Il ‘bollettino di guerra’ descrive due province siciliane allo sbando. Aziende che chiudono i battenti, consumi in calo, disoccupazione alle stelle. Ricorso alla Cassa integrazione e alla mobilità. A Palermo, a parte gli anni della Bella Epoque – fine ‘800, primi del ‘900 – l’economia non ha mai brillato. Ma arrivare il 78% di 'disperazione' giovanile è il record dei record. Non va meglio la provincia di Trapani, da sempre la più vivace della Sicilia sotto il profilo produttivo, oggi colpita da una crisi senza precedenti.
Impietosa, insomma, la ‘radiografia’ dell’economia di queste due province descritta dall’assemblea della Cisl siciliana. Un focus sul capoluogo siciliano e dintorni e sulla provincia trapanese che descrive un quadro che definire allarmante è poco.
“La disoccupazione soprattutto giovanile a Palermo e Trapani – si legge nella relazione della Cisl – tocca punte allarmanti. Se la media nel capoluogo è del 23,16%, aumentata nell’ultimo anno di 3 punti percentuali, quella dei giovani sale a quasi il 60%. A Trapani i giovani senza lavoro sono oltre il 50 percento, la media è del 20,6. Tragici i dati dello ‘scoraggiamento’ soprattutto per il segmento giovanile: a Trapani il 73,1% a Palermo il 78,1%”.
Se la disoccupazione e la disperazione sociale crescono, alla base non può che esserci una crisi del sistema delle imprese. Che infatti diminuiscono: “In calo il dato delle imprese – dicono i sindacalisti della Cisl – minore a Palermo, dove sono 77.209 in tutto il capoluogo siciliano, con una riduzione del 2% nell’ultimo anno, ma che sia aggiunge al -22% degli ultimi due anni. Oltre 38 mila le imprese a Trapani”, in calo dell’11,4% nell’ultimo anno. Le cessazioni, al giugno di quest’anno, in tutto il territorio trapanese sono state ben 2306; di queste oltre 700 solo nel settore del commercio, quasi 400 nell’agricoltura e ben 300 nell’edilizia”.
L’economia di questa due province dell’Isola cola a picco. Dall’Hotel La Torre di Palermo, dove si svolge l’assemblea organizzativa della Cisl di Palermo e Trapani, il commento del segretario, Daniela De Luca, non lascia adito a dubbi: “Sono dati che confermano la mancanza di una reale programmazione nel breve e nel lungo periodo”, ha dett la dirigente sindacale. L’assemblea cislina è intitolata alle periferie. La dizione precisa è: “Verso le periferie”. Una formula che lascerebbe immaginare il Sud d’Italia come una grande periferia di un’Italia che, come ha sottolineato qualche mese fa la SVIMEZ, ha del tutto abbandonato questa parte del Paese.
Leggendo i dati sciorinati dalla Cisl ci si interroga su che cosa è diventato, oggi, il Mezzogiorno. Anche la festa dell'Unità, voluta dal governo Renzi, parla di rilancio del Sud. Con una differenza fondamentale. Mentre da una parte il governo che ha governato l’Italia annuncia una “svolta”, lo scenario descritto dalla Cisl racconta un’altra storia. La storia della crisi economica di due province siciliane che, piaccia o no, sono, però, la metafora e l’immagine odierna di un Meridione allo sbando.
La Cisl siciliana, insomma, non fa sconti a picchia duro. Ha chiamato a raccolta circa 300 fra quadri dirigenti, delegati, Rsa ed Rsu, attivisti e operatori a tempo pieno delle due città. Con l’obiettivo di proseguire e rafforzare il percorso del sindacato mirato all’apertura nei confronti dei giovani, al decentramento, ad una maggiore presenza nei luoghi di lavoro e nelle periferie.
“Decentramento e partecipazione sono le parole d’ordine – ha spiegato De Luca – i nostri dirigenti saranno sempre più presenti nei luoghi di lavoro e nelle periferie, nei territori in difficoltà. Tutto per avvicinarci sempre di più alle esigenze dei lavoratori, disoccupati, giovani, pensionati. Lo faremo collaborando con tutte le altre realtà sociali e sollecitando le amministrazioni comunali, a partire dai capoluoghi Palermo e Trapani e la Regione, laddove di sua competenza, affinché mettano in campo interventi reali e concreti per il rilancio”.
