All’improvviso Davos tuonò, ma per tuonare c’è voluto il “vecchio leone” che può piacere o no, ma è sempre lucido e diretto nelle sue forti analisi. “La linea di demarcazione – ha suggerito Henry Kissinger – dovrebbe essere un ritorno allo status quo ante, altrimenti la guerra non riguarderà più la libertà dell’Ucraina, ma una nuova guerra contro la stessa Russia”.
Ha inoltre ribadito che questo conflitto sta creando delle enormi onde d’urto in tutto il mondo, che si stanno già abbattendo sul sistema economico-finanziario e sui semplici cittadini. Ha sottolineato, con forza, che tutte le catene di approvvigionamento già tese dalla pandemia del Covid stanno per scoppiare, ponendo nuovi e sproporzionati oneri alle imprese e alle famiglie.
La replica è arrivata dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che ha ribadito altrettanto veementemente come l’Ucraina debba vincere questa guerra e l’aggressione voluta da Putin debba risolversi in un fallimento strategico.

“Noi faremo tutto ciò che è in nostro potere per aiutare gli ucraini a vincere”. Per la von der Leyen, i ricatti che la Russia sta attuando attraverso il controllo delle forniture di gas e petrolio, ma anche del grano e del mais, bloccano le esportazioni dall’Ucraina e avranno forti ripercussioni a livello globale.
Nel duetto si è intromesso Mykhailo Podolyak, nella particolare doppia veste di giornalista e rappresentante dell’Ucraina ai tavoli negoziali con la Russia, che ha detto: “Per fortuna in trincea non c’’è tempo per ascoltare Kissinger”. Anche il Segretario Generale della NATO Stoltenberg, pur confermando che non ci sarà nessun “coinvolgimento diretto” dell’Alleanza nel conflitto, ha voluto ricordare che la libertà è un valore al di sopra degli interessi economici ed “è più importante del libero scambio”.
In tutti questi giorni a Davos, quasi un terzo dei 270 panel sono stati dedicati al tema dell’ambiente e dell’energia. Lo testimonia la presenza dell’inviato Usa per il clima John Kerry, dell’attivista climatica ugandese Vanessa Nakate e di Alok Sharma, presidente della Cop26. A tal riguardo John Kerry ha dichiarato che gli Stati Uniti e la Cina stanno facendo progressi nel mettere insieme un gruppo di entrambi i Paesi a lavorare per ridurre rapidamente le emissioni di gas serra.

In un’intervista con l’Associated Press durante l’incontro al World Economic Forum a Davos, Kerry ha ribadito che i due Paesi, le maggiori emittenti mondiali di gas serra, sono arrivate molto vicine nel concordare la struttura del gruppo e come sarebbero state prese le decisioni. “Lavoreremo sugli aspetti pratici di come ci muoviamo più velocemente per ridurre le emissioni. Forse possiamo aiutare con una tecnologia di qualche tipo per aiutare la Cina a muoversi più velocemente. Forse la Cina potrebbe aiutarci a capire meglio alcune cose che potremmo fare meglio”.
Va ricordato che l’accordo fu raggiunto lo scorso anno durante il vertice delle Nazioni Unite sul clima a Glasgow. Martedì, Kerry ha affermato che anche la riduzione del consumo di carbone sarebbe un’area centrale di interesse per il gruppo. Il rapporto sullo stato di avanzamento del lavoro è arrivato quando funzionari del governo, leader aziendali e altre élite al World Economic Forum hanno affrontato il cambiamento climatico e i suoi effetti devastanti con una domanda centrale: in che misura le compagnie petrolifere e del gas possono essere parte della transizione verso combustibili a basse emissioni di carbonio?
Se si pensa al motto di questa edizione a Davos “Working Together, Restoring Trust”, Gim Huay Neo, direttore del Centro per la natura e il clima del World Economic Forum, ha spiegato come siamo tutti legati nella costruzione e nella protezione del futuro del mondo. “Dobbiamo promuovere un grande senso di responsabilità collettiva e rafforzare la determinazione tra i leader globali nell’affrontare la crisi climatica”. Per riuscirci sarà decisivo promuovere l’ambizione climatica e i conseguenti finanziamenti, costruire un’economia positiva per la natura, pensare a una rigenerazione dei sistemi alimentari, oceanici e idrici, migliorare la gestione delle risorse e prevenire l’inquinamento.
Un dato è emerso in Svizzera: la perdita di peso dell’Unione europea. Non riesce ad essere più protagonista e quando ci prova, come con la von der Leyen, se ne parla più per ciò che l’Europa non riesce a concludere che per ciò che ha realizzato.
Gli Stati Uniti, invece, anche se apparentemente con voci contrastanti, si sono riposizionati in una condizione centrale.
Attendiamo le conclusioni a Davos.
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