La Voce di New York è stato l’unico giornale che ha scritto che lo Stato ha scippato alla Regione siciliana quasi 4 miliardi di euro (per essere pignoli, si tratta di circa 3 miliardi e mezzo di euro). L’ha scritto la scorsa settimana il nostro Massimo Costa (come potete leggere in questo articolo, dove la storia è raccontata per filo e per segno). Come mai, ci chiedono tanti lettori, una notizia del genere sta passando nel silenzio generale? Qualcuno aggiunge: “Non è che vi siete sbagliati?”. Purtroppo, per la Sicilia, non ci siamo sbagliati. Ora proveremo a dimostrare non solo che quello che ha scritto Massimo Costa è corretto (per completezza d’informazione, Massimo Costa ha preso spunto da alcune considerazioni di Riccardo Compagnino, un esperto di contabilità pubblica), ma anche che, grazie a questo ennesimo scippo che, come vedremo, si dovrebbe completare nei prossimi due anni, lo Stato italiano, ancora una volta, ha aggiustato i propri conti a spese di 5 milioni di ignari siciliani.
Cominciamo col dire che con il decreto legislativo 118 del 2011 – che da quest’anno viene applicato alla Regione siciliana, ma non ai Comuni dell’Isola: e questa è la prima assurdità che la dice lunga sulla ‘legalità’ in materia di contabilità pubblica nell’anno di grazia 2015 – si introducono novità nel modo di appostare in Bilancio i crediti. Semplificando, fino all’anno scorso si inserivano in Bilancio le somme che scaturivano anche dal diritto di riscossione; a partire da quest’anno si inseriscono le somme certe, provando a far coincidere la ‘cassa’ con la competenza. Insomma, con il decreto 118 si deve procedere al riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi. Per residui attivi si intendono i crediti da riscuotere; per residui passivi le somme impegnate ma non spese. Mettiamo da parte i residui passivi e analizziamo i residui attivi.
Sul piano teorico, osservando il saldo finanziario del Bilancio regionale 2015 e la proiezione triennale (cioè i dati del 2016 e del 2017), scopriamo una bella notizia: la Regione siciliana, per dirla con Renzi, ha un ‘tesoretto’ finanziario di circa 14 miliardi e 200 milioni di euro circa. Un avanzo finanziario ragguardevole costituito da fondi non regionali, ma da crediti che la Regione vanta, per lo più, nei confronti dello Stato.
Negli anni precedenti l’avanzo finanziario veniva rilevato – per un importo considerevolmente inferiore – esclusivamente nel primo esercizio e non distingueva tra fondi non regionali e regionali. Quest’anno i siciliani sanno che hanno un credito nei confronti di un soggetto “non regionale” – lo Stato – e questa è sicuramente una notizia che, in teoria, dovrebbe essere rassicurante.
A questo punto emerge la prima anomalia. Leggendo alcuni dei numeri di Bilancio del 2015 ci accorgiamo che l’avanzo di amministrazione, dal 2014 al 2015, si è ridotto del 47,32%, passando da circa 7 miliardi 378 milioni di euro (del 2014) a circa 3 miliardi e 876 milioni di euro (del 2015). Che è successo? Semplice: l’assessorato regionale all’Economia, retto dal toscano Alessando Baccei (imposto alla Sicilia dal governo Renzi), ha accertato che il 47% dei crediti dello Stato verso la Regione siciliana sono di “difficile esigibilità”. Così li ha tolti e li ha trasferiti nel Bilancio regionale del 2016.
Domanda: a che titolo l’assessorato regionale all’Economia, che dovrebbe fare gli interessi della Sicilia, stabilisce che i soldi che lo Stato deve alla Regione sono di “difficile esigibilità”? O forse è lo Stato italiano che, non sapendo più dove trovare i soldi per far quadrare i propri conti davanti al rigore dell’Unione europea, ha deciso di non pagare una parte cospicua dei propri debiti verso la nostra Isola, imponendo alla Regione siciliana il taglio del 47,32% dalle proprie entrate? Non c’è bisogno di essere raffinati economisti per arguire che, con questa mossa, lo Stato ha messo tra le proprie disponibilità finanziarie del 2015 i circa 3 miliardi e mezzo di crediti che, invece, sono spariti dal Bilancio 2015 della Regione siciliana!