A fare paura sono i dati sul lavoro che invece di aumentare diminuisce, al di là dei proclami di Renzi sulla crescita nelle Tv di Stato, nelle Tv di Berlusconi e sui canali Sky. La realtà della Sicilia descritta dalla Cisl con i ‘numeri, per antonomasia testardi, smentisce quelle che Fabrizio De Andrè chiamava “le verità delle televisione”: “Cresce il ricorso agli ammortizzatori. I lavoratori in Cig (Cassa integrazione guadagni) nel 2014 sono stati a Palermo oltre 7 mila (6.832.961 le ore autorizzate di Cig in deroga, oltre un milione e 600 mila le ore di Cig ordinaria, alto anche il dato della Cigs con 6.227.859 ore). Nel capoluogo siciliano la mobilità ha riguardato 2.455 lavoratori. La Cig a Trapani è scattata per 500 lavoratori, 889 quelli in mobilità”.
“Negli ultimi quattro anni – prosegue la relazione – la crisi nera ha colpito i territori con 46 mila posti persi nel capoluogo siciliano e oltre 13 mila a Trapani. Non gode di buona salute nemmeno il turismo, flussi in calo a Palermo nel 2014 del 3,1%, ben del 10.6 a Trapani”. I dati negativi sul turismo debbono fare riflettere: a Palermo arrivano le navi da crociera, a Trapani c’è l’aeroporto che, quando non viene messo a disposizione di americani e francesi per fare la guerra (dopo la Libia sarà la volta dei bombardamenti ‘intelligenti’ alla Siria?), porta turisti. Senza i croceristi e l’aeroporto a Palermo e Trapani i turisti si conterebbero sulla punta delle dita.
Anche se la relazione non lo dice a chiare lettere, a Palermo cominciano a farsi sentire gli effetti di una pressione fiscale elevatissima, praticamente una delle più alte d’Italia tra aliquote IREPEF e IRAP al massimi livelli, TASI e TARI ai massimi livelli con in arrivo le Ztl per finanziare i consulenti delle società comunali ‘colabrodo’ e le ‘trigonometrie’ dei capitolati di appalto di opere pubbliche inutili e dannose, Tram in testa. Che fanno i cittadini davanti a questo sfascio? Se possono farlo se ne vanno, cambiando città. “Una delle conseguenze della crisi – si legge infatti nella relazione della Cisl – è la fuga dalle città, come evidenzia il dato dello SVIMEZ, che vede Palermo prima nella classifica delle città più colpite dal fenomeno delle migrazioni dei suoi cittadini. La previsione 2010/2050 per Palermo è di -152 mila cittadini”. Di fatto, una fuga per sfuggire a un Fisco di stampo ‘angioino’ che scippa soldi a famiglie e imprese per fornire servizi in buona parte risibili.
“Il territorio è in sofferenza – ha ribadito nella sua analisi Daniela De Luca -. La profonda crisi del settore edile, nel quale sono stati persi 6 mila posti di lavoro a Palermo negli ultimi anni, 5 mila a Trapani, l'eterna vicenda dei precari del settore pubblico, il commercio che annaspa, colpito dall'abbattimento dei consumi nel territorio che registra i redditi più bassi del Paese. Nessun settore si può dire al riparo”.
Bassa la densità imprenditoriale (quote imprese attive su quota popolazione): a Palermo appena lo 0,84. Le imprese sono 77.209 , gli occupati 311.571 (24 per cento tasso di occupazione). A Trapani la densità imprenditoriale si attesta sull’1,22% , le imprese sono 39.255, gli occupati sono 113.520 (tasso di occupazione 26,1%).
L’unico settore che dà qualche timido segnale di ripresa è l’artigianato. Il quadro di nati/mortalità delle Pmi (Piccole e medie imprese) negli ultimi mesi riporta per Trapani un + 0,03% con un tasso di attività del 37 per cento per le 7 mila imprese registrate; a Palermo un + 0,28% con un tasso di attività del 38% per le oltre 14 mila imprese registrate.
“Sono le principali vertenze a mostrare chiaramente la misura del grado di abbandono del nostro territorio e della necessità di rialzare la testa, anche siglando un patto d'emergenza per la Sicilia nord occidentale – ha aggiunto De Luca -. Abbiamo giù programmato con Cgil e Uil un percorso comune sui temi sociali e sulla povertà, sulle società partecipate, sui Cantieri navali. Ma riteniamo sia giunto il tempo di una comune mobilitazione, per dare la scossa, la sveglia ad una politica che, a tutti i livelli, sembra del tutto avviluppata nei propri interessi e negli equilibri interni per rendersi conto che le nostre città sono allo stremo. Troppe sono le voragini che si presentano davanti a noi, non possiamo continuare a parlare solo di emergenza”.
