In un momento di transizione per gli Stati Uniti, il Presidente Joe Biden sarà in Italia dal 9 al 12 gennaio, pochi giorni prima del passaggio di consegne alla Casa Bianca a Donald Trump, il cui insediamento è previsto per il 20 gennaio. Parallelamente, la premier Giorgia Meloni è volata a Mar-a-Lago, in Florida, per incontrare il Presidente eletto degli Usa Donald Trump.
Nei primi anni del XXI secolo, le relazioni tra Washington e Roma furono caratterizzate da un’intensa collaborazione politica, favorita dal governo di Silvio Berlusconi, in carica dal 2001 al 2006, che si schierò con l’amministrazione di George W. Bush, dando vita a un’alleanza che avrebbe lasciato il segno sullo scenario internazionale.
I tragici attentati terroristici dell’11 settembre del 2001 segnarono un punto di svolta, suscitando manifestazioni di solidarietà nei confronti del popolo americano. La risposta militare degli Stati Uniti, culminata nell’invasione dell’Afghanistan per colpire le basi di Al Qaeda, ricevette il sostegno di molti Paesi europei, tra cui l’Italia. Il governo italiano considerò l’intervento una reazione legittima a un attacco che aveva minato la sicurezza globale. La partecipazione italiana alla missione voleva rafforzare il ruolo del Paese nello scacchiere internazionale.
Nel 2003, la guerra preventiva in Iraq voluta da George W. Bush cambiò gli equilibri globali. In Italia, il Parlamento approvò un’operazione militare di peacekeeping, ma il governo affrontò un crescente dissenso interno. Anche le relazioni transatlantiche ne risentirono, con alleati storici, come Francia e Germania, che assunsero posizioni critiche.
Nel novembre 2003, il viaggio del Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, alla Casa Bianca si inserì in un contesto segnato da una tragica realtà. Proprio il giorno della partenza, l’attentato di Nassiriya, in Iraq, causò la morte di 19 italiani, un evento che gravò sulla missione presidenziale. George W. Bush ribadì la sua visione di politica estera, incentrata sull’esportazione della democrazia come strumento per costruire la pace nella regione. Ciampi, mantenendo un dialogo aperto, sottolineò l’importanza di un impegno internazionale basato sul rispetto del diritto e sul multilateralismo. Una posizione che continuò a sostenere anche nei successivi incontri del 2004 e del 2005: il primo nel sessantesimo anniversario della liberazione di Roma, il secondo in occasione dei funerali di Giovanni Paolo II.
Nel 2007, durante la presidenza di Giorgio Napolitano, Bush tornò in Italia, segnato dalle difficoltà che la sua amministrazione stava affrontando, sia per l’andamento della guerra che per la crisi finanziaria. Il Presidente della Repubblica riaffermò il legame tra Italia e Stati Uniti, evidenziando l’importanza di un’Europa forte e proattiva nel panorama internazionale. L’ultimo viaggio di Bush in Europa, nel giugno 2008, assunse un valore simbolico, coincidendo con il sessantesimo anniversario del Piano Marshall e del ponte aereo del 1948-1949, che garantì i rifornimenti a Berlino durante il blocco sovietico.
L’insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca, il 20 gennaio 2009, fu accolto con entusiasmo in Europa, dove cresceva l’aspettativa per un rilancio del rapporto transatlantico. Sei mesi dopo, nel luglio dello stesso anno, Obama fece tappa in Italia per partecipare al G8 de L’Aquila, segnando l’inizio di un solido rapporto personale con il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Il Presidente americano si presentò come un leader determinato a promuovere una collaborazione attiva con gli alleati, invitando l’Europa a un coinvolgimento diretto nelle sfide globali. In risposta a tale appello, l’Italia rafforzò l’attività in Afghanistan, puntando a accelerare la stabilizzazione e il trasferimento delle responsabilità al governo locale.
Obama rimase sempre un fermo sostenitore del rapporto transatlantico, considerato la pietra angolare dell’impegno americano nel mondo. Nel maggio 2010, durante la visita di Giorgio Napolitano a Washington, la Casa Bianca espresse gratitudine per la sua forte leadership in Europa. I due leader si incontrarono nuovamente nella capitale statunitense nel 2013, e poi a Roma nel 2014. In quest’ultima occasione, l’agenda dei colloqui fu dominata dall’invasione russa della Crimea e dal controverso referendum di annessione. Le preoccupazioni per la stabilità dell’Europa orientale erano evidenti, e Obama ribadì la necessità di garantire risorse alla NATO per mantenere una forza dissuasiva significativa.
L’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca nel 2017 segnò un cambiamento nei rapporti con l’Europa.
L’amministrazione americana privilegiò un approccio bilaterale con i singoli Paesi, riducendo l’interesse per la stabilità europea. Tra le critiche più aspre di Trump vi fu quella alla NATO, definita “obsoleta”, con minacce di ritiro dall’Alleanza se non fossero aumentate le spese per la difesa. Questo portò a un incremento, seppur marginale, delle spese da parte dei Paesi europei.
Sul piano economico, l’imposizione di dazi su prodotti dell’Unione Europea generò tensioni, evidenti durante il G7 di Taormina del 2017, un vertice segnato da divergenze su temi cruciali come il clima e il commercio. Dopo le elezioni italiane del marzo 2018, il governo Lega- Movimento 5 Stelle cercò un dialogo più stretto con l’amministrazione Trump, ma non mancarono contrapposizioni. Uno dei punti controversi fu l’adesione dell’Italia alla Belt and Road Initiative (BRI) cinese, considerata da Washington come una minaccia alla strategia di contenimento dell’influenza di Pechino.
L’elezione di Joe Biden alla presidenza degli Stati Uniti nel 2020 segnò una nuova svolta nelle relazioni tra Roma e Washington. Con il motto: “America is back”, Biden si presentò come leader pronto a correggere l’ostilità di Trump verso l’Unione Europea. Il Presidente americano mise al centro della politica estera il rafforzamento della governance internazionale, sollecitando gli alleati, inclusa Italia, a unirsi in una strategia comune per contenere l’influenza della Cina, considerata il principale rivale globale. Questo comportò per Roma un maggiore monitoraggio degli investimenti cinesi e la sospensione della collaborazione con Huawei per lo sviluppo delle reti 5G.
Durante il governo Draghi, la partnership con gli Stati Uniti fu confermata grazie a un leader che fece dell’atlantismo e dell’europeismo le parole d’ordine del suo mandato. Con l’arrivo di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, i rapporti tra Roma e Washington sono rimasti positivi, con la premier che ha ribadito il valore strategico dell’alleanza e la lunga amicizia tra i due Paesi.
La seconda presidenza Trump potrebbe rimescolare le carte. Le sue politiche protezionistiche e le critiche agli squilibri della bilancia commerciale – con un avanzo italiano di oltre 30 miliardi di dollari – potrebbero causare tensioni. Sul fronte della sicurezza, le richieste di maggiori contributi alla NATO hanno già riaperto il dibattito sull’autonomia difensiva europea.
Tuttavia a prescindere dalle polemiche, il ruolo dell’Europa nelle crisi globali -dall’Ucraina, alla Libia, dall’Iran, fino ai rapporti con la Russia- resta cruciale. I numeri telefonici composti dalla Casa Bianca per affrontare le sfide globali continueranno a avere un prefisso europeo, segno che il legame transatlantico rimane una pietra angolare dell’ordine internazionale.