La finestra sull'America di Maurizio Molinari, corrispondente da New York del quotidiano La Stampa (a breve da Gerusalemme), arriva a un punto decisivo con il libro L'aquila e la farfalla (Rizzoli, pag. 182, 18,00 euro): Cina e Stati Uniti faccia a faccia, mentre l'inedita debolezza di Washington illumina la via del cambiamento. Nonostante l'impasse dell'America politica ed economica, ci troviamo ancora di fronte alla cosiddetta "società post-razziale" obamiana, una società che progredisce e scavalca i preconcetti, grazie alle minoranze che diventano maggioranza ed esprimono gli interessi della maggioranza – "Come se in Italia, bengalesi, marocchini, albanesi esprimessero il pensiero dei leader politici di maggioranza del Paese o si facessero portatori di un programma che rappresenta gli interessi di tutti gli italiani", commenta Molinari.
Le rivendicazioni etniche d'America sono acqua passata: la vera sfida dei gruppi di immigrati, oggi, è rappresentare gli interessi di tutti. Dalla costa ovest a quella est, il progresso tecnologico evolve e costruisce la sua economia digitale nella Silicon Valley. L'America, spiega Molinari all'Istituto Italiano di Cultura di New York, continua a dare segni di vitalità, con lo sfruttamento dello shale gas "che li renderà presto indipendenti dal petrolio degli sceicchi", con il nuovo welfare di Obama, "erede culturale del New Deal rooseveltiano e della Nuova Frontiera kennediana" che tassa le ricchezze per riequilibrare le disuguaglianze. Che cosa riescono ad assorbire gli europei dalle lezioni americane sulla riforma del lavoro e dell'istruzione? Che cosa dobbiamo attenderci, noi italiani, da queste "cartoline dal futuro" che Molinari restituisce, in attesa di una grande rivoluzione a stelle e strisce?
Il dibattito CHINA VS. US – Which will be the economic superpower of the 21st Century?, che si è tenuto lunedì 16 dicembre all'Istituto Italiano di Cultura di New York, unisce altre due voci per metterci nelle condizioni di capire a chi apparterrà il XXI secolo. Sarà americano oppure cinese? Secondo Federico Rampini (La Repubblica), "quando si parla di Cina, il paragone con l'America è inevitabile. E viceversa". Noi italiani machiavellici o gramsciano-marxisti, che cosa sappiamo realmente della cultura egemone; come la controlliamo? "La tradizione filosofica e politica ci insegna che non possono esserci una sola forza militare o una supremazia economica – aggiunge Rampini – per essere duraturo, un impero deve poter essere ricco di valori, da condividere e scambiare. I leader degli imperi devono essere capaci di costruire un interesse, un'alleanza comune. Ecco quello che l'America ha fatto dopo la Seconda guerra mondiale. Viviamo ora in una pax americana".
Il confronto Cina-Stati Uniti – basta viaggiare avanti/indietro per i due paesi – è abissale: aerei, ferrovie, snodi, strutture urbanistiche. Pechino, rispetto ad una fatiscente ed inefficiente New York, risulta sin da subito proiettata "nel futuro": la Cina, rispetto agli USA, sta davvero investendo in un domani mutevole.
Nel corso dell'appuntamento è intervenuto anche Orville Schell (direttore del centro per le relazioni Cina-Usa di New York): secondo Schell la Cina corre, tra proteste e modernizzazione, accordi per l'estrazione di materie prime ed investimenti all'estero. Resta lecito il dubbio, tuttavia, sul perché 24 reporter del New York Times e Bloomberg siano stati tenuti in sospeso sul rinnovo dei visti di lavoro. Il reporting sulla Cina (e la sua corsa allo sviluppo, con gli Stati Uniti) dovrebbe poter manifestarsi liberamente ed essere condiviso con il mondo. Altrimenti l'impero diventa potenza distorta, diventa regime. E quel "vs.", pericoloso.