Oltre a fare comizi, incontri negli Stati in bilico e dibattiti, a impegnare seriamente Kamala Harris è la lotta alla disinformazione. Sui siti MAGA e di estrema destra vengono pubblicate storie false che prendono ispirazione dagli insulti di Donald Trump e tentano di svilire la vicepresidente con il supporto di immagini e video falsi spesso creati con l’Intelligenza Artificiale. La piattaforma X, di proprietà di Elon Musk, che sostiene il candidato GOP, lo ha intervistato e ambisce a una carica politica nel caso in cui venisse eletto, fa da terreno fertile a queste fake news. L’ultima “svela l’oscuro segreto di Harris”: “l’iscrizione al partito comunista (CPUSA) durante la Guerra Fredda”.
Pubblicato da AMG-News.com, l’articolo presenta titoli e slogan clickbait per attirare l’attenzione del lettore distratto che potrebbe essere spinto a credere che, davvero, a 16 anni, Harris era iscritta al partito comunista degli Stati Uniti. Il sito di estrema destra spiega come la vicepresidente abbia visitato l’Unione Sovietica nel 1984, ricevuto la prima tessera del CPUSA e pagato le quote fino al 1991, facendo leva sull’ “incubo” temuto da “milioni di americani” di infiltrazioni comuniste nei livelli più alti del governo. A sostegno di questa fake news, vengono riportati come fonte il canale ufficiale Telegram dell’Archivio di Stato della Federazione Russa (GARF) e come prova una foto della sua tessera di iscrizione al partito comunista, naturalmente falsa.
In realtà, il “documento unico” di cui parla AMG-News.com proviene da un sito web che permette a chiunque di creare tessere di riconoscimento dell’epoca sovietica. E sono tutte uguali, con lo stesso numero identificativo (in alto a sinistra) e le stesse cifre di contributi pagati (nella tabella di destra) che sono riportati sulla carta di Harris. La fototessera utilizzata, che si dice risalga al 1984, in realtà, è stata scattata nel 1986 alla Howard University, quando la vicepresidente era all’ultimo anno di college. E non ci sono prove che la candidata del partito democratico abbia visitato l’Unione Sovietica prima che diventasse Federazione Russia.
Un mese fa, un altro video, creato con AI, mostrava Harris mentre pronunciava parole che non aveva mai detto. In quel caso l’autore aveva specificato che si trattava di una parodia, ma nei milioni di condivisioni, fra cui quella di Musk, non c’era questo commento e le immagini erano fraintendibili. Da quando è diventato proprietario di Twitter, è stato consentito a tutti di poter esprimere liberamente la propria opinione – questo il motivo per cui sono stati ripristinati gli account vietati di noti complottisti. La scorsa settimana è stato dato il via libera agli utenti di utilizzare Grok, il chatbot alimentato dall’AI di X, per creare contenuti partendo da messaggi di testo.
Ad alimentare questa lunga serie di bugie è prima di tutto Trump, lui stesso protagonista di fake news, seppur in minor percentuale – i democratici sono meno abili nel creare pettegolezzi che attecchiscano, tranne nel caso del Dossier Steele sui ricatti da parte di Vladimir Putin. Sulla sua piattaforma, l’ex presidente posta immagini false per sostenere i suoi sfoghi. L’ultimo episodio risale a una decina di giorni fa, quando l’ex presidente ha accettato il sostegno di Taylor Swift, senza che la cantante si fosse mai espressa a riguardo. Negli scatti, creati con l’AI, l’“Artista dell’anno” del Time Magazine è nei panni dello zio Sam con l’indice alzato verso l’obiettivo e la scritta a caratteri cubitali: “Taylor vuole che votiate per Donald Trump”.
“Le fake news sono la minaccia esistenziale alla democrazia”. È lo slogan del programma contro la disinformazione lanciato da News Literacy Project per aiutare gli utenti facendo operazioni di fact-checking sui post che diventano virali sulle piattaforme social. Secondo quanto dichiarato a CNN, circa 1 post su 10 di quelli analizzati contiene false affermazioni e hanno ricevuto almeno 10 milioni di visualizzazioni ciascuno. Per il momento sono stati categorizzati 550 casi di fake news relative alle elezioni presidenziali, ma il sito verrà aggiornato regolarmente.
Spesso è facile distinguere le immagini false perché sono “super aerografate, con una qualità di ripresa elevata e uno sfondo sfocato”, ha dichiarato a CNN Lucas Hansen, co-fondatore di CivAI, un’organizzazione no-profit che si occupa di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle crescenti capacità e sui pericoli dell’Intelligenza Artificiale. Altre volte è più difficile perché i dettagli che distinguono uno scatto vero da quello montato o ritoccato non si vedono alla prima occhiata. Ma, secondo uno studio pubblicato dal Columbia Magazine e condotto dagli economisti Andrea Prat della Columbia University e Charles Angelucci del MIT, gli utenti che ci cascano sono sempre meno.