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Il cane: miglior amico dell’uomo, peggior nemico del GOP

La scelta di Trump di "lasciare tutte le decisioni agli Stati" gli si sta ritorcendo contro, soprattutto quando si tratta di diritti cruciali come l'aborto

Marcus AndronicusbyMarcus Andronicus
Il cane: miglior amico dell’uomo, peggior nemico del GOP

Kristi Noem e il cane ucciso da Twitter di POTUS

Time: 5 mins read

In uno degli episodi più bizzarri della già surreale cronaca politica americana, in questi giorni un cane, per giunta morto, ha tarpato le ali alle aspirazioni vice-presidenziali della governatrice del Sud Dakota Kristi Noem.

Un paio di proverbi americani sui cani inoltre sono stati ampiamente utilizzati di recente in relazione a un altro argomento centrale per le elezioni presidenziali di novembre: l’aborto.

“The dog finally caught the car” è un’espressione americana che, tradotta in modo letterale in italiano significa: “il cane ha finalmente raggiunto (o agguantato) l’auto”. Il detto si riferisce al fatto che, in remote zone rurali del Paese, questi animali a quattro zampe difendevano il loro territorio abbaiando e gettandosi all’inseguimento delle automobili di passaggio percepite come invasori da respingere a tutti costi. Naturalmente, essendo più veloce, un’auto riesce a sfuggire alla caccia di un cane. Considerandone poi le dimensioni e la potenza, è chiaro che, seppure il cane riuscisse a raggiungerla, avrebbe comunque la peggio.

🐾💔 Pawdorable Cricket was only 14-months-old. Kristi Noem, the Governor of South Dakota and a potential running mate for Trump, killed Cricket for ruining a hunting trip by being “less than worthless as a hunting dog.” This degenerate shot the poor pup in a gravel pit. Kristi… pic.twitter.com/gfOsk6b514

— The Oval Pawffice® 🇺🇸 DOTUS Fans (@TheOvalPawffice) April 27, 2024

Questa metafora è stata utilizzata efficacemente per descrivere una dinamica al centro del dibattito politico americano: la sentenza della Corte Suprema che, nel 2022, ha stabilito l’abrogazione federale del diritto costituzionale all’aborto. È il risultato di anni e anni di impegno in questo senso da parte di un Partito Repubblicano che annovera tra le sue fila una vastissima base di fondamentalisti religiosi per i quali la battaglia contro l’aborto è stata, per decenni, il pilastro centrale del loro impegno politico.

Una volta eliminato l’ombrello della protezione costituzionale federale, è diventato possibile per ogni Stato legiferare l’accesso all’aborto secondo criteri specifici cosa che, nelle decine di quelli controllati dai repubblicani, si è tradotta in limitazioni draconiane della pratica.

Il problema è che, al di fuori dei circoli religiosi e ultraconservatori repubblicani, un’ampia maggioranza della popolazione non ha apprezzato l’eliminazione di un diritto considerato ormai sancito e ha reagito sia con iniziative referendarie tese ad aggirarlo sia punendo alle urne i candidati repubblicani associati all’iniziativa. Una reazione che ha lasciato di stucco molti politici di destra i quali, con la clamorosa ipocrisia che li contraddistingue, si sono affrettati a prendere le distanze da molte di questi progetti locali che avevano lodato fino a poco tempo prima.

Il cane, in altre parole, ha raggiunto l’automobile e, dopo averla finalmente azzannata, si è rotto i denti sui cerchioni dei pneumatici.

Un’altra espressione “canina” che circola da queste parti dice che il padrone porta a spasso il cane ma se l’animale diventa abbastanza grande è questo che finisce col portare a spasso il padrone.

In modo curioso anche questo detto si adatta bene alla nuova realtà con il quale il GOP è costretto a confrontarsi dopo aver raggiunto il suo obiettivo di eliminare il diritto all’aborto.

Tradizionalmente, quello repubblicano è sempre stato considerato il “partito dei ricchi” il cui obiettivo principale è di tutelare gli interessi delle élite economiche e finanziarie del Paese. Ma dal momento che questi gruppi rappresentano un’esigua minoranza della popolazione, il dilemma principale per i responsabili del GOP è sempre stato questo: come fare ad attuare leggi che favoriscono una piccola parte del popolo a scapito di tutti gli altri quando, per restare al potere, occorre il sostegno elettorale di una maggioranza dei votanti?

