Le stragi di Parigi, il terrorismo, l’Islam: parla il presidente del distretto Produttivo della Pesca di Mazara del Vallo, Giovanni Tumbiolo, che esprime il proprio cordoglio per le vittime dei tragici eventi di matrice jihadista avvenuti nei giorni scorsi a Parigi, a Beirut, in Kenia, Nigeria ed in Siria.
“Questi attacchi – dice Tumbiolo – sono atti di terrorismo che non devono essere associati alla religione islamica che predica misericordia e pace fra i popoli. Abbiamo ancora in mente le parole pronunciate di recente a Blue Sea Land, a Mazara del Vallo, dall’Imam della Grande Moschea di Roma, Muhammad Hassan Abdulghaffar: ‘Condanniamo il terrorismo e l’integralismo in tutte le sue forme’. Sono d’accordo con il mio amico Imam che in quell’occasione ha sottolineato: ‘Chi ammazza nel nome dell’Islam e del Profeta Maometto non è islamico ma terrorista’”.
“Non dimentichiamo i pescatori siciliani che vivono nella trincea di una guerra dimenticata – aggiunge il presidente del distretto della Pesca -. Più volte abbiamo chiesto l’intervento dello Stato Italiano e dell’Unione Europea al fine di tutelare l’incolumità dei nostri pescatori impegnati nella loro stoica attività di pesca al gambero rosso in acque internazionali davanti la Libia dove è serio il rischio quotidiano di essere rapiti o attaccati da miliziani. Con maggiore determinazione chiediamo alle Autorità competenti di tutelare l’attività dei pescatori siciliani nelle acque internazionali antistanti le città di Derna e Bengasi che, secondo le recenti testimonianze dei nostri pescatori, sono diventate sempre più pericolose”.
Dei rischi corsi dai pescatori siciliani nel Canale di Sicilia, ed in particolare nell’areale di pesca davanti le coste libiche, Tumbiolo ne ha parlato in occasione di una recente audizione, il 9 novembre a Bruxelles, invitato dal presidente della Commissione Pesca del Parlamento Europeo, Alain Cadec, a parlare di pesca mediterranea.
“La marineria siciliana e, in particolare, quella di Mazara del Vallo (comunità fortemente dipendente dalla pesca) – spiega Tumbiolo – ha pagato nel corso degli ultimi cinquanta anni un prezzo troppo alto per una guerra dimenticata! La cosiddetta ‘guerra del pesce’. Il bilancio ad oggi è catastrofico: 3 morti, 27 feriti colpiti dal fuoco di militari e/o miliziani di Paesi rivieraschi. L’effetto dei proiettili dei bazooka e dei kalashnikov è assolutamente uguale sia che giungano da un gendarme, sia che arrivino da un miliziano dell’Isis. Oltre 300 prigionieri detenuti, negli anni, nelle carceri dei Paesi nord africani. Pesanti sono gli oneri pagati per il riscatto degli oltre 150 pescherecci sequestrati, dei quali 6 definitivamente confiscati. Un danno economico oltre che sociale, che gli esperti dell’Osservatorio della Pesca del Mediterraneo hanno calcolato in oltre 90 milioni di euro. Chi risarcirà e quando questo enorme danno?”.
“La comunità peschereccia mazarese – prosegue Tumbiolo – ha sopportato da sola, oltre ai morti ed ai feriti, tutto il peso economico e finanziario che rischia di soffocare la prima marineria del Mediterraneo”.
Le parole pronunciate da Tumbiolo a Bruxelles hanno destato scalpore: caro gasolio, zone economiche esclusive di pesca, spesso create unilateralmente (una fra tutte l’irrisolta questione libica), la concorrenza sleale, da parte di operatori dei Paesi rivieraschi, che vendono in Europa il prodotto pescato nelle stesse aree di pesca a costi molto più bassi (energia, mano d’opera, tasse) e che utilizzano attrezzi da pesca vietati in Europa.
“Ciò che, nel rispetto dei regolamenti dell’Unione Europea non viene pescato da noi – dice sempre Tumbiolo – lo pescano altri che poi lo esportano nei mercati europei. Tutto ciò si incrocia con le tensioni esplose nei Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, Libia in primis. In questi anni l’Unione Europea, sotto la spinta di lobby e di gruppi di interesse, ha attuato, lasciatemelo dire, delle nebulose strategie per ridurre lo sforzo di pesca nel Mediterraneo”.
Tumbiolo stigmatizza la demolizione dei natanti da pesca, strumento finanziato dall’UE per diminuire lo sforzo di pesca. “La rottamazione delle navi – precisa – ha provocato di conseguenza la rottamazione delle braccia, cioè l’espulsione dal mercato del lavoro di migliaia di lavoratori della pesca e dell’intera filiera ittica siciliana. Dal 2000 al 2014, secondo i dati dell’ultimo Rapporto dell’Osservatorio sulla Pesca, il numero di natanti da pesca in Sicilia è passato da 4.329 a 2.882, una riduzione di circa il 50%. Si sono persi oltre sedici mila posti di lavoro in tutto il sistema pesca siciliano, di cui ben sette mila nella sola Mazara del Vallo, ‘capitale’ mediterranea della pesca.