Desolante il quadro delle pensioni. Numeri che, più di ogni altra cosa, definiscono il vero quadro della povertà della Sicilia nell’anno di grazia 2015: “Nonostante le tante pensioni al minimo – si legge nella relazione – (65 mila a Palermo percepiscono un importo medio che si aggira attorno a 503,23 euro, sotto la soglia di povertà, 30 mila a Trapani), si mantiene bassa la spesa destinata agli interventi sociali e ai servizi, 86 euro procapite a Palermo,70 a Trapani, rispetto ai 159 di Milano”.
Non solo le pensioni sono in media basse, ma sono spariti anche i fondi per i servizi sociali. Il governo Renzi ha tagliato i fondi della legge nazionale n. 328 del 2000 sui servizi sociali; e quest’anno ha tagliato anche 12 miliardi di Euro di fondi PAC destinati al Sud per finanziare il Jobs Act nel Centro Nord Italia. Il risultato è che anziani poveri, bambini poveri e portatori di handicap del Sud sono rimasti senza risorse. Per non parlare degli studenti disabili rimasti privi di mezzi di trasporto. Vergogne sociali su vergogne sociali.
Non va meglio nel commercio: “Soffre il commercio nelle due città – si legge nella relazione -. Chiudono negozi storici e grandi centri, faticano gli alberghi. Molte vertenze coinvolgono i due territori. Esempio emblematico è Grande Migliore, l'azienda che ha dichiarato esubero del personale, Mercatone uno chiuso a Carini e tanti altri. Pesa poi la perenne precarietà dei call center, sempre sul filo, per un settore che nel capoluogo occupa oltre 8 mila persone”.
Quindi l’appello a Renzi: “Da città affamate di lavoro, non possiamo che chiedere al governo nazionale di dimostrare nei fatti l'attenzione al Mezzogiorno, ed intervenire direttamente se è il caso nelle vertenze alle quali la Regione tarda a dare risposte”. Fra le vertenze simbolo, il Cantiere navale di Palermo, dove si attende ancora la costruzione dei bacino da 80 mila tonnellate per il quale è giunto il via libera dell’Ars all’utilizzo dei 50 milioni di euro di fondi regionali. L’ex Fiat (il riferimento è all’ex stabilimento di Termini Imerese ndr) per la quale i circa mille lavoratori fra indotto ed ex casa torinese attendono l’esito dell’incontro al Mise sulla solidità del piano Blutec; Ansaldo Breda fuori dal piano di vendita del gruppo”.
“Sull’ultimo accordo che salva gli operai di Carini siamo soddisfatti della salvaguardia dei lavoratori – si legge sempre nella relazione -. Ma ciò che appare evidente è la mancanza di una visione industriale che riporti al centro la metalmeccanica nella nostra città”.
A Trapani pesa la crisi dell’agricoltura, della cantieristica dopo la chiusura oltre due anni fa del Cantiere navale per il quale si attende la concessione demaniale e il rilancio. Poi c’è la vicenda dell’aeroporto di Birgi, “che fa temere ancora l’abbandono di Ryanair”. La compagnia aerea potrebbe decidere di lasciare perché i Comuni del Trapanese, lasciati senza soldi da Stato e Regione, rischiano di non essere nelle condizioni di mantenere questo servizio.
Ci sono anche problemi nel porto. Mentre l’edilizia registra un calo del 50% degli addetti e una riduzione delle imprese con 842 realtà produttive in meno. Sul fronte dei conti pubblici e delle partecipate, aggiunge De Luca “sia a Palermo che a Trapani i sindaci in carica si fanno vanto di un'azione di risanamento dei conti, una messa in trasparenza della gestione pubblica, da ultimo la programmazione dei Piani triennali delle opere pubbliche, 80 milioni per Trapani, oltre 2 miliardi di Euro nel triennio per Palermo, se non fosse che i problemi rimangono sul tappeto, con servizi pubblici tutt'altro che all'altezza degli standard che le nostre città meriterebbero. Dai trasporti ai rifiuti appare evidente il degrado”.
