline umanistico-matematiche che aiuti a leggere il presente: psicologia dell’individuo, delle masse e dei gruppi, economia comportamentale, statistica classica e Big data, sociologia, etologia, empirismo, logica, storia. La componente numerica ha poco valore in questa fase. “Farò una previsione” – ha detto Mark Cuban, milionario americano e proprietario in Nba dei Dallas Mavericks nel corso di un’intervista rilasciata alla tv – “tra dieci anni la laurea in filosofia varrà molto di più di una laurea in informatica”. I manager della Silicon Valley hanno compreso l’importanza di mettere al centro dello sviluppo di un’impresa gli individui.
E allora, nel fare scelte di business bisogna, in questa fase, entrare in profonda empatia con le emozioni e il sentire del nostro consumatore e dobbiamo farlo come manager con un approccio nuovo, più aperto: questa è l’essenza dello zeitgeist marketing. Questa analisi è la parte più complessa di tutto il nostro agire, per i manager che non sono stati abituati a pensare così.
E dunque, cosa ci lascia il Covid? Interiorità, autenticità, semplicità, locale più che globale, chiusura/sindrome della capanna, crisi, paura del futuro, digitalizzazione, distanziamento sociale.
In questa nuova fase, bisogna sentire il cliente, il consumatore sulla propria pelle, entrare nella sua testa. Sentire il suo battito cardiaco, le sue pulsazioni. E tutto questo non è quello che abbiamo fatto fino ad oggi nelle aziende. Il consumatore a cui ci dirigiamo, in questa fase, è un consumatore “terrorizzato”: spende poco, rinvia le spese non necessarie, questo lo sappiamo, ma allo stesso tempo è più fragile di quanto egli stesso pensi. Fragile perché influenzabile, permeabile.
Non bastano più i profili “Personas”, quelli che nel marketing sono stati in questi ultimi anni, la creazione di clienti fittizi che permettono all’azienda di simulare clienti reali: è necessario superare l’approccio focalizzato solo sugli obiettivi, desideri e richieste di un target di consumatori ed entrare in una fase di analisi socio-psico-comportamentale del cliente, inserita nell’esatto momento storico, nello zeitgeist, lo “spirito dei tempi”.
Il 99% dei pensieri di un consumatore non è infatti ora concentrato sui prodotti, cui è interessato poco o niente, ma – come persona – su domande interiori e paure: mi licenziano? Quando? La mia attività non riuscirà a sopravvivere? Che farò se non ho più uno stipendio, con la famiglia? Come manterrò il mio tenore di vita? Non ho le conoscenze informatiche pertanto sono fuori dal mercato
Il segreto del nuovo direttore zeitgeist marketing è sentire intrinsecamente queste parole, immedesimarsi, sentire persino il la “drammaticità” delle risposte interiori. Perché un approccio non osmotico, porta fuori strada l’azienda.
Non è semplice procedere così, perché spesso nella maggior parte dei casi le aziende non hanno figure a formazione umanistica con esperienza di business e nei ruoli cardine, e allora il mio modesto consiglio è non investire in “analisi di mercato” piene di numeri e grafici in una fase nel quale il consumatore è volatile, ed investire in piccoli meeting focalizzati ad analizzare temi specifici del business e composti da esperti di varie discipline, clienti fidati, amici, familiari, colleghi, coloro che rappresentano realmente lo “spirito dei tempi”. Non parlo di classici “brainstorming”, spesso artificiali e poco efficaci, ma di riunioni informali, anche virtuali, dove ognuno ha il compito di esporre sinteticamente (in venti minuti al massimo) agli altri partecipanti una sua visione del momento e del business su uno specifico tema precedentemente concordato con il management dell’azienda. L’obiettivo è quello di stimolare la riflessione degli altri, la quale in una successiva metabolizzazione porti all’elaborazione di proposte di valore aggiunto per l’azienda.
La capacità di sintesi e di visione è, in questo processo, sempre del manager dell’azienda, o meglio dello zeitgeist manager. Adeguarsi o morire? Non lo so, ma senza rivedere ed aggiornare gli approcci tradizionali al marketing strategico sarà tutto molto più difficile.