Nel Mediterraneo sconvolto da guerre e solcato ogni giorno dalle petroliere e dalle ‘carrette’ del mare’ cariche di migranti c’è un mondo che, nei giornali e nelle tv, passa spesso in secondo piano: il mondo della pesca. Noi, da siciliani, guardiamo ai problemi dei pescatori con gli occhi delle marinerie della nostra Isola, con in testa Mazara del Vallo. Ma questo settore interessa tutti i Paesi che si affacciano nel Mare Nostrum e, come vedremo, anche imbarcazioni che provengono da altre parti del mondo. Flotte pescherecce che arrivano da chissà dove, ormai costantemente presenti nei nostri mari per pescare il Tonno Rosso del Mediterraneo, le cui carni sono considerate tra le migliori del pianeta. Ma andiamo con ordine.
C’è una grande confusione, oggi, nel mondo della pesca siciliana. I problemi sono tanti, non sempre di facile soluzione. Si comincia con i regolamenti sulla pesca introdotti dall’Unione europea e contestati dai pescatori della nostra Isola. Ma c’è anche il problema della Libia, che oggi è una polveriera. Un dramma, per la marineria di Mazara del Vallo, perché da quelle parti si pesca il gambero rosso, da sempre fiore all’occhiello dei pescatori mazaresi. E con il caos che c’è in Libia questo tipo di pesca, oggi, è rischioso. Se a questo si aggiunge il caro-gasolio (che, in verità, riguarda anche altre marinerie dell’Isola), lo scenario diventa estremamente problematico.
Poi c’è la questione della pesca del Tonno Rosso del Mediterraneo. Vicenda dalle tante sfaccettature, non sempre comprensibili. Qualche anno fa sembrava che il Tonno del Mediterraneo fosse a rischio di estinzione. Da qui una riduzione della pesca al Tonno imposta nei nostri mari dall’Iccat, la Commissione internazionale per la conservazione dei tunnidi dell’Atlantico, autorità mondiale in materia di pesca del tonno. Oggi, stando a quanto denunciano i pescatori siciliani, la presenza di questi pesci pelagici è aumentata a un livello tale da mettere in discussione la presenza di sardine e acciughe (che sono il nutrimento principale dei tonni).
In tutto questo c’è anche uno ‘sforzo di pesca’ storicamente eccessivo che, almeno in certe aree del Mediterraneo, ha ridotto la presenza di alcune specie ittiche. Il tutto mentre la Sicilia rimane ancora indietro nell’allevamento di pesci, sia nelle vasche a terra, sia nelle gabbie ancorate in mare. Quindi, quasi a chiudere il cerchio dei grandi problemi di questo settore, ci sono le trivellazioni in mare per la ricerca di idrocarburi promosse dal governo Renzi. Scelta, quella operata dal governo nazionale, che ha scavalcato le competenze delle Regioni. E non è certo un caso se sei Regioni italiane si sono rivolte alla Corte Costituzionale, contestando quella parte del ‘Decreto sblocca Italia’ che liberalizza le ricerche di petrolio e gas: questione che non riguarda solo il Canale di Sicilia, ma anche l’Adriatico e il Tirreno. Problema serio legato al pericolo d’inquinamento: basti pensare all’incidente avvenuto nel 2010 nel Golfo del Messico con il massiccio sversamento in mare del petrolio: sversamento durato 106 giorni con milioni di barili di petrolio che ancora oggi galleggiano nelle aree marine antistanti il Mississipi, la Luisiana, l’Alabama e la Florida. Inquinamento che nel Mediterraneo potrebbe avere effetti devastanti, trattandosi di un mare chiuso (in caso di un incidente simile a quello avvenuto nel Golfo del Messico nel Mediterraneo verrebbe messa in discussine la pesca, a cominciare dalla pesca al Tonno Rosso). Non a caso contro le trivelle, oltre ai ricorsi di sei Regioni (tra le quali non c'è la Sicilia di Rosario Crocetta), protestano i Comuni siciliani e gli ambientalisti, che denunciano anche i pericoli legati alle tecniche utilizzate per ricercare idrocarburi, che danneggerebbero i fondali e, quindi, la flora e la fauna.