Questi soldi che sono spariti dal Bilancio regionale 2015 dovrebbero rientrare nei Bilanci del 2016 e del 2017. Leggendo le ‘carte’ dovrebbe essere così. Il Bilancio regionale, visto in proiezione triennale, rileva un credito verso soggetti “non regionali” (cioè verso lo Stato) pari a 10 miliardi 348 milioni e 747.000 euro per il finanziamento di spese negli anni 2016-2017. Insomma, per il prossimo anno, stando a quello che leggiamo nel Bilancio regionale, non ci dovrebbero essere problemi per i precari, per i forestali, per i Comuni, per i dipendenti delle nove Province (che ci sono ancora) che temono di restare senza stipendi, per le società regionali e via continuando. Le cose stanno così o la proiezione triennale è solo fumo negli occhi per nascondere la realtà? Che ne pensa l'assessore Baccei (nella foto a sinistra)?
Certo, i precedenti riguardo ai residui attivi “non regionali” non sono tranquillizzanti, forse perché anche in questo caso vale il detto che “a pagare c’è sempre tempo”! Infatti nella Relazione sulla situazione economica della Regione del 2012, alle pagine 154 e 155, la Regione informa che “l'elevato l'importo dei residui riguarda entrate non direttamente amministrate dagli uffici regionali, poiché la relativa gestione è svolta dall'Amministrazione finanziaria dello Stato, non essendo mai stata trasferita alla Regione la relativa potestà. Gli uffici regionali non hanno mancato di rappresentare all'Amministrazione finanziaria dello Stato la necessità di approfondire la cause ostative alla loro riscossione”.
Insomma, lo Stato deve alla Regione siciliana – è scritto nel Bilancio regionale 2015 e nella proiezione 2016 e 2017 – circa 14 miliardi di euro. Magari non saranno 14 miliardi, visto che non è detto che i crediti di un “soggetto non regionale” siano tutti dello Stato. Gli facciamo uno sconto di 4 miliardi e diciamo che lo Stato deve alla Regione siciliana 10 miliardi di euro? Bene: mettiamo da parte anche gli effetti positivi dei contenziosi Stato-Regione ai quali il governatore dell’Isola, Rosario Crocetta, ha rinunciato per quattro anni? Mettiamo da parte anche i 600 milioni all’anno che lo Stato scippa alla Sicilia con un’interpretazione truffaldina della Finanziaria nazionale del 2007? Mettiamo pure da parte i fondi della perequazione fiscale e infrastrutturale previsti dalla legge sul federalismo fiscale non applicata ai Comuni siciliani? Dopo non aver considerato tutti questi scippi ci chiediamo e chiediamo: come mai se lo Stato deve alla Regione circa 10 miliardi di euro lo stesso Stato si è preso 915 milioni di euro nel 2013, un miliardo e 150 milioni di euro nel 2014 e un miliardo e 350 milioni di euro dal Bilancio di quest’anno?
Insomma come funziona questo Stato italiano? Quando c’è da prendere soldi alla Regione siciliana, se li prende dalla ‘cassa’; quando invece deve pagare i debiti alla Regione siciliana, oplà, gli stessi debiti diventano residui attivi di “difficile esigibilità” e si vanno a ‘spalmare’, negli anni successivi, sempre sotto forma di residui attivi. E’ corretto questo modo di gestire la contabilità pubblica? Chi è che sta entrando in default? Lo Stato italiano o la Regione siciliana? E come mai questi dati – che sono ufficiali – non vengono illustrati e commentati dai grandi giornali italiani? Forse perché si scoprirebbe che è lo Stato che è in torto verso la Sicilia, rovinando le trasmissioni delle Tv di Stato e delle Tv di Berlusconi dove la Sicilia è, per antonomasia, “sciupona”, mentre il governo Renzi è “bravo e virtuoso”?
La Corte dei Conti per la Sicilia è sempre stata molto attenta ai residui attivi della Regione siciliana. Lo sarà anche stavolta rispetto ai 'magheggi' contabili di Renzi, Baccei & compagni? Il Pd siciliano e i partiti politici che governano la Sicilia non hanno nulla da dire?
Ma come: si tagliano le pensioni, si tagliano gli stipendi, si dimezzano i dirigenti regionali, si riduce il chilometraggio agli operai della Forestale, si tagliano soldi ai Comuni e alle Province, ci sono Comuni che non riescono a pagare i propri dipendenti e poi scompaiono dalle entrate 2015 del Bilancio regionale circa 3,5 miliardi di euro nel silenzio generale?
Il paradosso è che questo raggiro di Stato, messo in piedi per 'aggiustare' i conti dell'Italia agli occhi dell'Unione europea, va in scena mentre due siciliani e una donna eletta in Sicilia sono ai vertici delle più alte cariche dello Stato: il siciliano Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica, il siciliano Piero Grasso alla presidenza del Senato e Laura Boldrini, eletta in Sicilia, alla presidenza della Camera dei deputati…
Foto tratta da cronaca.nanopress.it