Sull’origine del coronavirus si iniziano a risolvere i dubbi più importanti. La Cina sarebbe pronta a uscire dal cono di ombra e silenzio al quale è stata fedelmente legata fino a oggi e sarebbe sul punto di ammettere la fuga accidentale del virus dal laboratorio di Wuhan dove si stava studiando. In cambio di questa accettazione di colpa, gli Stati Uniti sarebbero disponibili ad accettare le dichiarazioni cinesi secondo le quali Pechino avrebbe saputo della “fuga” del virus solo di recente. Un passo avanti notevole, se si pensa all’atteggiamento avuto dall’amministrazione Trump, e soprattutto dal Presidente stesso, nell’affrontare la questione parlando di “Chinavirus”.
Gli scienziati e ricercatori che hanno tenuto nascosta la verità verranno perseguiti legalmente, con l’accusa di aver impedito alla Cina di informare tempestivamente il mondo circa il diffondersi della grave minaccia sanitaria.
Il compromesso arriva dopo che l’intelligence americana, sotto impulso di Joe Biden, ha consegnato i risultati della nuova indagine sulle origini del coronavirus. L’ordine dell’inquilino della Casa Bianca è stato chiaro: 90 giorni di tempo per portare sulla sua scrivania dati e informazioni che finalmente facessero luce sui passaggi più oscuri dello scoppio della pandemia. I fascicoli sono arrivati e con le nuove scoperte dei servizi segreti Pechino e Washington non hanno potuto far altro che sedersi attorno a un tavolo e iniziare a trattare i termini dell’accordo.

A intervenire è stato anche il direttore dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus, che pochi giorni fa è intervenuto pubblicamente per mettere in dubbio il rapporto diffuso a marzo dal suo stesso team che definiva improbabile la fuga dal centro ricerche di Wuhan. “Serve una nuova missione in Cina per proseguire le ricerche sull’origine del coronavirus, anche nei laboratori, c’è stata una spinta prematura a escludere la teoria del virus fuggito dal laboratorio di Wuhan. All’inizio della pandemia non tutti i dati sono stati condivisi. Chiediamo alla Cina di essere più aperta, trasparente, collaborativa. Dobbiamo la verità a milioni di morti”.

Solo un paio di mesi fa, il direttore dell’Istituto di Genomica e Medicina evoluzionistica alla Temple University di Philadelphia Sudhir Kumar, aveva rilasciato un’intervista sconsolata sottolineando come difficilmente le domande sulle origini del virus fossero risolvibili, non avendo a disposizione dati sufficienti per stabilire se l’evoluzione di SARS-CoV-2 avesse seguito un percorso diverso da quello naturale.
“Ci sono molte ipotesi e molte teorie sulla possibilità che SARS-CoV-2 provenga da un esperimento di laboratorio – diceva – ma la scienza si fonda su dati e prove, non su opinioni e speculazioni. Ottenere informazioni sulle origini di SARS-CoV-2 potrebbe aiutarci a capire come gestire le potenziali pandemie future. Gli altri coronavirus che hanno raggiunto la specie umana non hanno mai scatenato situazioni come quella che ancora stiamo vivendo”. Sapere cosa renda questa minaccia così pericolosa può infatti indirizzare gli sforzi orientati alla salute pubblica e alla sorveglianza dei potenziali hotspot di infezione. “Potremmo addirittura sviluppare vaccini in grado di contrastare altri agenti patogeni della stessa famiglia prima che si diffondano – ribadiva – credo che guardare al passato, e in questo caso alla storia di SARS-CoV-2, possa restituirci delle conoscenze chiave per applicare strategie adeguate a contrastare il virus e a reagire alle sfide future”.