Qualcuno deve avere il coraggio di gridarglielo in faccia, senza timori reverenziali e senza paura di ricatti. Se qualcuno già lo ha fatto in maniera esplicita e brutale, e questo mi è sfuggito, mi scuso e mi complimento con lui.
Proprio come Lutero (lui sì in perfetta buona fede e in totale sintonia con le proprie concezioni teologiche), che aveva incitato i prìncipi tedeschi a lavarsi le mani nel sangue dei contadini tedeschi, e ciò poco prima delle drammatiche fasi conclusive di quella strage dei contadini che fu l’esito inevitabile della “rivolta” da essi scatenata all’inizio del 1525, frutto anche della sentenza senza appello emessa dal grande Riformatore.
Proprio come Lutero, dicevo, i banchieri tedeschi, mossi però da biechi e ingiustificabili interessi privati e di parte, hanno le mani lorde del sangue di quei bambini (e vecchi) morti in quantità crescente negli ultimi anni in territorio greco, perché in Grecia perdere il lavoro significa perdere anche l’assistenza sanitaria. Una perdita che può essere esiziale per chi non ha nemmeno i mezzi economici per una sussistenza umanamente accettabile, perché vive ampiamente al di sotto dei limiti della povertà.
E le mani lorde le hanno anche la Merkel e i membri del suo governo che hanno tradotto in scelte politiche nazionali ed europee (purtroppo per noi) istanze di un egoismo e di un protezionismo nazionalistico esasperati.
Né mostrano di vergognarsene, la Merkel, i falchi di governo di cui si è circondata e soprattutto i “suoi” banchieri, anzi perseverano con un’ostinazione che fa pensare a resipiscenze di uno spirito di superiorità di razza (dio mi perdoni, ma mi è scappato), e comunque con un atteggiamento di impunità baldanzosa e ribalda.
Basti pensare al moralista dei moralisti, il grande capo della Bundesbank che, da autentico Giove tonante, non la smette di scagliare fulmini a tutto tondo, ma, se non sbaglio, soprattutto contro i più deboli. Forse però l’ultimo fulmine scagliato contro Renzi e contro l’Italia non l’ha controllato bene, perché sembra aver fatto una inversione di rotta e essergli rimbalzato addosso.
Autoreferenzialità economica e politica, e protezionismo nazionalistico, dicevo; non proprio le posizioni migliori attraverso le quali stabilire un corale dialogo con compagni di strada.
Del resto, come chiamare diversamente gli interventi in favore delle banche tedesche che avevano speculato con prodotti finanziari tossici ad alta remuneratività e a pari rischio? Li abbiamo ripianati anche noi europei i buchi economici delle banche tedesche generati in questo modo, lo sapete bene; anch’io di tasca mia e anche i genitori di quei bambini greci di cui parlavo, pur criminalizzati da governo e banchieri tedeschi perché i loro politici non si erano comportati in maniera specchiata nella loro ansia di ingresso in Europa e negli anni della loro permanenza nella Comunità europea.
Tutto vero. Ma da che pulpito arrivavano e continuano ad arrivare le prediche e le sentenze senza appello!
Non era, tuttavia, quella la prima ”donazione” forzata che il governo tedesco imponeva all’Europa.
Forse che i tedeschi hanno dimenticato di aver fatto pagare anche a noi la riunificazione delle “due Germanie” dopo il crollo del Muro di Berlino? Io non l’ho dimenticato e non mi stanco di ricordarlo ad alta voce. Operazione che allora avevo ritenuto giusta e opportuna, e per la quale avevo contributo senza protestare e anzi con soddisfazione, anche perché non avevo capito quanto fosse gravida di sventure per gli europei non tedeschi.
E ora arriviamo alla spudorata violazione del “Six pack” (il cruciale accordo del 2010-2011 per il coordinamento delle politiche economiche europee con le “sei” proposte legislative che hanno rafforzato il famigerato “Patto di stabilità e crescita”) da parte della Germania, la quale non solo non se ne vergogna, ma persevera e la rende ogni anno sempre più consistente a nostro detrimento e danno. E ciò da quattro anni, vale a dire da quando il “patto” è stato sottoscritto da tutti gli Stati membri della Comunità europea, compresa la moralista e moralizzatrice Germania, ovviamente. Anzi, dalla Merkel, per essere più chiari.