Come si può notare, i problemi sono tanti. Anche se, in questi giorni, la priorità sembra essere rappresentata da alcune richieste che i pescatori siciliani di tante marinerie hanno inoltrato all’assessore regionale all’Agricoltura, branca dell’amministrazione che si occupa della pesca. Il Comitato per la difesa della pesca artigianale siciliana ha preparato un documento che è stato inviato al governo della Regione. I pescatori siciliani si rivolgono all’assessore, Nino Caleca, chiedendo, in particolare, di poter utilizzare la ‘Ferrettara’ con maglia da 18 centimetri. Si tratta di un attrezzo che è stato bandito dall’Unione europea. I pescatori chiedono inoltre di poter pescare il Novellame di Sarda (in Sicilia si chiama ‘Neonata’). E chiedono, poi, di poter pescare il Tonno Rosso del Mediterraneo (attualmente sono solo 27, in Sicilia, le imbarcazioni che possono pescarlo con le reti di circuizione).
“Non intendiamo più restare in silenzio di fronte al collasso economico della pesca artigianale – ha dichiarato al Giornale di Sicilia Bernardo Guercio, pescatore dell’Arenella (borgata marinara di Palermo) e responsabile del Comitato -. Sia l’Unione europea, sia i nostri governi nazionali e regionali che si sono succeduti in questi ultimi anni hanno letteralmente massacrato la nostra attività, impedendoci di fatto di poter andare a lavorare. Figuratevi che, secondo le normative attuali, se all’interno delle mie reti per sbaglio dovesse finire un tonno, io sono obbligato per legge a rigettarlo in mare”. Quindi la denuncia: “Ci hanno fatto spendere migliaia di euro per acquistare una nuova rete con maglia da 18 centimetri e, dopo pochissimo tempo, l’hanno abolita. Questi signori stanno giocando col futuro dei nostri figli, perciò vogliamo risposte immediate”.
In Sicilia, da qualche tempo, è ‘sbarcata’ la Lega Nord, che ha dato vita al movimento ‘Noi con Salvini’. A scendere in difesa dei pescatori è un esponente leghista della Sicilia, Francesco Vozza, responsabile della comunicazione del Comitato dei pescatori: “I pescatori siciliani – dice Vozza – vanno aiutati in ogni modo e ad ogni livello istituzionale. Serve un impegno concreto della Regione siciliana, del governo nazionale e del Parlamento europeo stesso. Non si possono imporre norme incomprensibili ad un settore come quello della pesca, che soffre già della concorrenza sleale delle importazioni dei Paesi extraeuropei. Matteo Salvini si sta impegnando da europarlamentare per garantire i diritti di questi lavoratori per troppo tempo dimenticati dalla politica. Che lo facciano anche tutti gli altri, altrimenti con la morte del settore della pesca artigianale, morirà anche una parte della nostra Sicilia”.
Un altro protagonista della pesca siciliana è Giovanni Tumbiolo, inventore e animatore del distretto della Pesca di Mazara del Vallo. Tumbiolo, esponente di una famiglia di armatori della più grande marineria italiana, da anni, porta avanti l’idea della ‘Blue Economy’, ovvero la responsabilità individuale e multilaterale per la salvaguardia delle risorse ittiche attraverso una pesca razionale ed eco-sostenibile. Il presidente del Distretto della Pesca di Mazara del Vallo, già da alcuni anni, ha incardinato un dialogo fattivo con i Paesi del Nord Africa. L’obiettivo è quello di avviare la collaborazione tra le marinerie siciliane e questi Paesi. Un progetto ambizioso e lungimirante, che ha dato già qualche frutto. Ma Tumbiolo opera in solitudine. Con una Regione siciliana che non ha mai avuto una politica sulla pesca. E che soltanto nella seconda metà degli anni ’80 del secolo passato ha provato a dialogare con i Paesi del Nord Africa.
Il grande lavoro di Tumbiolo è stato in parte compromesso dai problemi che negli ultimi anni hanno investito la Tunisia, la Libia e l’Egitto. I problemi maggiori, oggi, sono con la Libia. Nelle scorse settimane Tumbiolo, sollecitato dal Coordinamento Filiera Ittica Mazara (Distretto Produttivo della Pesca, Confederazione Imprese Pesca Mazara-Federpesca, Confederazione Imprese Pesca-Coldiretti, Co.Ge.P.A. Mazara-Lega Pesca, Fiume Mazaro-Unci Pesca, O.P. "Il Gambero e la Triglia del Canale", e dai sindacati Flai-Cgil, Uila-Uil e Fai-Cisl), si è rivolto alla residenza dell'Ambasciatore d'Italia a Tunisi, chiedendo alla Stato italiano di sostenere i pescatori siciliani con il pattugliamento delle zone di pesca antistanti le coste della Libia con navi militari italiane per garantire la sorveglianza dello spazio marittimo in acque internazionali.
