Una delegazione di alto livello di diplomatici statunitensi è arrivata nelle scorse ore a Damasco per dialogare con il nuovo regime islamista e cercare informazioni su cittadini americani ancora dispersi, secondo quanto scrive il Guardian.
Si tratta della prima visita ufficiale di funzionari USA in Siria dopo oltre un decennio di guerra civile, culminato meno di due settimane fa con la caduta del regime di Bashar al-Assad a seguito di un’offensiva lampo dei ribelli sostenuti da Turchia e Qatar. In testa il gruppo Hayat Tahrir al-Sham (HTS), che Washington, Bruxelles e Londra continuano a classificare come organizzazione terroristica in virtù della passata affiliazione ad al-Qaeda (interrotta nel 2016).
La delegazione USA, guidata dall’esperta di Medio Oriente Barbara Leaf, e da Daniel Rubinstein, veterano della diplomazia nel mondo arabo, ha in programma incontri con rappresentanti di HTS, attivisti, esponenti della società civile e minoranze etniche. Alla missione partecipa anche Roger Carstens, inviato speciale per gli ostaggi, con l’obiettivo di ottenere notizie su cittadini statunitensi scomparsi, in primis il giornalista Austin Tice, rapito nel 2012.
L’apertura di Washington arriva nell’ambito della svolta moderata del leader di HTS Ahmed al-Sharaa – già conosciuto con il nome di battaglia Abu Mohammed al-Jolani -, che all’indomani della presa della capitale ha promesso che il nuovo governo tutelerà l’unità nazionale e le minoranze.
Negli scorsi giorni, il segretario di Stato Antony Blinken aveva già confermato i primi contatti diretti con HTS durante un tour nella regione (probabilmente l’ultimo del suo mandato), sottolineando peraltro che ogni passo verso una normalizzazione dipenderà dalle azioni concrete del gruppo.
“Abbiamo assistito troppe volte a un dittatore che viene sostituito da un altro”, ha avvertito Blinken, che ha poi sottolineato l’importanza del ruolo degli Stati Uniti per orientare la Siria verso un futuro stabile e inclusivo.
La faccia moderata di Al-Sharaa ha già portato qualche frutto: l’inviato ONU Geir Pederson ha chiesto il riconoscimento internazionale del nuovo regime, con la Francia che ha deciso di riaprire la sua ambasciata a Damasco dopo oltre un decennio. Non hanno invece fatto altrettanto li Stati Uniti, che continuano ad affidarsi alla rappresentanza della Repubblica Ceca.
L’avvicendamento alla Casa Bianca, con l’imminente insediamento di Donald Trump, potrebbe però influenzare le prossime mosse di Washington. Trump ha già espresso riserve su un maggiore coinvolgimento americano in Siria, definendo la caduta di Assad come un evento pilotato da interessi esterni, in particolare dalla Turchia, alleata di HTS e critica verso la collaborazione tra Stati Uniti e forze curde.