Quello che si chiude è stato sicuramente l’anno di Donald Trump. Il suo ritorno alla Casa Bianca sarà trionfale poiché potrà contare sulle maggioranze del suo partito sia alla Camera che al Senato, un risultato che gli permetterà di realizzare buona parte delle promesse contenute nel suo programma elettorale. Buona parte, ma non tutto, soprattutto per ciò che riguarda in tagli fiscali.
Il presidente eletto per tutta la campagna elettorale ha ripetuto che tutto sarebbe andato bene nel mondo se alla Casa Bianca ci fosse stato lui. Tante promesse e tante minacce. Poi che le sue affermazioni siano vere o solo fumo negli occhi per i suoi elettori, solo il tempo lo dirà, poiché sarà lui il responsabile del modo in cui gli Stati Uniti risponderanno alle impegnative sfide che dovranno affrontare.
Trump presterà ufficialmente giuramento per il suo secondo mandato come presidente il 20 gennaio.
Per quel che riguarda l’economia, è probabile che faccia marcia indietro, non cercando di varare nei primi cento giorni la principale misura contenuta nel suo programma elettorale: l’estensione delle riduzioni d’imposta contenute nel Tax Cuts and Jobs Act del 2017 che scade alla fine del 2025, nonché eventuali ulteriori tagli fiscali (tra cui la riduzione della tassazione sulle società dal 21% al 15%). Misure che richiedono l’approvazione del Congresso. La nuova amministrazione Trump, non disponendo di una maggioranza del 60% al Senato, per evitare il filibuster dovrà far passare la legislazione attraverso il cosiddetto “processo di riconciliazione” tra Camera e Senato. Tale processo necessita solo di una maggioranza semplice del Senato. Tuttavia, impone che la proposta di legge venga esaminata dal Congressional Budget Office (CBO), un’agenzia federale non-partisan che esamina tutto ciò che ha a che fare con le proposte fiscali al Congresso. Il CBO deve verificare che dopo un decennio la legislazione sia fiscalmente bilanciata così da evitare che si continui a creare un deficit permanente. Una misura che ha l’appoggio sia al Senato che alla Camera dei parlamentari più conservatori legati ai MAGA. L’intera procedura è complessa, richiede tempo e deve essere preparata accuratamente per evitare blocchi istituzionali, tra cui quello del CBO. Di sicuro il Congresso a maggioranza repubblicana comincerà da subito a occuparsi della legislazione visto che il taglio delle tasse è largamente condiviso all’interno del partito Repubblicano, ma per lo speaker Mike Johnson sarà molto difficile creare i consensi necessari. Lo si è visto la settimana scorsa quando i repubblicani MAGA hanno bloccato la richiesta di Trump di eliminare il tetto della spesa pubblica. È quindi improbabile che il taglio delle tasse vedrà la luce nei cento giorni iniziali della sua amministrazione.
Questo non significa che l’economia sarà la grande assente nell’immediata agenda della nuova amministrazione. Molti degli ordini esecutivi introdotti da Biden volti a favorire la transizione climatica verranno rapidamente revocati e lo stesso può essere fatto per le normative volte a incentivare la diversità e l’inclusione nel posto di lavoro (i cosiddetti programmi DEI – Diversity, Equity, Inclusion). Inoltre, Trump, come già fece nel 2017, annuncerà nuovamente l’abbandono degli Accordi di Parigi per la lotta al cambiamento climatico. Durante la sua campagna presidenziale nel 2024, Trump ha promesso di affrontare varie questioni interne, tra cui l’immigrazione e l’inflazione. Ha indicato un ritorno alla sua politica estera “America First” in cui gli Stati Uniti saranno un paese leader, ma solo nelle situazioni convenienti per gli Stati Uniti. Un isolazionismo calcolato che rimette in discussione trattati decennali come NATO, l’USMCA, il trattato commerciale tra Stati Uniti, Messico e Canada, ratificato nel 2020, l’accordo NAFTA, il North America Free Trade Agreement.
Sul fronte globale, il presidente eletto ha affermato che sarà in grado di porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina entro 24 ore dall’assunzione dell’incarico. Durante la sua campagna elettorale ha anche annunciato che imporrà tariffe più elevate sulle merci straniere che entrano negli Stati Uniti, ha minacciato le nazioni BRICS, tra cui l’India, di imporre dazi del 100% e ha chiesto un chiaro impegno da parte di questi Paesi ad astenersi dal creare una nuova valuta o sostenere qualsiasi altra valuta per sostituire il dollaro. Ha anche annunciato che applicherà una imposta “aggiuntiva” del 10% sui prodotti cinesi.
Non vuole avere buoni rapporti con i Paesi confinanti: il mese scorso ha promesso di imporre una tassa del 25% su tutte le merci provenienti da Messico e Canada in uno dei suoi primi ordini esecutivi. Ha detto che la mossa sarà una rappresaglia per il loro assenteismo nel bloccare l’immigrazione illegale e il passaggio della droga oltre il confine.
Trump ha anche mortificato il Canada, condividendo un post sulla sua piattaforma social media Truth Social, in cui criticava i sussidi che gli Stati Uniti danno a Ottawa e affermava che molti canadesi vogliono diventare il 51° Stato degli Stati Uniti.
Battute che hanno messo in difficoltà il primo ministro canadese Justin Trudeau, definito il “governatore” del “grande stato” del Canada. Trump ha aggiunto che voleva rivedere il “governatore” e che i colloqui approfonditi avrebbero prodotto risultati “spettacolari”. In un altro post, dopo una cena con il primo ministro canadese a Mar-a-Lago, Trump ha scritto: “È stato un piacere cenare con il governatore Justin Trudeau del Grande Stato del Canada. Non vedo l’ora di rivedere presto il governatore così potremo continuare i nostri approfonditi colloqui su tariffe e commercio, i cui risultati saranno davvero spettacolari per tutti!”
Trump poi ha confermato che avrebbe dichiarato un’emergenza nazionale per effettuare le deportazioni di massa di migranti che vivono negli Stati Uniti senza permesso legale. Ci sono molte indicazioni che la nuova amministrazione voglia utilizzare “risorse militari” per mettere in atto le deportazioni.
Parlando del conflitto tra Russia e Ucraina, Trump ha affermato che potrebbe porre fine alla guerra in 24 ore. Tuttavia, non ha detto come ci riuscirà. A Parigi alla cerimonia per la riapertura della cattedrale di Notre-Dame, ha incontrato il presidente francese Emmanuel Macron e il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy per discutere sul modo per porre fine alla guerra. Dopo l’incontro, Trump ha condiviso un post su Truth Social invitando Putin a negoziare e ha persino aggiunto che la Cina può aiutare. Ha aggiunto che la Russia è in uno “stato di indebolimento in questo momento” in parte a causa “dell’Ucraina e di una cattiva economia”.
All’inizio di questo mese, Donald Trump ha avvertito che “ci sarà l’inferno” se gli ostaggi israeliani tenuti a Gaza non saranno rilasciati prima del giorno del suo insediamento. Lo ha detto dopo la diffusione di un video di Hamas in cui veniva mostrato l’ostaggio americano-israeliano Edan Alexander che chiedeva la sua liberazione.
Minacce, promesse, battute velenose sui vicini. Ed ecco che i prossimi mesi si prospettano molto impegnativi sia per la Casa Bianca sia per gli alleati che non sanno se con la nuova amministrazione possono fare ancora affidamento su un paese finora amico e alleato che rimette in discussione trattati decennali “se non sono più convenienti per gli Stati Uniti”.