La risposta delle autorità del nostro Paese non si è fatta attendere. Sono intervenuti il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, con una lettera indirizzata allo stesso Tumbiolo. Le autorità del nostro Paese hanno invitato i pescatori mazaresi alla cautela, alla luce delle difficili condizioni politiche e sociali in cui oggi si dibatte la Libia. "E' in atto – si legge nella lettera del Ministro Gentiloni – una riflessione approfondita con tutte le amministrazioni interessate sulle misure necessarie a meglio tutelare il nostro naviglio nell'area. Le confermo – aggiunge il Ministro rivolgendosi a Tumbiolo – che, non appena ve ne saranno le condizioni, sarà riavviata un'azione ad ampio raggio a sostegno degli interessi italiani nel settore".
Sulla vicenda è intervenuta anche l'eurodeputata siciliana, Michela Giuffrida, che ha chiesto il ripristino delle condizioni di sicurezza nelle aree marine dove, tradizionalmente, operavano i pescherecci d’altura di Mazara del Vallo. Questione complessa, che risale agli anni di Gheddafi. E’ stato, infatti, il Colonnello, nel 2005, ad estendere unilateralmente la sovranità della Libia fino al limite di 74 miglia marine dalla costa (il diritto internazionale assicura ad un Paese una sovranità pari a circa 12 miglia marine). Di fatto, con tale mossa, la Libia di Gheddafi si è impossessata delle zone più pescose, con particolare riferimento alle aree marine particolarmente ricche di gambero rosso.
Detto questo, di tornare a pescare nelle acque libiche in questo momento non se ne parla nemmeno. E’ troppo pericoloso. Cosa che i pescatori di Mazara del Vallo sanno già, se è vero che, ormai da anni, pagano un prezzo salato ai Paesi del Nord Africa. Negli ultimi anni sono stati 130 i pescherecci sequestrati da unità militari navali di vari Paesi nord africani. Cinque di questi motopescherecci sono stati confiscati. Oltre 350 pescatori sono finiti nelle carceri tunisine, libiche ed egiziane. Quasi una ‘guerra’ con conta tre pescatori morti e oltre dieci i feriti dai colpi di arma da fuoco dei militari stranieri. Per non parlare dei danni economici: 30 milioni di euro circa pagati tra multe, riscatti e ammende varie. E, ancora, sequestro del pescato, delle reti e delle attrezzature con perdite stimate in oltre 60 milioni di euro.
Non va meglio nella pesca del Tonno Rosso del Mediterraneo. Nel notiziario della pesca dell’Ansa si legge: “La presenza di troppi tonni nel Mediterraneo per via del blocco alla pesca imposto dall'Ue sta mettendo in ginocchio i pescatori di sarde e acciughe, tipologia di pescato che sta cominciando a scarseggiare perché preda preferita dei grossi pesci. Alcune aziende di trasformazione cominciano ad avere problemi, tanto che acquistano grosse partire di sarde e acciughe provenienti dal Tirreno o dall'Adriatico, o addirittura da Spagna e Francia, con un considerevole aumento dei costi. Altre ditte hanno chiuso e hanno preferito delocalizzare la produzione in Tunisia, Algeria e Marocco”.
“A lanciare l'allarme – prosegue l’Ansa – sono i pescatori di Sciacca, provincia di Agrigento, marineria specializzata nella pesca di sarde e acciughe, che hanno chiesto aiuto al governo della Regione siciliana. ''Il mare di Sciacca è pieno di tonni, anzi è tutto tonno – dice Gaspare La Rocca, armatore -. Non c'è più pesce azzurro da due o tre anni. Quando l'Ue ha deciso di limitare a un mese all'anno la pesca del tonno, questi sono aumentati in maniera esponenziale. E' una legge assassina, che consente solo a pochi in Italia di pescare il tonno, mentre noi moriamo. Lo Stato deve intervenire per cambiarla. Pesce spada non ne prendiamo più, sarde nemmeno, i tonni non li possiamo pescare perché altrimenti commentiamo un reato. Stiamo morendo e si stanno producendo danni enormi all'ecosistema marino".
