Lionel Messi contro Kylian Mbappè domenica 18 nella finalissima mondiale di Doha all’Iconic Lusail Stadium. Un emblema prossimo al tramonto del calcio mondiale (35 anni) contro l’erede naturale (quasi 24). Divisi all’anagrafe da undici anni di differenza. Ma accomunati dagli strepitosi guadagni (primo nella classifica planetaria dei calciatori Kylian con 128 milioni di dollari annui; secondo Lionel, che da quando gioca ne ha accumulati oltre un miliardo, con 120) e dall’appartenenza allo stesso club. Il ricchissimo Paris Saint Germain, di proprietà del fondo sovrano del Qatar organizzatore dei mondiali. Una sintesi perfetta di questa Coppa controversa che anche nell’atto finale celebra con i suoi protagonisti la strapotenza finanziaria della dinastia Al Thani, al potere praticamente da sempre nel piccolo Emirato del Golfo.
Messi, nella sua strepitosa carriera, ha vinto tutto con il Barcellona ma non ha mai conquistato una Coppa del mondo con l’Argentina. Vista l’età potrebbe essere la sua ultima occasione per centrare il più prestigioso dei traguardi e avvicinare il mito di Maradona. Mbappé, che da ragazzo aveva come modello Cristiano Ronaldo (per oltre un decennio lo sfidante di Messi per il trono del football), un mondiale l’ha già vinto quattro anni fa a Mosca. E opportunità per arricchire il carnet ne avrà molte altre ancora. La giovinezza è dalla sua parte.
Argentina-Francia, dunque. Una finale inedita (non si sono mai incontrate nell’atto conclusivo) che nei pronostici della vigilia era tra le più gettonate, immediatamente dopo la prima scelta che prevedeva l’eterno favorito Brasile contro i campioni uscenti della Francia. Entrambe le Nazionali appartengono all’aristocrazia del football. Nel ristretto club dei vincitori della Coppa (otto nazioni su 22 edizioni) vantano entrambe due titoli mondiali. E sono giunte in finale dieci volte: sei l’Argentina (due meno della Germania e una meno del Brasile) e quattro la Francia. È di nuovo, come otto anni fa (Germania vincente contro l’Argentina), Europa contro Sudamerica. A differenza del 2018 in Russia quando si affrontarono due europee (Francia vincitrice e Croazia). L’Africa ha tentato di rompere il duopolio della tradizione calcistica sfiorando l’accesso alla finale con il sorprendente Marocco. Ma dovrà stavolta accontentarsi della finalina di consolazione per il terzo posto contro la Croazia.

All’Argentina il titolo manca dall’86, quando in Messico fu trascinata verso il trionfo (finale vinta con la Germania) da un irresistibile Maradona che cercò inutilmente il bis (contro lo stesso avversario) nel ’90 in Italia. La Francia, vincendo, si allineerebbe a Italia (‘34e ’38) e Brasile (’58 e ’62) nell’impresa di aggiudicarsi due mondiali consecutivi. Per l’allenatore Didier Deschamps (che ha già vinto, come il brasiliano Zagalo e il tedesco Beckenbauer, la Coppa sia da giocatore che da allenatore), c’è in più l’obiettivo di emulare l’Italiano Vittorio Pozzo, l’unico tecnico (nel ’34 e nel ’38, appunto) che riuscì a trionfare per due volte di fila. Record in vista, infine, anche per il portiere Hugo Lloris: sarebbe il primo capitano di una squadra a centrare il bis.
Ai mondiali Argentina e Francia si sono incontrate solo tre volte, e mai come si è ricordato in finale. La prima, remotissima, risale al 1930 nella prima Coppa disputata in Uruguay: vinsero i sudamericani (poi finalisti e sconfitti dai padroni di casa) per 1-0 nella fase a gironi. La seconda nel ’78, quando la Nazionale albiceleste che giocava in casa e vincerà il titolo contro l’Olanda superò i transalpini (2-1) ancora nel turno preliminare. L’ultimo precedente è di quattro anni fa quando a imporsi negli ottavi di finale l(4-3 dopo un match ricco di colpi di scena) fu la Francia poi campione contro la Croazia.
È una finale indecifrabile che, come tante altre partite in questo mondiale, sarà decisa probabilmente dai dettagli e dalla tenuta psicologica (specie se si arriverà ai rigori). La Francia sembra una squadra più compatta e realista, guidata con mano esperta da un Deschamps (54 anni) che forse anche per la freddezza caratteriale non è tanto amato dai francesi. Ma per cui parlano i risultati che lustrano il concetto di grandeur così caro ai cugini transalpini. Ben disposta in difesa, affida soprattutto all’estro inarrivabile di Mbappé i devastanti capovolgimenti di fronte che sfociano frequentemente in gol anche grazie allo stato di grazia di Giroud. Le manca Benzema (l’ultimo pallone d’oro) ma finora non ne ha risentito più di tanto. Ha una sola macchia in questo mondiale: la sconfitta nella fase a gironi (1-0) contro la Tunisia. Ma si era già qualificata e schierava prevalentemente le riserve.

L’Argentina, parallelamente incentrata sul talento sconfinato di Messi, ha in pratica ripetuto il cammino che la portò in finale (sfortunata) nel ’90 in Italia. Sconfitta a sorpresa a Doha nel debutto contro l’Arabia Saudita come a Milano 32 anni fa contro il Camerun. L’allenatore Lionel Scaloni, 44 anni, non può vantare il palmarès di Deschamps. A differenza del francese che anche da calciatore prima con il Marsiglia e poi con la Juve vinse due Champions (e con i bianconeri anche l’Intercontinentale), è stato un mediocre difensore conosciuto in italia per alcuni campionati disputati nella Lazio e nell’Atalanta. Ma, anche se nel 2018 dopo l’eliminazione nel mondiale russo è diventato il tecnico dell’Argentina quasi per caso, per mancanza di alternative in seguito all’esonero di Sampaoli di cui era il secondo, ha poi vinto la Coppa America in casa del Brasile nel 2021 e ha sfiorato il record assoluto di imbattibilità (detenuto dall’Italia di Roberto Mancini con 37 partite) raggiungendo quota 36 e fallendo l’impresa proprio al debutto in Qatar con l’inopinata sconfitta contro l’Arabia Saudita.
La finale, in un evento agitato da tante polemiche extrasportive, avrà naturalmente anche un effetto politico. In tribuna d’onore tornerà il presidente francese Emmanuel Macron che, accantonando le proteste in patria per i diritti umani violati dall’Emirato e per i riflessi del Qatargate, spera di incassare un nuovo successo planetario che gioverebbe alla grandeur. E nel clima dei festeggiamenti manterrebbe saldi i rapporti con la nazione ospitante legata alla Francia da tanti intrecci economici fin dai tempi d Nicolas Sarkozy. Per l’Argentina – squassata ancora una volta dall’iperinflazione, dall’insostenibile debito pubblico e dalla condanna al carcere (per ora congelata) della vicepresidente Cristina Kirchner – la conquista della Coppa sarebbe una boccata di ossigeno che consentirebbe al capo dello Stato peronista Alberto Fernandez di affrontare con un umore meno cupo gli enormi problemi. Nell’esaltazione del nazionalismo è più facile accantonare almeno temporaneamente le angosce.
Discussion about this post