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January 20, 2016
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January 20, 2016
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Il mondo ha finito i soldi

Per i debiti del mondo con se stesso son finiti i soldi

James HansenbyJames Hansen
Il mondo ha finito i soldi
Time: 2 mins read

Auto-cravattari – L’intero mondo è spaventosamente indebitato con se stesso. Lo si deriva dai dati forniti dalla Banca dei regolamenti internazionali (BRI) – Bank for International Settlements (BIS) – la “banca delle banche centrali”, la più antica istituzione finanziaria internazionale. Secondo la BIS infatti, il totale del debito pubblico e privato nel mondo è attualmente equivalente al 265% del “PIL globale”, cioè, del Prodotto Lordo Mondiale. Non solo: è esploso in tempi recenti, superando di slancio il picco raggiunto durante l’ultimo “ciclo creditizio”, quello finito con la crisi economica, quando ha toccato il già allarmante livello del 220%. E’ difficile sapere esattamente come considerare il dato. Di solito i debiti si devono a un esterno, a un creditore, ma non sono i marziani ad avere in mano i troppi pagherò emessi dai terrestri. Da una parte, il fatto conforta l’opinione di quelli che sospettano che il problema fondamentale con l’attuale economia mondiale sia che ci sono più debiti che soldi per pagarli. A un livello ancora più cosmico, può nascere la preoccupante possibilità che i soldi in sé semplicemente abbiano smesso di avere un significato concreto, che siano troppo “virtualizzati”. Fosse così, sarebbe molto meglio per tutti non dirlo a nessuno.

Ri-monorchide – Una quarantina di numeri fa ci siamo occupati (brevemente) dei “monorchidi” in politica, nel caso specifico di Nigel Farage, il leader del partito xenofobo inglese Ukip. Il monorchide è un maschio con un unico testicolo. Il più noto leader moderno a rientrare nella categoria è stato il dittatore spagnolo Francisco Franco, a causa di un incidente capitato in gioventù. Ora però arriva finalmente la prova documentale di un vecchio sospetto storico. Secondo quanto riferito dalla Reuters, sono riemersi gli appunti del medico che ha avuto in cura Adolf Hitler quando è stato incarcerato nei primi anni Venti per il mancato golpe di Monaco. Confermano come der Führer aveva effettivamente una sola palla, quella sinistra per la precisione.

Rolls-Royce cinesi – Il modello base della Rolls-Royce Motor Cars, la “Ghost”, parte dai $250.000, circa €230.000, poi sale. In anni recenti il singolo mercato più importante per la casa inglese – controllata dalla tedesca BMW – è stata la Cina. I risultati di vendita 2015, da poco resi pubblici, mostrano un calo delle vendite nel Paese del 54%. Questo, ribadiamo, in un solo anno. Il crollo viene attribuito in parte al rallentamento economico cinese, ma anche alla grande campagna anti-corruzione voluta dal Presidente Xi Jinping, non tanto perché non esistano più gli arricchiti, ma perché la Rolls-Royce è un bene di consumo forse eccessivamente vistoso. La Società, per rassicurare i suoi azionisti, ha comunque fatto notare che le vendite in Sud Corea sono aumentate del 73%, in India del 36% e nel Qatar del 21%. Le vendite europee sono definite “piatte” e quelle Nord Americane sono cresciute del 2%. Malgrado il crollo in Cina, la Rolls-Royce ha confermato che il 2015 è stato il secondo anno di maggiore successo della sua storia: ha venduto 3.785 veicoli, con un calo del 6,8% sul 2014, il migliore anno di sempre.

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James Hansen

James Hansen

Americano della West Coast, vivo in Italia da molti anni. Sono arrivato, giovane, nel servizio diplomatico USA come vice console a Napoli. Lì ho capito che “da grande” non volevo fare l’ambasciatore. Sono passato al giornalismo come corrispondente dell’International Herald Tribune e del Daily Telegraph, in seguito spostandomi “dall’altra parte della scrivania” come capoufficio stampa di Olivetti, di Fininvest e infine di Telecom Italia. Da tempo mi occupo di “diplomazia privata”, accompagnando grandi aziende italiane nelle loro avventure internazionali. È la diplomazia che mi immaginavo da ragazzo, con obiettivi più o meno chiari e i mezzi e l’autonomia per perseguirli. An American from the West Coast, I have been living in Italy for many years. I got here young, with the diplomatic service as the US vice consul in Naples. There I realized that, as a grown up, I didn't want to be an ambassador. I turned to journalism as a correspondent for the International Herald Tribune and the Daily Telegraph, and later on, I moved to the “other side of the desk” as chief of press for Olivetti, Fininvest and finally Telecom Italia. I deal with "private diplomacy", backing up large Italian companies in their international adventures. It's the diplomacy as I imagined it when I was young, with more or less clear goals and the means and autonomy to pursue them.

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