Sui problemi legati alla pesca del Tonno Rosso del Mediterraneo è intervenuto anche il presidente dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) della Sicilia, il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Che ha inviato una lettera al Ministro dell’agricoltura e della Pesca, Maurizio Martina, al sottosegretario per le Risorse agricole, alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione e al già citato assessore regionale all’Agrticoltura, Caleca. “Ritengo doveroso evidenziare la condizione di crisi dei pescatori siciliani – sottolinea Orlando – chiamati ad adeguarsi alle limitazioni imposte da direttive e norme europee, nazionali e regionali, e ciò in particolare riferimento alla salvaguardia dei delfini. Negli anni passati – aggiunge Orlando – si è riscontrata nelle acque siciliane una diminuzione di tonni che è stata fronteggiata con l’assegnazione di quote ad un numero limitato di imbarcazioni. Di recente la situazione è del tutto modificata e si assiste ad un sovrappopolamento di tonni che rende le quote del tutto inadeguate, producendo sacche di privilegio ormai immotivate e in favore di un ristretto numero di operatori del settore”.
“Tutto ciò – conclude il presidente dell’Anci Sicilia – ha reso insopportabilmente onerose le attività della stragrande maggioranza di pescatori, non muniti di autorizzazione/quota e finisce con l’alimentare un mercato nero del prodotto, anche con fenomeni di subalternità economica di moltissimi pescatori rispetto al titolare di quote/tonno”.
Il tema è delicato e riguarda non soltanto la pesca del Tonno Rosso del Mediterraneo, ma anche a pesca di acciughe e sarde. A Sciacca, da decenni, operano industrie per la salagione di pesce azzurro (sarde e acciughe in netta prevalenza) che, in verità, da sempre si riforniscono di pesce proveniente da altre marinerie italiane. Solo che, adesso, la situazione è precipitata, perché la presenza di tanti tonni fa venire meno sarde e acciughe.
Una digressione merita anche lo stesso Tonno Rosso del Mediterraneo, che viene pescato da imbarcazioni di mezzo mondo. Si tratta di un business notevolissimo, imperniato sul Giappone, che è disposto a pagare a prezzi anche molto elevati per gli esemplari di Tonno del Mediterraneo che, come già ricordato, per le sue particolari caratteristiche organolettiche, viene considerato uno dei migliori del mondo. Fino a qualche anno fa, quando la presenza di Tonno Rosso era normale, le imbarcazioni da pesca che catturano i tonni con le reti di circuizione (si tratta della tipologia di pesca che consente la cattura di grandi quantità di tonni) si ingegnavano e mettevano in atto ogni sorta di stratagemma pur di aumentare il quantitativo di catture. Su giornali di sette, otto anni fa si leggeva anche di aerei ed elicotteri che venivano impiegati per avvistare i branchi di tonni. Pratiche di pesca scorrette, che venivano sanzionate dalle autorità.
E oggi? Quello che succede nel Mediterraneo, in materia di pesca del Tonno Rosso, non è per niente chiaro. Gli esemplari di Tonno Rosso, oggi, denunciano i pescatori siciliani, sono tantissimi. E non mancano, nel Mare Nostrum, le navi-fattoria che pescano e lavorano i tonni in mare per alimentare il mercato giapponese. Da qui una domanda: ma se gli esemplari di Tonno Rosso del Mediterraneo sono così tanti, a questo punto non converrebbe riaprire le tonnare siciliane? Ricordiamo che le tradizionali tonnare erano presenti in quasi tutte le aree costiere della Sicilia. Tonnare che sono state chiuse per la riduzione numerica dei tonni che le rendevano poco economiche. Se oggi riaprissero le vecchie tonnare qualcuno le proibirebbe?
Una delle poche cose chiare, in questa storia del Tonno Rosso del Mediterraneo, è che i pescatori del Sud Italia, tanto per cambiare, sono danneggiati. Vedono passare sotto il naso tanti Tonni. Ma non li possono pescare oltre un certo limite, perché l’Iccat assegna ad ogni Paese le cosiddette ‘quote-Tonno’, ovvero un certo numero di esemplari da catturare. Oltre la quota assegnata ad ogni Paese non si può andare per non ridurre gli stock di questo pesce pelagico. Ma se quello che dicono i pescatori siciliani è vero – e cioè che il Mediterraneo, oggi, è pieno di Tonni, che si mangiano tutte le sarde e le acciughe – a che servono queste prescrizioni?
Il dubbio è che queste restrizioni alla pesca del Tonno Rosso, alla fine, alimentino un sistema in cui pochi guadagnano un sacco di soldi, mentre la maggioranza dei pescatori (e tra questi, neanche a dirlo, ci sono i pescatori siciliani) fanno la fame.
Foto tratta da meteoweb.eu