Nelle scorse settimane, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha fatto una dichiarazione che è finita sulle prime pagine di tutti i giornali (e che gli ha permesso di migliorare lo share fino ad allora in netto calo): a dicembre il governo avrebbe abolito l’IMU e altre tasse sugli immobili.
In realtà che l'IMU sarebbe stata abolita lo si sapeva da mesi. Già ad aprile 2015 il governo aveva previsto di cambiare queste tasse e imposte con una nuova tassa, la Local Tax e proprio a partire da dicembre (proprio il giorno dopo la data di scadenza per il pagamento della seconda rata della TASI abolita dal governo).
Nei giorni scorsi, però si è capito appieno, forse, il perché di questa scelta. Il Ministero dell’Economia ha pubblicato la nota di aggiornamento al DEF (Documento Economico e Finanziario). Ebbene, da questo Documento si evince (e lo ha confermato anche il ministro dell’Economia, Padoan) che le entrate relative all’IMU sarebbero inferiori di 5,5 miliardi di Euro rispetto a quanto si aspettava il governo. Il Tex gap (come lo hanno definito per non perdere la buona abitudine di usare tecnicismi) sulla tassa della prima casa sarebbe pari al 28,1% dell’imposta totale teorica.
Entrate mancate che ricordano da vicino la somma che il premier Matteo Renzi aveva preannunciato quando aveva promesso l’abolizione dell’IMU. In pratica, non si tratterebbe di sconti, ma di riconoscere l’incapacità del governo di far pagare le tasse ai cittadini o all’impossibilità di questi ultimi di continuare a pagare tasse che negli ultimi anni sono continuamente aumentate (l’IMU teorica, calcolata escludendo terreni, aree fabbricabili e fabbricati rurali, è aumentata del 31,2 per cento rispetto al 2012).
Una situazione, peraltro, che dimostra una volta di più, che nascondere certi numeri e fare promesse che non saranno mantenute non serve a molto, ma anche che esiste una enorme differenza tra le varie regioni del Paese. Mentre al Nord la differenza tra le entrate previste e quelle calcolate si aggira intorno a 13 per cento (12,7 per cento in Valle d’Aosta), al Sud la situazione è ben più tragica: in Calabria, ad esempio, la differenza tra il gettito calcolato e quello reale è intorno al 40 per cento. In altre parole, in questa regione per quasi un immobile su due non è stata pagata l’IMU.
Considerando che l’IMU è la tassa su cui tutti gli ultimi governi (da Monti in poi) hanno basato la propria politica fiscale per attingere da beni noti e di cui non si poteva negare l’esistenza (diversamente dai profitti aziendali, da altri tipi di rendite e dai redditi professionali), una simile differenza è preoccupante. E, invece, per il governo, il fatto che dalle ‘casse’ dello Stato manchino circa un terzo delle somme previste non sarebbe dovuto a comportamenti intenzionalmente evasivi, ma a forme fisiologiche di bassa propensione all’adempimento dei contribuenti. In altre parole, il fatto che dalle ‘casse’ dello Stato mancherebbero ben 5,5 miliardi di Euro deriverebbe, secondo gli esperti che gestiscono la cosa comune a Roma, da errori nell’interpretazione delle norme, o da dimenticanze, o da una semplice mancanza di liquidità.
Ma la cosa più preoccupante è che, come ha ammesso il ministero, queste entrate mancate potrebbero essere molte di più di quelle teoriche che sono state calcolate facendo riferimento all’aliquota standard. Se per il calcolo si tenesse conto dell’aliquota reale deliberata dai Comuni, molto probabilmente il Tax gap illustrato rappresenta, presumibilmente, una sottostima dell’evasione fiscale.
Non si tratta di un ‘buco’ nei conti dello Stato, quindi, ma di una vera e propria voragine (dovuta, secondo il ministero, a semplice distrazione e in buona fede). Una voragine che il governo forse sta cercando di nascondere, cambiando nome alla tassa sugli immobili e rimescolando le carte.