Tenere assieme i fatti, non farsi prendere dalla rabbia, dal pregiudizio, dall’avevamo detto. Tenere assieme le cose e metterle in fila e solo alla fine chiedersi perché.
Qui si parla di migranti, tema complicato affrontato a tutte le latitudini, coi muri e gli arresti, con i trafficanti e i disperati, con le ronde e con la solidarietà, ma se possibile in Italia riusciamo sempre ad aggiungere qualcosa, diciamo così, difficile da spiegare. Allora vediamo i fatti. Il governo italiano ha emanato una norma che dice che le navi che fanno soccorso in mare (solo le navi delle Ong, poi c’è la Guardia Costiera italiana che continua – e meno male – a fare il suo lavoro e a salvare le persone e a farle sbarcare nel porto più vicino) dopo aver effettuato un recupero devono immediatamente raggiungere il porto sicuro indicato dalle autorità (cioè dal governo), non possono cioè rispondere a nuove richieste, ma devono mettere prua verso il porto indicato.
Succede allora questo, che sempre più spesso, ormai sempre, le indicazioni che ricevono queste navi è di fare rotta verso porti via via più lontani dal luogo di soccorso, prima Ancona, poi La Spezia poi chissà, più in là difficile andare. Qualche organizzazione protesta, ma affronta il viaggio, qualche altra rifiuta, una, come la nave di Medici senza frontiere Geo Barents, si è trovata nella situazione di dover decidere, una volta effettuato un primo soccorso, se allontanarsi verso il porto indicato o rispondere ad un’altra chiamata di aiuto che nel frattempo era arrivata. Nessun dubbio, la legge del mare (e il codice internazionale di navigazione) dice che salvare chi sta annegando è un obbligo giuridico e prima ancora un dovere morale. Così la nave effettua il secondo soccorso e poi punta verso La Spezia. Facciamo finta che sia normale fare più di mille chilometri di mare con un carico di disperati, ma questa è la norma del governo, così la Geo Barents sbarca in Liguria. A questo punto, sempre i fatti, teniamo assieme i fatti, succede questo. La nave dovrebbe subire sanzioni, fino al fermo dell’imbarcazione, perché ha violato la norma. Invece niente, le autorità si riservano di decidere, ma hanno tempo fino a novanta giorni, così Geo Barents riparte per la prossima missione, naturalmente con il tempo perso e con il lavoro di soccorso che ora costa di più. Ma non è finita qua. Parte dei naufraghi sbarcati a La Spezia, quasi tutti minori non accompagnati peraltro, vengono caricati su un pullman e spediti in un centro di accoglienza. Sapete dove? In Puglia, a San Giovanni Rotondo, perché lì le autorità (sempre il governo) li hanno destinati.
Quindi i fatti in fila dicono: salvati in mare davanti all’Africa, trasportati per mille chilometri di mare fino a La Spezia, riportati dopo mille chilometri di terra più o meno vicino a dove erano stati salvati. Ora, solo ora, possiamo e dobbiamo tutti chiedere al governo italiano: perché? Quale è la logica? Quale la ragione? Quali i costi sopportati anche dallo Stato, cioè anche da noi, per una simile scelta, quella cioè di rendere in tutti i modi complicato il lavoro di chi soccorre uomini, donne e bambini disperati? Aggiungiamo solo altri fatti: i dati ci dicono che a gennaio gli sbarchi non sono diminuiti ma aumentati, 5000 contro 3000 dell’anno scorso (rapporto ISPI) e soprattutto che 9 migranti su 10 sono arrivati autonomamente o soccorsi dalla Guardia costiera e solo 1 dalle navi delle Ong. Ecco che allora chiedere il perché di scelte così inutili e pericolose (per la vita di chi si avventura in mare) diventa un obbligo per tutti. Senza pregiudizi e senza rabbia, solo chiedendo di non aggiungere ad una questione enorme e così complicata come l’immigrazione quel pizzico di inutile cattiveria che un paese come l’Italia non si merita. Chiunque la governi.
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