Anche Amnesty International Usa continua a occuparsi del caso di Leonard Peltier, l’attivista nativo americano che da quasi 50 anni è detenuto in un carcere della Florida.
Alla vigilia del suo 80esimo compleanno, che ricorre il 12 settembre, l’organizzazione a tutela dei diritti umani, ha sollecitato al presidente Joe Biden un provvedimento di clemenza che consenta al prigioniero di essere liberato.
Nella lettera Amnesty chiede che venga resa giustizia a un caso non del tutto chiarito e che a distanza di anni dal suo processo, svoltosi nel 1977, “turba ancora chi si occupa di violazioni come pure le popolazioni native a livello internazionale”.
“Peltier non deve morire in prigione”, ha dichiarato Justin Mazzola ricercatore di Amnesty International Usa, “Biden ha l’opportunità di scarcerarlo e di consentirgli di trascorrere i suoi ultimi anni con la sua famiglia e con la sua comunità. Questo sarebbe un primo passo per ristabilire le compromesse relazioni tra i nativi americani e il governo federale e farebbe parte dell’eredità positiva lasciata dal presidente”.
L’attivista sta scontando due ergastoli consecutivi dopo la condanna di primo grado per l’uccisione di due agenti dell’FBI nel giugno 1975, nella riserva di Pine Ridge, della nazione Oglala Lakota nel South Dakota. L’uomo seppure abbia ammesso di aver partecipato alla sparatoria ha sempre respinto le accuse di omicidio. La sua ultima richiesta di grazia era stata respinta a luglio 2024 dall’apposita Commissione per la libertà vigilata degli Stati Uniti, la precedente risaliva al 2009.
Christopher Wray direttore del Federal Bureau of Investigation, FBI, in una lettera di opposizione al rilascio aveva scritto: “É uno spietato assassino che ha mostrato totale mancanza di rimorso per i suoi numerosi crimini. Il suo rilascio assesterebbe un duro colpo allo stato di diritto”.
Al momento della sparatoria, Peltier era un membro attivo dell’AIM, un gruppo di difesa dei diritti indigeni impegnato a contrastare il razzismo e la brutalità della polizia ai danni dei nativi americani. Nel 2004 si era candidato alla presidenza degli Stati Uniti ed era riuscito a ottenere la nomination del Partito per la Pace e la Libertà, grazie agli oltre 27.607 voti ottenuti in California.
Sono stati in molti in questi anni a chiederne la scarcerazione. Oltre agli esponenti del Congresso Usa, diversi Nobel per la pace, l’ex procuratore generale James Reynolds, in carica nel periodo della condanna e del successivo appello e più recentemente anche il musicista Steven Van Zandt, chitarrista della E Street Band di Bruce Springsteen, che aveva scritto: “dobbiamo rimediare a un torto”.