Salvatore Petrotto, negli anni passati, ha ricoperto la carica di sindaco di Racalmuto, il paese della provincia di Agrigento che ha dato i natali allo scrittore Leonardo Sciascia. Da anni Petrotto è in prima fila nel denunciare gli affari che stanno dietro la gestione dei rifiuti che in Sicilia, ancora oggi, è imperniata sulle discariche che inquinano i terreni e le falde idriche, proprio come nella 'Terra dei fuochi', in Campania. Di recente Petrotto è stato ascoltato dalla Commissione bicamerale del Parlamento del nostro Paese che si occupa proprio ella questione rifiuti.
L’illegale gestione del ciclo dei rifiuti, da Messina ad Agrigento, passando per Catania, viaggia sullo stesso binario. Lo scorso Aprile la Commissione bicamerale d’inchiesta che si sta occupando delle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati ha sentito il sindaco di Furnari (provincia di Messina), Mario Foti. A Maggio, la stessa Commissione bicamerale del Parlamento nazionale ha ascoltato anche il sottoscritto, nella qualità di ex sindaco di Racalmuto. La storia è sempre la stessa. Discariche private realizzate con provvedimenti autorizzativi del tutto illegittimi, affidamenti dei servizi del valore di svariate centinaia di milioni di euro per la raccolta ed il trasporto dei rifiuti indifferenziati, senza espletare gare d’appalto. Il tutto all'ombra della mafia. Con i rifiuti che, messi sotto terra, inquinano i terreno, le falde idriche e, in generale, l'ambiente.
A Messina ed a Catania sono scattati i sequestri delle megadiscariche con i relativi arresti dei proprietari e gestori, ad Agrigento no… L’ultimo arresto risale all’altro ieri e rientra nell’ambito dell’Operazione “Vento di maestrale”, condotta dalla Procura della Repubblica di Viterbo. Sono stati contestati i reati di truffa, frode in pubbliche forniture, falso ideologico ed abuso di ufficio nella gestione dei rifiuti ed è stato arrestato l’ingegnere Carlo Rosario Noto La Diega, componente del consiglio di amministrazione di Tirreno Ambiente spa fino a 25 maggio 2015, nonché amministratore della società Gesenu spa sino ad appena qualche anno fa, e precisamente nel periodo in cui la stessa gestiva la raccolta, il trasporto, lo smaltimento rifiuti insieme alla gestione per la riscossione della tassa rifiuti per conto dell’Ato Messina 2. L’ingegnere Carlo Rosario Noto La Diega ha gestito per un decennio il settore dei rifiuti nel territorio dell’Ato Messina 2, avendo proprio la Gesenu spa vinto la gara per la gestione dei rifiuti e per la riscossione della tassa, a far data dalla costituzione della società d’ambito. “Finalmente è stato scoperchiato il pentolone della società mista Tirreno Ambiente spa”, ci ha riferito il sindaco Furnari, che ha messo in luce con le sue denunce i discutibili interessi ed il ruolo determinante nell’affare dei rifiuti di taluni imprenditori, quali Giuseppe Antonioli, Carlo Noto La Diega e Giuseppino Innocenti; i primi due arrestati, mentre l’ultimo attualmente imputato in diversi procedimenti penali. Nell’esprimere piena fiducia nell’operato della Magistratura “che sta ridando dignità ad un territorio saccheggiato dalla scandalosa gestione dell’affare dei rifiuti”, il sindaco Foti aggiunge una notizia di questi giorni e cioè che la società Osmon spa, di cui il predetto Giuseppe Antonioli era amministratore unico (la maggioranza societaria era singolarmente e notoriamente detenuta da Giuseppino Innocenti e dai suoi familiari), ha avuto l’affidamento di partite milionarie senza gara d’appalto da parte della società mista Tirreno Ambiente spa.
“La notizia dell’arresto dell’ingegnere Carlo Rosario Noto La Diega – prosegue il sindaco di Furnari – rende oggi più che mai attuale il dubbio sulla regolarità e legittimità delle operazioni fatte dal liquidatore dell’Ato Messina 2, dalle quali deriva un enorme debito nella gestione dei rifiuti, che si vorrebbe riversare illegittimamente sui bilanci dei singoli Comuni soci dello stesso Ato Messina 2. Proprio per tutelare gli interessi economici del Comune, che ciascun Sindaco amministra, ritengo sia giunto il momento di accendere i riflettori e richiamare l’attenzione ed il controllo della Guardia di Finanza e della Magistratura inquirente per verificare la regolarità nella scandalosa gestione della vicenda rifiuti avvenuta in questo territorio nell’ultimo decennio”.