Storicamente, la risposta dei repubblicani è sempre stata spostare i termini del dibattito politico nazionale dalle questioni economiche a quelle socio-culturali. Per costruire una solida base di consenso elettorale, negli ultimi venti o trent’anni il movimento conservatore americano ha realizzato un vero e proprio bombardamento mediatico teso ad aizzare alcuni gruppi sociali contro altri fomentando paure, rancori e ostilità su questioni di valore come appunto, l’aborto, il diritto alle armi, la discriminazione razziale o l’atteggiamento nei confronti dell’omosessualità.

Dato che in privato pochi di loro credono in ciò che professano in pubblico, fino a qualche anno fa, i leader conservatori sono riusciti ad applicare questa strategia in base alle necessità elettorali del momento cioè intensificando le posizioni più estreme del loro messaggio propagandistico prima delle elezioni per poi metterle da parte e rinchiuderle convenientemente nel cassetto una volta eletti.

Tuttavia, dopo la Grande Recessione del 2007-09 e l’elezione di Barack Obama, la deriva populista ha preso una piega inedita con l’ingresso sulla scena politica del Tea Party, un movimento formato in gran parte dalle frange meno istruite, più estreme, più fanatiche e, fino ad allora, più manipolabili del corpo sociale. Stanche di vedere le proprie aspirazioni massimaliste deluse o diluite in Congresso dalle esigenze del compromesso politico, hanno iniziato a ribellarsi contro i cosiddetti “establishment republicans”: i tradizionali leader di partito più vicini ai grandi interessi economico-finanziari.

In altre parole, il cane, nutrito dal “padrone” da una costante dieta di disinformazione, risentimento e menzogne, è diventato grande abbastanza da sfuggire al suo controllo.

Ma il Partito Repubblicano si sta ora rendendo conto che l’effetto a catena che ha innescato non si ferma qui perché manipolare il consenso assecondando posizioni e gruppi sempre più estremisti come i fondamentalisti religiosi significa, prima o poi, perderne il controllo. A prescindere dalla sua radice confessionale, infatti, una delle caratteristiche principali di ogni integralismo è che nulla è mai abbastanza.

L’abolizione a livello federale del diritto costituzionale all’aborto del 2022 ha restituito ai singoli Stati l’opportunità di decidere i suoi limiti applicativi ma per quanto questo rappresenti una vittoria storica per il movimento conservatore americano, la parte più fanatica della coalizione, non hanno alcuna intenzione di fermarsi qui. Il loro nuovo obiettivo ora è quello di capovolgere completamente la situazione imponendo una proibizione totale del diritto all’aborto su tutto il territorio nazionale e molti stati, liberati dal giogo del controllo federale si stanno già muovendo in questa direzione.

Nel lontano 1864 l’Arizona ha dichiarato l’aborto un crimine per il quale i medici rischiavano dai due ai cinque anni di carcere. Dopo che nel 1973 il diritto all’aborto è divenuto costituzionale su tutto il territorio nazionale, l’estensione della sentenza federale ha reso nulla questa legge che, tuttavia, è restata attiva in Arizona, seppure in uno stato di “animazione sospesa”.

Quando, nel 2022, questa protezione costituzionale è venuta meno, le leadership repubblicana dello Stato, unitamente alle massime cariche giuridiche statali, hanno resuscitato la legge del 1864 imponendo una limitazione pressoché totale all’interruzione volontaria della gravidanza.

L’individuo che più di ogni altro ha reso possibile questo clamoroso sovvertimento di un diritto considerato ormai acquisito da più di mezzo secolo è Donald Trump il quale, durante la sua presidenza, ha installato alla Corte Suprema degli Stati Uniti tre giudici conservatori che hanno drasticamente spostato a destra il baricentro ideologico della corte.

Proprio come è avvenuto in passato con i leader storici del partito, anche Trump ha contribuito a costruire il suo consenso elettorale adescando e aizzando i fondamentalisti anti-abortisti con la promessa di cancellare il diritto costituzionale all’aborto.

Ora che questo obiettivo è stato finalmente raggiunto e di fronte alla reazione negativa dell’opinione pubblica, molti dei suoi artefici, tra cui lo stesso Trump e la candidata al senato nel collegio elettorale dell’Arizona Kari Lake, stanno facendo disperatamente marcia indietro rendendosi conto che il cane che credevano di poter portare a spasso, è diventato troppo grosso persino per loro.

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