“Dilettante”, “giocatore d'azzardo”, “irresponsabile”. Sono solo alcune delle definizioni date ieri dall'eurogruppo al ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis. Sembra che nelle ultime ore tutti i potenti d'Europa si stiano allineando alla volontà della Merkel di continuare ad imporre la infruttuosa austerità alla Grecia, che a gennaio ha democraticamente scelto di votare un programma lontano dalle politiche adottate dal 2009, anno della prima più grande crisi economica greca, alla fine del 2014. Non è mai superfluo ricordare da cosa era stata generata tale crisi e in cosa sono consistite tali politiche: i due grandi fattori della crisi erano un debito elevato e costi e prezzi inflazionati che avevano lasciato il Paese nelle condizioni di non competere.
In cambio dei prestiti ricevuti dall'Europa, i gruppi dirigenti greci si sono impegnati ad adottare misure disastrose quali: tagli alla spesa, aumenti delle tasse, tagli ai salari ridotti del 25 per cento. Perfino uno studente delle scuole medie riesce ad intuire che la distruzione del potere di acquisto non può che acuire la recessione, creando una sofferenza paragonabile alla Grande depressione dei primi anni ’30 del secolo passato ed una vasta crisi umanitaria. Risultato: intere famiglie sfrattate, pazienti allontanati dagli ospedali perché non possono pagare la tassa di ingresso di 5 euro (espulsi senza le necessarie medicine perché le strutture sanitarie a corto di liquidità sono al collasso), giovani costretti ad abbandonare gli studi e con essi i loro sogni. Insomma intere generazioni private di futuro.
La reazione del popolo greco non ha tardato a farsi sentire e così, a gennaio di quest’anno, va al governo Syriza, ultima speranza per un Paese giunto al limite di sopportazione. Di fronte ad una vera e propria emergenza umanitaria come quella appena descritta, mi vengono i brividi nell'apprendere che Varoufakis sarebbe un dilettante giocatore d'azzardo, un irresponsabile per non aver voluto rinunciare ai seguenti tre punti: 1) stop ad un'ulteriore riduzione delle pensioni; 2) evitare che la prima casa di chi ha debito con lo Stato vada all’asta; 3) poter usare parte dell’avanzo primario per finanziare le politiche sociali. Sì, sì, abbiamo letto bene: un governatore chiede un pizzico di senso di umanità per il suo popolo e questi viene liquidato con un agghiacciante “irresponsabile”. No, no, tranquilli, non ci siamo introdotti in una macchina del tempo che ci ha portato indietro di secoli: siamo proprio nel 2015, nella “civile” Europa del 2015, culla dell'umanesimo, dell'Illuminismo, dei principi dell'uguaglianza, della libertà, della fratellanza. Soprattutto della fratellanza…
Si potrebbe rispondere che l'economia segue leggi diverse. E invece neanche questo: pochi sanno che giusto qualche giorno fa, il premio Nobel per l'economia, Paul Krugman, in occasione di una conferenza tenutasi a Bruxelles, ha pesantemente criticato la “debolezza” dei socialisti europei che non hanno avuto il coraggio di opporsi al “dogma” dell'austerità, pur sapendo che tale “politica del risparmio” può solo danneggiare ulteriormente l'economia e non servirà mai a risanare il debito pubblico”. Naturalmente l'economista non manca di rivolgersi direttamente al ministro tedesco Schäuble: “Sebbene il mercato offra ai governi europei i tassi d'interesse più bassi della storia, i governi non possono approfittarne per investire nel sociale a causa del veto posto dalla Germania. Evidentemente – conclude Krugman – Schäuble non ha imparato nulla negli ultimi cinque anni”.
“La soluzione per la Grecia sarebbe semplice e sotto gli occhi di tutti – ribadisce Krugmann sia alla suddetta conferenza, sia in un'intervista al New York Times del 20 Aprile -: è assolutamente necessario che la Grecia non produca ulteriore deficit; contemporaneamente i creditori dovrebbero disobbligare il Paese dal pagamento dei debiti aspettando che si riprenda economicamente. Un tale accordo preparerebbe il terreno ad una ripresa dell’economia, forse all’inizio lenta, ma alla fine offrirebbe qualche speranza”. Insomma, il premio Nobel dell'economia mette a disposizione la sua sapienza, ma questa viene clamorosamente ignorata dall'Europa e, mi pare, anche dalla stampa. Si preferisce invece la brutale via imposta dalla Germania che pure, come stimato dal professor Ritschl in un articolo presentato nel 2012 alla quarantesima Conferenza di Scienze Economiche, oggi sarebbe in debito di 2,2-2,3 trilioni di euro (equivalente all’incirca a un anno intero di Pil della Germania attuale) se, all'indomani della seconda guerra mondiale, non fosse stata graziata anche con il benvolere degli americani per i quali il rafforzarsi dell'economia tedesca doveva fare da argine all'Urss.
La Merkel tuttavia continua ad imporre la sua austerità usando un ritornello tanto banale quanto impressionante che serve solo a garantirle la sua buona fetta di elettorato : “I Paesi Ue sono pieni di debiti e noi no, per cui ci tocca insegnargli come si fa ad uscirne e se non ci riescono, non meritano nessuna solidarietà”. Molto brava la cancelliera nell'arte di interpretare come pochi altri politici le idee e gli umori del cittadino medio del suo Paese, ma dimentica la storia e Tsipras fa bene a ricordargliela. Non solo: nessuno si scandalizza che come argomentazioni in difesa di una linea politica vengano riportati discorsi quasi etnico-razziali che fanno cioè riferimento alle qualità di un popolo, nella fattispecie tedesco? Nel giorno dopo la commemorazione del settantesimo anno della Liberazione preferisco fermarmi qui.