Assai simili a quelle del sindaco di Furnari sono le mie denunce, quelle che ho presentato alla Procura della Repubblica di Agrigento a febbraio del 2011, riguardo alla gestione dell’Ato AG2 di Agrigento, con particolare riferimento agli affidamenti senza gara dei servizi di raccolta, trasporto e conferimento nella discarica di Siculiana; discarica peraltro sotto inchiesta ad Agrigento, sin dal lontano 2007, a seguito di una denuncia dei Carabinieri del NOE di Palermo. Denunce di cui ho diffusamente parlato in sede di audizione, il 20 maggio scorso a Roma, davanti alla Commissione bicamerale d’inchiesta del Parlamento nazionale che si sta occupando delle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati. Ho evidenziato che in Sicilia, dal 2010 ad oggi, lo sfascio gestionale, economico ed ambientale è stato causato da gravissime violazioni di legge, consistenti nella totale assenza di gare d’appalto per svariate centinaia di milioni di euro nel settore della gestione dei rifiuti. Le autorità giudiziarie di Palermo, Catania e Messina si sono accorte di tali palesi, lo ripetiamo, gravissime violazioni di legge, peraltro ravvisate già a partire dal 2011 dal vecchio presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, e ribadite, nel 2014, dall’attuale presidente della medesima Autorità, Giovanni Pitruzzella. Riguardo alla megadiscarica privata di proprietà del vicepresidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, ad esempio, ho messo in evidenza il fatto che la Procura della Repubblica di Agrigento, a novembre dello scorso anno, ha avanzato una richiesta di archiviazione.
La Procura agrigentina, infatti, non ha dato seguito alla già citata inchiesta dei Carabinieri del NOE che mettevano chiaramente in evidenza una serie di abusi, false attestazioni, truffe e reati ambientali, del valore di oltre un miliardo di euro. Reati ascritti a Lorenzo Catanzaro comproprietario, assieme a Giuseppe (vicepresidente di Confindustria Sicilia) della più grande discarica privata siciliana. A queste conclusioni erano pervenuti i Carabinieri del NOE di Palermo e, successivamente, nel 2013, anche dal vicequestore di Polizia, Ferdinando Buceti. I magistrati della Procura della Repubblica di Agrigento, sentiti dalla stessa Commissione bicamerale d’Inchiesta che ha ascoltato il sottoscritto, oltre che il sindaco di Furnari e l’ex assessore regionale, il magistrato Nicolò Marino, hanno dovuto ammettere, se così si può dire, che riguardo alla discarica di proprietà del vicepresidente di Confindustria Sicilia, non hanno avuto modo di approfondire l’argomento. Momentaneamente, in ogni caso, la richiesta di archiviazione del procedimento penale relativo alla discarica del vicepresidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, non è stata accolta da parte del Tribunale di Agrigento. Il giudice che se ne sta occupando, Francesco Provenzano, si è riservato di decidere sull’eventuale rinvio a giudizio dei 4 soggetti indagati e tra questi, oltre al già citato Lorenzo Catanzaro, ce n’è uno abbastanza noto alle autorità giudiziarie. Ci riferiamo al funzionario della regione siciliana, Gianfranco Cannova, già arrestato e sotto processo per abusi e tangenti, relativi al rilascio di autorizzazioni per la creazione di discariche private analoghe a quelle rilasciate ai fratelli Catanzaro (sopra , sinistra, un'immagine di Agrigento tratta da notizie.tiscali.it)
Numerose sono le denunce presentate, in passato, dai due imprenditori agrigentini, i fratelli Catanzaro che, sino al 2007, per loro stessa ammissione, erano costretti a pagare il pizzo alle cosche mafiose agrigentine. L’ultima presunta ed assai sospetta intimidazione mafiosa che riferivano di aver subito, alle autorità giudiziarie, risale al 2013, mentre i Carabinieri del NOE di Palermo sollecitavano l’allora assessore regionale, il magistrato Nicolò Marino, il quale consegnava loro una relazione che riguardava proprio la loro la discarica di Siculiana. Il 12 marzo scorso, alla Commissione bicamerale d’inchiesta che si sta occupando del ciclo dei rifiuti, la dottoressa Brunella Sardoni, sostituto procurato della Repubblica di Agrigento, ha fatto riferimento proprio a quest’ultima denuncia del Catanzaro su un altro presunto grave messaggio intimidatorio di stampo mafioso, denunciato un anno e mezzo fa e contenuto in un foglio di carta con delle velate minacce, a suo dire, a penna. Tale ‘pizzino’ è stato esibito alla dottoressa Sardoni da Giuseppe Catanzaro all’atto della presentazione della denuncia. La dottoressa Sardoni ha dichiarato di non avere letto quel messaggio intimidatorio, ma di avere semplicemente appreso dal Catanzaro che quel foglio di carta che asseriva di avere ricevuto, conteneva delle minacce. Questa ulteriore denuncia dei Catanzaro è stata inoltrata dopo circa sette anni di accertamenti giudiziari scaturiti dalla loro precedente denuncia, risalente al 2005 (denunciavano e contemporaneamente pagavano il pizzo?) attraverso cui diedero il via, come si ricorderà, ad un lungo processo per mafia contro il sindaco di Siculiana ed alcuni funzionari. Processo che ha determinato anche lo scioglimento per infiltrazione mafiosa del Comune di Siculiana, terminato nel 2012, con la definitiva ed inappellabile assoluzione del sindaco Giuseppe Sinaguglia, del funzionario comunale, responsabile della discarica di Siculiana, Luigi Meli, del comandante dei vigili urbani, Giuseppe Callea e del capo dell’ufficio tecnico, l’ingegnere Pasquale Amato, oggi sindaco di Palma di Montechiaro, nell’Agrigentino.
