Nell’anno del 50° anniversario della crisi dei missili cubana – punto più prossimo allo scoppio di un conflitto nucleare tra Stati Uniti e Unione Sovietica – torna ad aleggiare lo spettro di una presenza militare russa nelle Americhe. Ad impensierire la Casa Bianca sono state le affermazioni sibilline del vice-ministro degli Esteri russo Sergej Rjabkov, che durante un’intervista televisiva rilasciata giovedì a RTVI non ha confermato né escluso la possibilità che Mosca installi infrastrutture militari in Paesi latinoamericani “amici” come Venezuela o Cuba.
“Secondo lo stesso stile degli americani, la possibilità di una politica estera e militare è la pietra angolare per assicurare la grande influenza di questo Paese (la Russia, nda) nel mondo”, ha detto Rjabkov, aggiungendo che “tutto dipende dalle azioni dei colleghi americani”. Appena una settimana fa, lo stesso Rjabkov, a Ginevra, aveva assicurato a Washington che la Russia non avesse intenzione di invadere l’Ucraina, a margine di un lungo incontro con la vice-segretaria di Stato Wendy Scherman.
Lunedì, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha comunque parzialmente ricalibrato il tiro sullo schieramento di missili in America Latina, ricordando che Venezuela, Cuba e altri rimangono “Stati sovrani“.

Le affermazioni di Rjabkov hanno immediatamente innalzato il livello di allerta a Washington. La risposta della Casa Bianca è stata affidata giovedì stesso al Consigliere per la sicurezza nazionale di Biden, Jake Sullivan, che alla domanda di un giornalista ha risposto: “Se la Russia si muoverà in questa direzione, reagiremo con decisione“.
Le vicende degli scorsi giorni fanno il paio con le rivelazioni dell’intelligence statunitense, secondo cui il Cremlino starebbe prendendo in considerazione lo schieramento di missili nucleari o ipersonici presumibilmente anche in luoghi vicini all’America del Nord. In questo senso andrebbero interpretate anche le dichiarazioni di un alto diplomatico russo, che ha rivelato come Mosca sia pronta a posizionare sistemi d’arma non specificati in luoghi non specificati. Lo stesso Putin, a novembre, aveva lasciato intendere la possibilità di schierare missili ipersonici sottomarini in grado di colpire Washington “entro cinque minuti”, ma solo come eventuale contro-misura in caso di minaccia occidentale.
Il presidente russo aveva già in passato paragonato la presenza di sistemi militari NATO nel “giardino di casa” russo a un’analoga e teorica situazione in cui gli USA fossero stati nella gittata di sistemi d’arma stranieri. Per tali motivi, uno dei desiderata di Mosca è proprio quello di ottenere garanzie legali e vincolanti sul divieto di ingresso di Kiev nell’Alleanza e sull’arretramento di truppe e missili NATO ai confini pre-1997.