A Palermo, in materia di trasporti pubblici si va di paradosso in paradosso: l’Amat – la società comunale che si occupa del trasporto pubblico di passeggeri – paga una barca di consulenti (supponiamo in cambio di voti ai politici di centrosinistra che amministrano, o quasi, la città), ma il servizio degli autobus è un disastro e non si capisce come un’azienda ‘usata’ in modo così clientelare possa gestire il futuro Tram dai costi peraltro elevati). Quanto ai rifiuti, la raccolta differenziata langue. Tanto che i parlamentari del Movimento 5 Stelle hanno presentato un esposto alla Corte dei Conti contro il Comune: a loro dire il mancato rispetto degli impegni in materia di raccolta differenziata avrebbe provocato un danno erariale (come potete leggere qui).
De Luca ha concluso il suo intervento ribadendo che “è necessario rimettere al centro i temi del risanamento, della riqualificazione della spesa, del lavoro e dello sviluppo, con una governance interistituzionale forte e condivisa, che tiri fuori dalle sabbie mobili i livelli locali di governo, e con un concreto, indispensabile confronto con le parti sociali, fuori dalla liturgia e dentro alle questioni, con proposte precise e forti”.
Una reale svolta da parte del governo regionale è stata sollecitata dal segretario della Cisl siciliana, Mimmo Milazzo: “La Sicilia – ha detto Milazzo – attraversa un periodo di grossa difficoltà. Il governo regionale ha mostrato incapacità nell’intervenire concretamente orientando la spesa verso il rilancio dell’occupazione, bisogna dare una riposta, in termini di coesione sociale, alle esigenze di sviluppo delle aree industriali, ai tanti giovani ormai scoraggiati, alle famiglie che vivono in forte povertà. Bisogna far funzionare la pubblica amministrazione, riqualificando la spesa e ammodernando le strutture. La riforma delle ex Province può essere un punto di partenza. Si recuperi il tempo perso facendo funzionare gli enti di area vasta per avvicinare i servizi ai cittadini”.
Il riferimento è sempre alla riforma delle Province che il governo nazionale vorrebbe impugnare e che il governo regionale non sembra voler difendere davanti la Corte Costituzionale per non inimicarsi il Presidente del Consiglio, Renzi. “Finora – ha aggiunto Milazzo – con i ritardi sulla riforma e con i commissariamenti durati 28 mesi è stata depotenziata la capacità di spesa degli enti, incidendo negativamente sulla viabilità secondaria, sull’edilizia scolastica e sui servizi per i disabili”.
A concludere i lavori è stato il segretario confederale nazionale Maurizio Bernava. Si tratta dell’ex segretario generale della Cisl siciliana che è stato ‘promosso e allontanato’ dalla Sicilia perché non dava tregua al governo regionale di centrosinistra di Rosario Crocetta. Non che adesso la Cisl sia tenera nei riguardi di Crocetta e della sua Giunta. Ma Bernava era diventato ‘intollerabile’ per il governo Crocetta, perché, oltre a denunciarne puntualmente i limiti, gli ‘sgamava, una dopo l’altra, tutte le operazioni affaristiche e truffaldine. A cominciare dalle truffe sulla formazione professionale, settore distrutto dal governo Crocetta nel tentativo di affidarlo ai 'Professionsti dell'antimafia' oggi un po' 'ammaccati' dalle inchieste giudiziarie. Così Bernava è stato ‘promosso’ a Roma e tolto dalla Sicilia.
“Il Sud – ha detto Bernava – ha bisogno di un’unica regia per l’utilizzo delle risorse, una governance fra Unione Europea, governi regionali e nazionale, per programmare i fondi da destinare alle infrastrutture, al dissesto del territorio, al recupero delle aree urbane, alle tecnologia all’innovazione e ricerca, allo sviluppo delle aree industriali depresse come Termini Imerese, Gela e Carini, usando il credito d’imposta. Le riforme come il Jobs Act servono, ma non bastano per creare lavoro. Ciò che bisogna attrarre sono investimenti e investitori. Alle Regioni va imposto l’utilizzo delle risorse disponibili per questi obiettivi. A metà ottobre la Cisl sarà a Bari proprio per una grande iniziativa per il Mezzogiorno, con le imprese, con i rappresentanti del governo centrale, perché è ora che il Sud rinasca e bisogna farlo tutti insieme”.