Gli acronimi, anche se non si basano su definizioni chiare e precise, possono rapidamente trasformare il nostro modo di vedere il mondo. E il mondo finanziario è pieno di incertezze. Durante la crisi della zona euro il termine ‘PIIGS’, che in inglese, con una “i” in meno significa letteralmente maiali, è stato affibbiato a Portogallo, Irlanda, Italia, Greciae Spagna per indicare i paesi che avevano accumulato ogni sorta di squilibrio macroeconomico. Per la Troika, ovvero Commissione Europea, Banca Centrale Europea, Fondo monetario internazionale, i “terroni europei” la crisi se la sono cercata.
Ma che impatto ha avuto la definizione PIIGS sui mercati finanziari? Se consideriamo che l’Europa è dominata da una visione un po’ ragionieristica e statica della politica economica, per cui le regole su debito e deficit pubblici sono sacre, nei paesi “maiali” l’impatto è stato disastroso.
Eppure il fallimento delle politiche implementate in Europa dal 2010 in poi è ormai sotto gli occhi di tutti. Oggi, a inizio 2016, otto anni dopo lo scoppio della crisi finanziaria, il PIL reale dell’eurozona è ancora inferiore al picco pre-crisi. Intanto in Grecia e Portogallo il “costo sociale” creato dalle misure di austerità è stato enorme, e le sue conseguenze continuano a essere pagate ancora oggi dalle popolazioni locali. Perché se l’obiettivo dichiarato delle politiche di rigore era ridurre il debito dei PIIGS, in realtà esse hanno aumentato il debito in rapporto al PIL, mentre il tessuto sociale a stato ridotto in brandelli.
Le correzioni ai conti pubblici è costata invece all’Italia, negli ultimi 10 anni, circa 130 miliardi di euro. È questo il conto dell’austerity, a quanto emerge dall’analisi condotta da Ref Ricerche per Confesercenti, sommando i valori facciali di tutte le manovre dal 2007 ad oggi. Intanto il 4 dicembre gli italiani sono chiamati a votare un’importante riforma costituzionale. Dopo mesi di dibattito, il dilemma de sì e del no si è spostato tutto sull’economia. Il Financial Times non fa altro che ripetere che un’eventuale vittoria del no potrebbe scatenare una crisi finanziaria e spingere l’Italia fuori dall’euro. E che dai problemi del Bel Paese si uscirebbe solo con un governo tecnico, che in termini economici dovrebbe essere sinonimo di politiche di rigore e austerità.
In questo scenario apocalittico ed inquietante si prepara ad uscire nelle sale italiane e non solo, il documentario PIIGS Ovvero come imparai a preoccuparmi e a combattere l’austerity, dove tre coraggiosi filmmaker italiani, Adriano Cutraro, Federico Greco e Mirko Melchiorre, provano a convincere l’opinione pubblica ormai troppo spesso sonnacchiosa o rassegnata che la rigidità europea non va bene e spiegare che la crisi non è un fatto soprannaturale ma è determinata da una finanza spregiudicata e da politiche di rigore che hanno portato alla disperazione milioni di persone. Che i crimini economici, i Panama papers, gli scandali finanziari stanno mettendo in ginocchio l’economia reale. Che l’inganno del “tutto è possibile a piccole e comode rate” per “non rinunciare a niente e realizzare subito tutto ciò che hai sempre desiderato”, ha alimentato l’indebitamento privato. E che il quantitative easing di Mario Draghi il cui obiettivo era scoraggiare le banche commerciali dal depositare liquidità in eccesso presso le banche centrali e favorire così il credito alle attività produttive, non ha funzionato come previsto.
Le conseguenze? Un aumento generalizzato della povertà, con la scomparsa delle classi medie e la ricomparsa delle disuguaglianze, con la ricchezza mondiale concentrata nelle mani di un ristretto manipolo di individui, del divario tra le nazioni del Nord e del Sud dell’Europa e della diffidenza nei confronti degli immigrati visti come potenziali concorrenti in un mercato del lavoro sempre più ristretto e deregolamentatato.
Tra i protagonisti del documentario troviamo Noam Chomsky, filosofo e linguista, definito da The New York Times “probabilmente il più grande intellettuale vivente” che nel suo ultimo libro I padroni dell’umanità, denuncia il declino della democrazia in Europa. E anche il ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, secondo il quale il tema all’ordine del giorno è ridefinire il concetto di democrazia e i suoi valori per frenare l’emergenza di pericolosi estremismi.
E poi c’è Stephanie Kelton, economista capo del budget del senato degli Stati Uniti e consulente economico di Bernie Sanders. Una buona allieva della Modern Money Theory, scuola economica di matrice keynesiana, nata negli anni ’90 negli Stati Uniti a opera dell’economista Warren Mosler, che in sostanza rifiuta di intendere il bilancio dello Stato alla stregua di quello di un’azienda o di una famiglia. Perché oggi si rischia di trasformare lo stato in una specie di filiale di una grande banca mondiale con il compito di facilitare gli investimenti economici delle multinazionali, riducendo al minimo gli ostacoli. Ad esempio? I diritti dei lavoratori o il diritto ad una educazione e a un sistema sanitario pubblico. Tra gli altri protagonisti di PIIGS, intervistati nel corso di cinque anni, Warren Mosler insider finanziario, esperto di sistemi monetari, Paul De Grauwe (London School of Economics) ed Erri De Luca (scrittore).
Ma da dove nasce il concetto di austerity? I registi indagano nella storia economica per scoprire un’amara verità. Ebbene sì, l’austerità è frutto di un errore di calcolo. Nel 2010, Kenneth Rogoff e Carmen Reinhart di Harvard un testo in cui si mostrava come i paesi con elevati debiti pubblici avessero avuto storicamente tassi di crescita negativi. Anni dopo, Thomas Herndon, uno studente di dottorato dell’Università del Massachusetts Amherst si è accorto che i due autorevoli economisti avevano escluso dai loro calcoli alcuni paesi in cui l’elevato debito pubblico non aveva ostacolato la crescita. Rogoff e Reinhart sono stati costretti a scusarsi ma questa rivelazione non è servita comunque ad inceppare il meccanismo dell’austerità.
Il documentario è una condanna senza appello di una politica che non funziona, che ha prodotto i danni dell’Europa che oggi vediamo tutti e che hanno creato anche populismi dal punto di vista politico. Dalla Gran Bretagna che esce dall’Europa a Trump Presidente not-politically-correct del paese più potente del mondo che ha cavalcato lo slogan Make America Great Again. Lo stesso Barack Obama si è schierato con l’FMI nel chiedere con forza la fine dell’austerity dal momento che, dall’altra parte dell’oceano, gli Stati Uniti hanno risposto in maniera completamente diversa alla crisi.
Ma quale alternativa alle rigide regole di bilancio? Credere nelle potenzialità della capacità di spesa degli Stati a moneta sovrana nel raggiungimento della piena occupazione, attraverso i programmi di lavoro garantito, per esempio.
Guarda il teaser di PIIGS: