“Il movimento futurista, pur avendo ispirato molti aspetti della rivoluzione fascista, mantenne un rapporto ambiguo con il regime. Più che il Futurismo a essere ambivalente verso il Fascismo, fu Mussolini stesso a non abbracciare mai completamente una sola scuola artistica o architettonica. Marinetti, nonostante il suo contributo fondamentale alla cultura fascista, non ottenne mai un rapporto privilegiato con il potere, dovendo competere con altri gruppi”, osserva Ara H. Merjian, Professore di Italiano alla New York University e curatore della mostra Metropoli: Visionary Architecture from Futurism to Rationalism insieme a Nicola Lucchi del Magazzino Italian Art Museum. Una riflessione che spalanca le porte a una narrazione complessa, intrecciata di tensioni ideologiche, esplosioni di creatività e sogni urbani mai pienamente realizzati.
Con opere provenienti dalla Fondazione Massimo e Sonia Cirulli di Bologna, la mostra inaugurata il 18 novembre 2024 presso la Casa Italiana Zerilli-Marimò di New York University, con un evento di apertura dalle 18:00 alle 20:00, resterà visibile fino al 7 febbraio 2025. L’esposizione si sviluppa come un viaggio attraverso le visioni radicali nate dai due grandi movimenti che hanno rivoluzionato l’architettura italiana del Novecento: il Futurismo, con la sua carica irriverente e la celebrazione della modernità, e il Razionalismo, che ha cercato di tradurre quell’impeto in forme geometriche e rigorose, talvolta in dialogo e talvolta in contrasto con il Fascismo. Come spiega Merjian, “Sebbene inizialmente il Fascismo avesse accolto una certa sperimentazione, la sua crescente enfasi sui valori tradizionali soffocò molte delle innovazioni di questi movimenti”.
I Futuristi furono i primi a rispondere alla chiamata della modernità, immaginando città come organismi pulsanti, plasmati da macchine, velocità e nuovi materiali. Antonio Sant’Elia, visionario e architetto del non costruito, è il simbolo di questa avanguardia: le sue città immaginate, fatte di grattacieli svettanti e prive di ornamenti, incarnano l’ideale futurista di un mondo dinamico, sempre in movimento. Nonostante le sue opere siano rimaste sulla carta, molte delle sue intuizioni, come la centralità della circolazione e l’uso di materiali innovativi, hanno influenzato profondamente l’urbanistica moderna.
Il Razionalismo raccolse l’eredità del Futurismo, rielaborandola in un linguaggio più strutturato e funzionale. “I razionalisti ereditarono dai futuristi molto, sia sul piano formale sia ideologico”, sottolinea Merjian. “Tuttavia, cercarono un punto di equilibrio, integrando un senso di ordine mediterraneo che li avvicinava ai valori di italianità promossi dal regime. Giuseppe Terragni, con la sua Casa del Fascio a Como, trova forse il compromesso più alto: geometrie pure, sobrietà formale, un edificio che parla di modernità senza scivolare nel monumentalismo tradizionalista”.
Eppure, anche i razionalisti ebbero una relazione difficile con il Fascismo. “Negli anni Trenta, il Razionalismo iniziò a essere visto come portatore di un’estetica troppo ‘cosmopolita’, e quindi potenzialmente ‘degenerata’. Il tradizionalismo vinse, ma il lascito di quelle idee continua a influenzarci”, prosegue il curatore. Angiolo Mazzoni, architetto futurista e razionalista, rappresenta bene questa ambivalenza: membro del Partito Fascista e beneficiario di incarichi pubblici, dovette costantemente negoziare tra la sua visione innovativa e le esigenze estetiche più conservative del regime.
La mostra offre anche uno sguardo affascinante sui materiali e le tecnologie che alimentarono l’immaginario di questi movimenti. Per Merjian i futuristi abbracciarono i progressi dell’ingegneria industriale, immaginando edifici in cemento armato e vetro che incarnassero l’etica e l’esperienza della modernità. “Sant’Elia e i suoi successori scommisero su queste innovazioni per dare forma a un’architettura in sintonia con un mondo in cambiamento”, sottolinea Merjian.
Metropoli: Visionary Architecture from Futurism to Rationalism è un racconto che non si limita al passato, ma che riecheggia anche nel modo in cui viviamo e leggiamo le città di oggi.