Una mattinata di protesta è degenerata in una violenta sparatoria per le strade di Beirut, in Libano. Almeno sei morti e 30 feriti secondo le autorità locali. Nella città libanese, centinaia di sostenitori delle formazioni sciite Hezbollah e Amal si erano radunati fuori dal Palazzo di Giustizia, per protestare contro il giudice Tarek Bitar che indaga sull’esplosione al porto della capitale avvenuta lo scorso 4 agosto. Poi, dai tetti dei palazzi, “cecchini” non identificati hanno aperto il fuoco contro manifestanti degli stessi movimenti, colpendoli alla testa. Secondo quanto sostenuto dai due partiti armati libanesi vicino all’Iran e al governo siriano, “l’aggressione ha lo scopo di spingere appositamente il paese verso la sedizione su base religiosa”.
In un discorso televisivo, il primo ministro Najib Mikati ha confermato anche l’uso di granate a propulsione a razzo nella stessa zona. Mikati ha invitato alla calma ed esortato il popolo libanese a non farsi trascinare nella sedizione. Il Consiglio centrale di sicurezza interna del Libano si riunirà alle 13 per affrontare il tema della violenze. In un comunicato si punta il dito contro le Forze libanesi per aver pianificato l’attacco ai “manifestanti pacifici”.

Questo è l’ultimo episodio di una grave crisi che, dal 2019, sta trascinando il Libano verso gli abissi. Prigioniero di una cappa politica, sociale ed economica, il Paese, che potenzialmente era il più fiorente nel Medio Oriente, sta subendo una catastrofe umanitaria causata da un tracollo finanziario tra i peggiori negli ultimi secoli secondo la Banca Mondiale.
Le banche non permettono di prelevare denaro e i farmaci di base non sono spesso disponibili. Da quasi una settimana, la nazione è al buio. Un blackout totale che lascia senza elettricità case, negozi, ospedali e strade.
Le numerose sfide del Paese stanno alimentando una pericolosa polarizzazione. Preoccuato, Antonio Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite, ha invitato “a cessare immediatamente gli atti di violenza e ad astenersi da qualsiasi azione provocatoria“. Mentre sulle esplosioni che al porto di Beirut hanno ucciso più di 200 persone, ha ribadito la necessità di “un’indagine imparziale, approfondita e trasparente“.
Ovviamente, un’espansione del conflitto libanese, potrebbe avere pesanti conseguenze anche sulla Missione Onu UNIFIL, a guida italiana, e che negli ultimi anni ha ricevuto grandi encomi per il suo successo.