Sul sito della Camera dei Deputati italiana si possono leggere con profitto le variazioni e integrazioni di cui il “Patto” (del quale i tedeschi, e i falchi europei con loro allineati, si ostinano a ignorare la parte relativa alla “crescita”) è stato fatto oggetto negli scorsi anni, comprese le puntuali proposte di riforma dell’Italia, la quale col suo preoccupante debito pubblico non ha certo le carte in regola, ma ha sicuramente i conti più in ordine di quanto i “rigoristi” teutonici e nordici vogliono far credere.
Ne ho già fatto un cenno su La VOCE di New York, ma i dati diffusi nei giorni scorsi sulla crescita esponenziale della mortalità infantile in Grecia, e sulle condizioni di salute (o meglio di assenza di salute e di morte tra inaudite sofferenze) delle persone anziane in quel Paese, mi ci fanno tornare sopra. Proprio come mi è stato peraltro chiesto di fare da alcuni lettori del mio articolo che non avevano capito bene la gravità e le caratteristiche di questa violazione.
In ogni caso tornerò a scriverne con crescente sdegno sino a quando la Comunità europea non aprirà una procedura di infrazione contro la Germania per una violazione così grave e reiterata nel tempo. E temo che dovrò tornare a scriverne per parecchio tempo.
Il limite massimo del 6% del prodotto interno lordo del surplus del commercio estero per ciascuno Stato della Comunità europea, stabilito col “six pack” del 2011, aveva come obiettivo immediato quello di impedire un mercato comunitario squilibrato e drogato. Ed è invece proprio quello che sta generando la Germania dei banchieri e dei politici arroganti, solidamente seduti sui loro scranni da impuniti potenti.
La Germania che esporta più del consentito nei Paesi dell’est, impedisce di fatto alle imprese degli altri Paesi membri della comunità di farlo. Ma così facendo crea nel contempo uno squilibrio ancor più grave e degno delle massime sanzioni.
Drena cioè ricchezze a basso costo e in maniera illecita, vale a dire in misura superiore al consentito, e con queste invade il mercato europeo e lo droga, perché lo fa con prezzi assolutamente concorrenziali e fuori mercato. Togliendo così spazi a quei Paesi che poi punisce con la politica del rigore e del rispetto del patto di stabilità.
Da che pulpito! Torno a ripetere. E nessuno dice nulla. Il potente in giacca elegante e cravatta di gran lusso può permettersi di viaggiare gratis, nel senso che non paga il biglietto e nessun bigliettaio osa chiedergli di mostrarlo.
Glielo chiedo io cara signora Merkel. Mi fa vedere il biglietto che non ha?
Lei è un’abusiva, è una che non rispetta i patti che ha sottoscritto, violandoli in maniera compulsiva e sistematica, e lo fa con l’arroganza di chi pretende che il suo elegante vestito e il suo portamento da padrona la autorizzino a questo e ad altro.
Non è così. Non può farlo.
Siamo in democrazia, oppure pensa sempre di essere nella sua ex DDR, in quella Deutsche Demokratische Republik dove è nata e cresciuta, e che, come Lei ben sa, di democrazia non ne aveva da vendere, anzi ne aveva proprio poca, per usare un’espressione morbida.
Oggi noi tutti viviamo, anzi, in una democrazia liberale, nella quale nessuno, nemmeno a un potente come Lei, è permesso di infrangere i miei diritti e la mia libertà; in Europa, viviamo tutti all’interno di uno Stato di diritto, lo sapeva?
E sapeva che le norme comunitarie ricalcano queste balzane teorie? Vale a dire che garantiscono dei diritti a tutti i cittadini e agli Stati membri, ma richiedono nel contempo a questi dei doveri, anzitutto di rispettare le leggi e i patti sottoscritti.
E perché Lei e la sua banda vi limitate solo a pretendere che siano gli altri a rispettare i patti che a voi fanno comodo, e non volete invece rispettare voi quei patti che ritenete dannosi per il vostro Paese e per i vostri interessi (ma perché li avete sottoscritti), sapendo bene di fare ciò a danno degli altri?
Idea balzana di democrazia liberale, ma idea ancora più stravagante per chi vuole veramente costruire insieme con altri una casa comune, quell’Europa che tutti vorremmo.
*Enzo Baldini, Professore ordinario presso la ex Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Torino (ora Dipartimento di Culture, Politica e Società), insegna "Storia del pensiero politico" e "Laboratorio Internet per la ricerca storica". Ha lavorato su internet fin dagli albori della rete, è stato tra i creatori della Biblioteca italiana telematica e poi del consorzio interuniversitario ICoN-Italian culture on the Net del quale continua ad occuparsi
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