A Bourbon Street, nel quartiere francese di New Orleans, solitamente si fa fatica a procedere a passo d’uomo. Da mercoledì mattina, invece, l’emblema della città più bohémien d’America è quasi vuoto – fatta eccezione per la cospicua presenza di forze dell’ordine e agenti della scientifica.
Sui marciapiedi ci sono ancora macchie del tanto sangue caduto poco dopo le 3 del mattino di Capodanno, quando un uomo alla guida di un pickup bianco ha travolto la folla in festa, provocando almeno 15 morti e più di 30 feriti in quello che l’FBI ha formalmente definito un “attacco terroristico”.
L’autore sarebbe Shamsud-Din Jabbar, 42 anni, cittadino americano e veterano dell’esercito USA. L’attentatore ha seminato il panico prendendo di mira i passanti e schiantandosi contro una barriera. Poi, sceso dal veicolo, avrebbe aperto il fuoco sui poliziotti, ferendone due, prima di essere a sua volta ucciso in uno scontro a fuoco.
Nel pickup, che secondo gli investigatori sarebbe stato noleggiato appositamente per l’attacco, gli agenti hanno trovato armi e un ordigno esplosivo improvvisato, oltre a un vessillo dello Stato Islamico. Altri due IED sono stati disinnescati nelle vicinanze del quartiere francese della città più importante del New Orleans. Anne Kirkpatrick, capo della polizia locale, non ha dubbi: Jabbar era “determinato a creare il massimo caos e distruzione.”
Il sospettato si era arruolato nell’Esercito nel 2007, prestando servizio nel settore delle risorse umane e della tecnologia dell’informazione e venendo dispiegato in Afghanistan dal 2009 al 2010. Era diventato un riservista nel 2015 prima di congedarsi con onore nel 2020 con il grado di sergente maggiore. Il suo processo di radicalizzazione sembra essere avvenuto – o quantomeno si è accelerato – dopo il ritorno alla vita civile: negli scorsi mesi l’uomo avrebbe pubblicato dei video minacciosi sul suo canale YouTube.
Sosteneva di avere pensato di fare del male ai suoi parenti e amici, ma di non averlo fatto poiché temeva che i media non avrebbero capito che l’attacco faceva parte della “guerra tra credenti e miscredenti”, ha spiegato Christopher Raia della divisione antiterrorismo dell’FBI, che ha aggiunto che il sospettato si sarebbe affiliato all’ISIS poco prima dell’estate scorsa.
I documenti mostrano che, dopo il servizio militare, Jabbar avrebbe lavorato per due big della consulenza, Ernst & Young e Deloitte, per raccogliere i fondi necessari a finanziare un proprio progetto imprenditoriale nel settore immobiliare. Guadagnava circa 125.000 dollari all’anno – buona parte dei quali venivano però versati ai figli avuti da un precedente matrimonio ma anche erosi dalle somme da restituire per debiti e relativi interessi.
Le indagini avevano inizialmente ipotizzato la presenza di eventuali complici: le telecamere di sorveglianza sembrano mostrare quattro persone – tre uomini e una donna – posizionare uno degli ordigni artigianali rinvenuti nell’area. Gli esplosivi, simili a quelli trovati nel veicolo di Jabbar, erano nascosti all’interno di frigoriferi e predisposti per essere attivati a distanza tramite un telecomando, anch’esso scoperto nel pick-up.
Tuttavia, da una più attenta analisi degli account social e dei registri telefonici del sospettato, l’FBI si è in seguito detta convinta che l’uomo avrebbe agito da solo. “Non c’è nulla che indichi – attraverso i tabulati telefonici, i dispositivi, gli interrogatori, i sistemi – che sia stato aiutato da qualcuno in questo attacco”, ha dichiarato giovedì Raia.
Gli ispettori federali e le forze dell’ordine di New Orleans stanno anche cercando di capire se il sospettato abbia usato un fucile a canna lunga e se possa aver contemporaneamente sparato sulla folla mentre investiva i passanti. I racconti dei testimoni dipingono un quadro agghiacciante. “È stato qualcosa di irreale,” ha affermato Jimmy Cothran, che ha assistito alla scena dal balcone di un nightclub. “Il pick-up continuava a correre, c’erano corpi ovunque, alcuni completamente sfigurati.” Un’altra testimone ha raccontato alla NBC di aver visto il pickup sfondare una barriera e investire un pedicab prima di piombare sulla folla. “C’erano urla e corpi ovunque,” ha dichiarato.
Tra le vittime c’è Reggie Hunter, 37 anni, padre di due bambini, e Tiger Bech, ex atleta di un liceo cattolico della Louisiana. “Non meritava di finire così,” le parole di sua cugina, sconvolta e in lacrime.
L’attacco ha sollevato pesanti interrogativi sulle misure di sicurezza. Le autorità cittadine avevano pianificato barriere anti-veicolo ma queste a quanto pare non erano ancora operative. “Avevamo un piano, ma il terrorista è riuscito ad aggirarlo,” ha dichiarato Kirkpatrick. La sindaca LaToya Cantrell ha comunque assicurato che le maglie della sicurezza diverranno ancora più strette in previsione del Sugar Bowl – seguitissima gara di football americano a livello universitario, inizialmente prevista proprio per mercoledì sera ma eccezionalmente spostata a giovedì – e del Super Bowl di inizio febbraio.
Da Camp David, il presidente Joe Biden ha spiegato che l’autore della strage era mosso da un’ideologia filo-jihadista e che le autorità stanno indagando per scoprire eventuali complici o legami. Tra le piste seguite, si valuta anche una possibile connessione tra l’attacco di New Orleans e l’esplosione di un Tesla Cybertruck avvenuta davanti al Trump Hotel di Las Vegas, che ha provocato una vittima, ma anche con un’esplosione mortale avvenuta nelle stesse ore ad Honolulu, nelle Hawaii (e costata 3 morti).
Su X, lo stesso Elon Musk ha avanzato l’ipotesi di un collegamento tra New Orleans e Las Vegas, sottolineando che entrambi i veicoli – il Cybertruck e il pick-up F-150 usato a New Orleans – erano stati noleggiati tramite la piattaforma Turo. Nonostante ciò, le autorità hanno ribadito che al momento non esistono prove concrete che colleghino i due eventi.