Sta per arrivare un’altra ondata di caldo brutale; e alla fine dell’estate scopriremo che sono stati battuti tutti i record, che il cambiamento climatico ha accelerato e la sua progressione sta diventando irreversibile, che l’Italia si sta saharizzando e neppure tanto lentamente. I giornali se ne occuperanno per qualche giorno al massimo: afa e siccità sono un argomento di conversazione poco interessante; in particolare per quel 40% di italiani ai quali i media si rivolgono, i vincenti o aspiranti tali (quanto al 60%, rassegnatevi, non conta un cazzo; ed è ovvio che non conti visto che accetta con passività la propria marginalità, piega la testa, si immalinconisce, si astiene). Cosa volete che gliene importi ai vincenti del caldo? Hanno auto e case con aria condizionata e comunque stanno partendo per il mare (vanno solo al mare) e una giornata di pioggia con conseguente rinfrescata la considererebbero una sciagura, anche se servisse a salvare l’agricoltura e le foreste. È che un potenziale vincente deve essere abbronzato, se no non vince; mentre la campagna e la natura non lo riguardano, sono così noiose, desolate, volete mettere con il piacere di ammassarsi su una spiaggia o in un centro commerciale. Se fa caldo, meglio; e se la gente non ha acqua, che si beva uno spritz.
Si sta sviluppando una razza umana che invece di cercare di creare un mondo migliore considera migliore il mondo degradato in cui si trova a vivere in conseguenza della propria superficialità e intenzionale ignoranza. Non la caratterizza il colore della pelle bensì l’ignavia. Ne parlava già Voltaire, all’alba della modernità: il personaggio di Pangloss esprimeva la tendenza di una parte dell’umanità ad adeguarsi a qualunque condizione, a trovare la felicità non nella lotta per un ideale (il progresso ma anche la difesa della tradizione o dell’ambiente) bensì nella rassegnata feticizzazione del presente o del futuro annunciato dai potenti come un destino manifesto (lo vuole il Mercato! Non si possono fermare le nuove tecnologie!), quale che sia.
La satira di Voltaire e il pensiero illuminista aprirono la strada a due secoli di impegno, di progresso sociale, di coscienza politica e civile, di capacità critica, che misero in difficoltà i vincenti, costringendoli a compromessi e concessioni; ma la spinta si è esaurita. I vincenti hanno già scelto la loro strategia: negare l’evidenza e trasformare euforicamente qualsiasi problema in un successo, drogandosi di ottimismo e di virtualità oltre che di stupefacenti e di individualismo. Che poi vada come vada, intanto loro se la stanno godendo. Sapremo noi, ancora in maggioranza, opporre loro, come facemmo in passato, una razionalità e dei valori e fondare su di essi un progetto di lunga durata? Antonio Gramsci sintetizzò la situazione di coloro che combattono per il bene comune in una formula: pessimismo della ragione, ottimismo della volontà; entrambi necessari. Avremo la capacità di guardare in faccia la realtà e nonostante tutto organizzarci, riconoscere le vere priorità senza farci distrarre dal gossip mediatico e dal consumismo compulsivo, accettare lo scontro (che sarà durissimo, inutile farsi illusioni), resistere ai mutanti e fermare il grande caldo in nome di una diversa concezione di cosa significhi essere umani?