L’equazione: demolizione = riduzione sforzo di pesca è risultata un’equazione errata e certamente non in linea con l’armonizzazione degli approcci comuni contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, così come previsto nel documento relativo alla dimensione esterna della Politica Comune della Pesca (PCP)”.
Tumbiolo parla di istituzioni europee che, in materia di pesca, sono troppo poco attente alle questioni del Mediterraneo: “La comunità siciliana – dice – ha registrato la distanza sconfortante delle istituzioni e l’assenza dell’UE che, permettetemi di dire, si è limitata ad imporre regolamenti e norme sulla pesca con una visione un po’ strabica. Perché nessun Commissario Europeo alla Pesca è mai venuto ad onorare i nostri caduti in questa assurda guerra? Perché un Commissario non è mai venuto in visita a Mazara del Vallo per ascoltare i pescatori ed i loro rappresentanti?”.
“Noi – aggiunge – crediamo invece che il dialogo, attraverso una cooperazione che coinvolga direttamente tutta la filiera ittica siciliana e i Paesi terzi e, in particolare, quelli della sponda Sud del Mediterraneo, attraverso l’utilizzo razionale e condiviso delle risorse, della ricerca, della Blue Economy, attraverso il recupero e la valorizzazione della pesca artigianale, attraverso la formazione, sia una rotta obbligata. L’Unione Europea, purtroppo, non ha mai riconosciuto la bandiera del distretto della Pesca e l’importantissima e delicata attività dell’Osservatorio del Mediterraneo che, già dal 2006, promuovono il modello di sviluppo economico/sociale della Blue Economy”.
Tumbiolo ricorda la manifestazione internazionale denominata Blue Sea Land, il Festival della Blue Economy, l’Expo della Sicilia, un contenitore che aggrega i cluster Produttivi delle filiere agro-ittico-alimentari italiani ed europei, dei Paesi del Mediterraneo, dell’Africa e del Medioriente. “Alla manifestazione – dice – hanno partecipato 42 delegazioni straniere, il Ministro degli Affari Esteri della Somalia, 9 Ministri dell’Agricoltura e della Pesca provenienti dai Paesi del Mediterraneo, dell’Africa e del Medioriente, 16 Ambasciatori, decine di organizzazioni professionali”.
È certamente opportuno segnalare che allo stesso tavolo erano presenti i rappresentanti libici di Tobruk e Tripoli, di Misurata e Bengasi. I molti diplomatici presenti hanno parlato in questa circostanza come del “miracolo di Blue Sea Land”.
“Credetemi – dice il presidente del distretto della Pesca di Mazara del Vallo – questa non è magia! E’ invece perseveranza, costanza, pazienza, dialogo, voglia di pace. Tutto ciò è avvenuto in Sicilia, quindi in Europa, nella mia Mazara del Vallo, città che, a partire dagli anni ’60, ha registrato, grazie alla pesca, un massiccio ritorno nell’antica casbah di maghrebini, in prevalenza musulmani. Oggi essi rappresentano circa il 20% della popolazione presente nella città di 50 mila abitanti e convivono in assoluta armonia anche con altre comunità immigrate. Questo importante esempio di pacifica convivenza nella Medina di Mazara del Vallo fra persone che parlano lingue diverse, mangiano cose diverse e professano religioni diverse è avvenuto in virtù della progressiva crescita negli anni delle attività di pesca e della sua lunga filiera. Oggi molte di queste attività per le ragioni sopracitate hanno chiuso i battenti. Le restanti rischiano subire lo stesso destino se non ci sarà un grande sostegno dell’UE ed una rapida inversione di rotta.
Quello che oggi è un esempio mirabile di convivenza pacifica, che l’Europa deve promuovere e esportare, rischia di diventare una vera e propria polveriera”.
“Il Distretto della Pesca – sottolinea ancora Tumbiolo – propone di concordare con l’UE un piano di azione che tuteli l’incolumità dei pescatori siciliani negli areali storici di pesca al gambero rosso in acque profonde prospicienti le coste libiche. L’idea progetto è quella della creazione di una joint venture italo-libica (di cui abbiamo già discusso molto con gli attori libici Pubblici e privati), per l’avvio di un progetto di pesca, di ricerca scientifica sulle risorse alieutiche e formazione di personale locale, in zone distanti da 16 a 40 miglia dalle coste libiche, quindi in acque internazionali prospicenti i porti di Tripoli, Misurata, Derna e Bengasi”.
“Vorrei dissipare ogni dubbio fra i più scettici – conclude Tumbiolo -: trasferire il know-how delle imprese siciliane della pesca nelle regioni Sud del Mediterraneo non rappresenta una manovra di mera delocalizzazione di imprese o di cluster, per fare a casa d’altri ciò che magari non possiamo più fare a casa nostra, acquisendo mano d’opera ed energia a costi più bassi e, magari, non rispettando regole ambientali. Proporre il nostro modello distrettuale, operando secondo la filosofia della Blue Economy, vuol dire cooperare, vuol dire creare ponti, vuol dire dialogare, e creare quindi in molti Paesi, grazie alla pesca europea, migliaia di posti di lavoro. Ciò sarà utile a frenare l’emorragia di tanti disperati che ogni giorno tentano di raggiungere l’Europa. Ahimè, molto spesso attraverso la Sicilia”.