È una tradizione consolidata quella di trascinare dentro casa un albero abbattuto da poco, o rimosso da una mansarda impolverata, di agghindarlo con lampadine e addobbi vari, infilare un angelo o una stella sulla punta l’8 dicembre, ovvero durante la festività cattolica dell’Immacolata Concezione, in Italia, il primo sabato di dicembre quando si celebra il “Christmas Tree Day”, in Ontario, così come l’accensione delle lucine dell’albero più famoso al mondo, quello a New York del Rockefeller Center, che segna ufficialmente l’inizio del periodo natalizio.
Quest’anno sembra esserci stato un incremento degli acquisti degli alberi veri negli Stati Uniti e in Canada tanto che si sono segnalate delle vendite record. L’albero di Natale è quel faro di speranza che ha portato molte famiglie, che cercavano un’attività sicura, alla decisione di acquistare un albero vero per la prima volta. Tanto che il New York Times ha osservato in maniera ironica che il “sold out” degli alberi è un simbolo della seconda ondata della pandemia da coronavirus, un pò come durante la prima ondata lo erano stati gli scaffali di carta igienica vuoti nei supermercati.
Secondo Shirley Brennan, direttrice esecutiva dell’associazione di produttori Canadian Christmas Tree Association, quest’anno le vendite degli abeti veri, sono cresciute del 25 per cento.
A Toronto molti vivaisti di alberi di Natale, dove si sceglie e taglia direttamente il proprio, il primo sabato di questo Dicembre, quando di solito i canadesi iniziano a cercare i loro alberi, hanno esaurito tutti gli abeti disponibili, e sono stati costretti a chiudere prima la stagione per preservare gli alberi meno maturi per le vendite del prossimo anno, visto che in media un abete impiega dagli 8 ai 10 anni per crescere fino a 180 centimetri circa.
Comunque negli ultimi cinque anni, le vendite dei vivaisti canadesi di alberi di Natale sono più che raddoppiate, fino a $108 milioni, o $138 milioni di dollari canadesi, nel 2019 e questo dipende dal fatto che circa la metà degli abeti cresciuti nel paese viene esportata negli Stati Uniti, dove negli ultimi anni la produzione è calata a causa della recessione del 2008 che ha portato molte aziende a fallire o a produrre meno alberi.
Se le vendite di abeti destinati a realizzare gli alberi di Natale sono in aumento in Canada e negli Stati Uniti, non è così però in Italia. Coldiretti stima che ogni anno in Italia nel periodo natalizio vengono venduti in media 13,5 milioni di alberi veri e di stelle di Natale, di cui circa 3,6 milioni di abeti.
Nella maggior parte dei casi gli abeti italiani derivano da coltivazioni vivaistiche specializzate, in Veneto e in Toscana, e gli acquirenti spesso preferiscono l’acquisto dei cimali, cioè le punte degli alberi tagliate durante le potature dei boschi, che hanno un prezzo di solito più economico. Tranne alcune eccezioni, come quella di Marco, proprietario di Fleur Garden, il vivaio dei romani da oltre 50 anni, a Trastevere, che ci racconta “C’è stato un aumento delle vendite, c’è un ritorno al vero. Abbiamo dovuto riordinare dalla Danimarca, ben due volte, gli Abies Nordmanniana, che sono gli abeti più acquistati, perché non perdono gli aghi”.
Quest’anno le vendite degli abeti veri non stanno andando molto bene questo perché le chiusure imposte dalla pandemia nel periodo in cui iniziano a concentrarsi le vendite di abeti e addobbi natalizi hanno generato difficoltà nel settore, inoltre le esportazioni di piante e fiori all’estero sono state quasi azzerate per la difficoltà dei trasporti, ma soprattutto perché la maggior parte delle famiglie italiane preferisce comprare alberi finti.
Secondo un’indagine di Coldiretti, infatti nel 2019, l’88 per cento degli italiani aveva in casa un albero di Natale, ma più della metà ne possedeva uno sintetico, perché il pensiero diffuso è che sia più facile da gestire, più sostenibile rispetto a un abete vero e soprattutto perché è una scelta di risparmio economico.
Nonostante anche negli Stati Uniti, dei circa 96 milioni di alberi di Natale che si trovano nelle case degli americani, soltanto meno di un quinto è composto da abeti veri, è però radicata per la maggioranza delle famiglie la tradizione dell’acquisto dell’albero vero.
L’Italia oltre a non possedere questa tradizione, ha diffusa l’errata convinzione che la coltivazione di alberi veri possa comportare la distruzione di ettari di foreste, quando invece sono coltivati appositamente per essere venduti e questo ha influito sulle scelte di moltissime famiglie.
Uscire a comprare un albero di Natale oltre a mettere di buon umore è ecologicamente più conveniente, gli alberi artificiali sono di solito composti da polivinilcloruro, un prodotto altamente inquinante, per cui le associazioni di Greenpeace si battono da anni, inoltre i rimorsi post natalizi dovuti dalla triste vista degli abeti veri rinsecchiti e senza aghi abbandonati agli angoli delle strade nei primi giorni dell’anno, possono essere appagati rivolgendosi al rivenditore o al proprio comune, perché esistono vivai e centri di raccolta che provvedono a rimpiante gli abeti o a destinarli al compostaggio.
Negli Stati Uniti i comuni spesso usano gli alberi per i parchi o il ripristino dell’habitat, ad esempio dopo l’uragano Sandy sono stati utilizzati per ricostruire le dune di sabbia.
A New York, il Dipartimento dei servizi igienico-sanitari quest’anno li raccoglie per il riciclaggio dal 2 al 12 gennaio. In Italia invece nella maggior parte dei casi verranno smontati e riposti per l’anno prossimo nelle scatole oppure come ci dice Maria “io sono otto anni che lo lascio con i suoi addobbi, lo copro con un telo di plastica e lo chiudo nel ripostiglio. Durante l’anno capita che apro la porta e sbircio. Così la magia del Natale è sempre con me”.