Molti dei componenti della Commissione parlamentare d’inchiesta che mi hanno ascoltato sono rimasti meravigliati nel notare la scarsa attività giudiziaria della Procura di Agrigento riguardo all’illegale gestione del ciclo dei rifiuti, in una provincia che, come ho avuto modo di sottolineare, a fronte di servizi pessimi e fuorilegge, fa registrare le tariffe più care d’Italia, almeno il triplo della media nazionale! Ah, dimenticavo: piccolo particolare che accomuna Agrigento alle province di Messina e Catania, laddove invece fioccano arresti e sequestri di discariche private: a gestire tali servizi del valore di centinaia di milioni di euro, anche ad Agrigento e provincia, sono sempre le stesse ditte, o con gara o senza gara; nella città di Agrigento, addirittura, sin dal lontano 1997! Ci riferiamo ad un raggruppamento di cui fa parte la Iseda, quale azienda capofila, di proprietà oltre che della chiacchierata famiglia Consiglio di Porto Empedocle, anche di Giancarlo Alongi, cugino del neo sindaco di Agrigento, Lillo Firetto, anch’egli empedoclino. Assieme al cugino di Firetto, un altro beneficiario degli affidamenti per centinaia di milioni di euro è Sergio Vella, compare di anello del ministro Angelino Alfano (nella foto sotto, a destra), con la sua Seap. Sono loro che detengono il monopolio, assieme alla Sea (ex Sap), della gestione dei rifiuti nell’Agrigentino ed oltre. Queste cose ho denunciato a Roma. E la storia continua…
Nel mese di marzo 2015 al Comune di Agrigento è stato pubblicato un curioso bando per la gestione dei rifiuti, per una cifra di 16.253.552,40 euro, ed i cui termini per la presentazione delle offerte scadevano il 25 maggio 2015. A vincere la gara, manco a dirlo, è stata ovviamente la Iseda di Giancarlo Alongi. E così il cugino di Firetto, assieme al compare d’anello del ministro Angelino Alfano, dopo circa un ventennio, continueranno ad effettuare i servizi di pulizia, raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti nella Città dei Templi, come prima e più di prima! La vittoria del sindaco Firetto ad Agrigento era nell’aria, così come sembrava anch’essa scontata l’aggiudicazione della gara per la gestione dei rifiuti ad Agrigento del cugino del neo sindaco, Giancarlo Alongi.
Ad Agrigento l’appalto per la gestione della munnizza per eleggere un sindaco è stato sempre una fattore determinante. Basta pensare alle passate vicende con pesanti code giudiziarie che hanno determinato l’elezione dell’ex senatore ed ex sindaco di Agrigento, Calogero Sodano, imputato a Palermo in un processo per mafia ed appalti. Tale processo si sta celebrando anche per stabilire se sono illegali gli affidamenti per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti assicurati, anche allora, alla Iseda e alla Sap (ora Sea) dal 1997 al 2004, sempre da parte del Comune di Agrigento. La prossima udienza è fissata per il 24 giugno davanti al Gup del Tribunale di Palermo, Sergio Ziino.
Nel ’97 Sodano, pensate un po’, affidava i servizi di pulizia, raccolta e smaltimento dei rifiuti, per 50 miliardi di vecchie lire, alla Iseda-Sap. Nel 2015 a gestire l’intero ciclo dei rifiuti nell’Agrigentino è sempre lo stesso raggruppamento di imprese capeggiato dalla Iseda. A spianare questa volta la strada alla ditta Alongi & company è stata Luciana Giammanco, figlia dell’ex procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, Pietro Giammanco, con il quale Giovanni Falcone non sembrava andare sempre in sintonia. La Giammanco, che alla Regione siciliana ha fatto una carriera fulminante (è transitata alla Regione da un ente secondario: ma questo non le ha impedito di diventare dirigente generale grazie al governo regionale di Raffaele Lombardo: incarico confermatole dall’attuale governo regionale di Rosario Crocetta) è, tra le altre cose, il commissario straordinario che ha sostituito il sindaco Marco Zambuto, dimessosi a seguito di una condanna penale, in primo grado di giudizio, per abuso d’ufficio, in applicazione della legge Severino. La Giammanco, in quanto commissario del Comune di Agrigento, ha sostituito anche il vecchio Consiglio comunale della Città dei Templi, costretto a dimettersi in blocco a causa dell’incalzare di alcune inchieste giudiziarie. E’ stata proprio la Giammanco a far pubblicare un bando per affidare, una settimana prima delle recenti elezioni comunali, i servizi di pulizia, raccolta e smaltimento dei rifiuti, non tenendo conto, ad esempio, dell’ultima legge regionale che regola tale settore, la n. 3 del 2013 che prevede, al comma 2 ter dell’art. 1. In base a questa legge, per espletare una gara d’appalto è necessaria la redazione di un piano di intervento, con relativo capitolato di oneri e quadro economico di spesa, coerente al Piano d’ambito approvato dall’assessorato regionale dell’Energia e dei Servizi di pubblica utilità, Dipartimento regionale dell’acqua e dei rifiuti. Senza adottare ed inviare alcun Piano all’assessorato regionale competente (che peraltro è retto da un magistrato presso la Procura della Repubblica di Palermo, la dottoressa Vania Contraffatto), la dottoressa Giammanco ha pubblicato un bando di gara che scadeva, nella sua prima stesura, l'11 Maggio. Si tratta di una sorta di copia e incolla di un vecchio bando risalente al 2007 che prevedeva la durata di tali servizi, in quel caso per 19 Comuni, per un massimo di due anni, ma che ha consentito ad un raggruppamento di imprese, con capofila sempre e comunque la Iseda, di ottenere, come ho denunciato alla Commissione bicamerale d’inchiesta, dal 2009 in poi, 6 anni di proroghe del valore di oltre 200 milioni di euro. Proroghe che, come ho già detto, sono state ritenute illegittime da parte dell’Autorità Nazionale per la Concorrenza ed il Mercato. Il bando pubblicato dalla dottoressa Giammanco non prevede, tra l’altro, la gestione in house che era stata decisa dal decaduto Consiglio comunale di Agrigento; gestione di gran lunga più conveniente, poiché, escludendo il ricorso a ditte esterne, avrebbe escluso la partecipazione delle imprese che, a partire dalla Iseda, hanno affermato un vero e proprio monopolio illegale. Con la gestione prevista nel Piano che avevano approvato i consiglieri comunali agrigentini, si sarebbe passato da un costo previsto nel bando della Giammanco di oltre 16 milioni di euro ad un costo inferiore ai 10 milioni di euro, con la conseguente, sensibile riduzione della tassa sui rifiuti.
Non mancano altre ‘chicche’: i termini di presentazione delle offerte scadevano inizialmente alle ore 12:00 dell’11 maggio 2015, termine che con successivo atto dirigenziale è stato spostato al 25 maggio 2015. Il bando prevedeva particolari e curiosi requisiti: è stato oggetto di modifiche non pubblicate nella Gazzetta Ufficiale e la relativa gara d’appalto, che originariamente si doveva svolgere presso l’Urega (Ufficio regionale gare d’appalto), come prevede la normativa vigente in materia, è stata effettuata presso il comune di Agrigento. Tutto ciò emerge da un articolato ricorso amministrativo presentato da un’associazione di categoria, Casartigiani. La dottoressa Giammanco con questa contestata aggiudicazione (risalente al 26 Maggio scorso) di tali servizi di igiene ambientale per due anni consecutivi, prorogabili di un altro anno, forse ha voluto togliere dall’imbarazzo il neo sindaco Firetto che, appena insediatosi, avrebbe dovuto affidare ancora una volta a suo cugino Giancarlo Alongi tale appalto del valore di decine di milioni di euro. Ma anche Sergio Vella ed il suo compare d’anello, il ministro Angelino Alfano, titolare dell’altra ditta, la Seap che assieme alla Iseda sono risultate ancora una volta vincitrici dell’appalto, sono stati sufficientemente tutelati e garantiti. Così Firetto ed Alfano non avranno dietro la porta a bussare i propri cugini e compari per continuare a gestire i rifiuti nella città dei Templi! La dottoressa Giammanco alle accoppiate Firetto-Alongi e Alfano-Vella ha, come si suole dire in Sicilia, fatto trovare la tavula stisa e lu pani munuzzatu. A noi non ci resta che augurare loro buon pranzo!
Foto tratta da storiografia.me
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