Ditegli sempre di sì. Anche quando vorreste dirgli di no. La parafrasi è ben nota ai nati sotto l’ombra del Vesuvio che nella frase iniziale di questo scritto non faranno fatica a riconoscere l’opera eccelsa di un uomo altrettanto eccelso, Eduardo De Filippo, che nella sua maestria teatrale tutta napoletana racchiuse in quel titolo il racconto del dover dire sempre di sì a chi, insano di mente, un no non lo avrebbe accettato.
Nell’opera nessuno sa della sua pazzia, eccetto sua sorella, una pazzia che si manifesta nel prendere alla lettera ciò che gli viene detto. Ed è per questo che all’insano va detto sempre di sì. Il seppur piacevole rispolvero di una commedia d’altri tempi funge qui però solo da similitudine per parlare di un Sì che da mesi riecheggia nell’aerea e non solo lì, ahinoi.
È il Sì al Referendum, quello costituzionale, quello che vorrebbe l’attuale Governo, quello del prossimo 4 dicembre in cui gli italiani saranno chiamati a recarsi alle urne per esprimersi, per decidere. Va detto che il fatto che gli italiani siano chiamati a far la loro parte nella vita politica del Belpaese, sarebbe già di per sé una notizia. Se poi si aggiunge che dovranno decidere sulla Madre Costituzione allora è chiara la rilevanza di quanto sta per accadere. I tempi cambiano, le leggi vanno adeguate, la Costituzione, in teoria, pure. Ma se è vero tutto questo è pur vero che legare un voto del genere alla tenuta di un Governo non eletto è assai paradossale quanto pericoloso. Ma al di qua delle Alpi il pericolo è il nostro mestiere, perlomeno quanto lo è il paradosso.
Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha infatti (mal) pensato di ancorare qual voto alla tenuta del suo stesso Governo. Per inciso, lui sta dalla parte del cambiamento, del Sì, per capirci. L’aveva detto: “Se vince il No, mi dimetto”. Gli aveva fatto eco la fautrice di quel cambiamento, ovvero la ministra per le Riforme, Maria Elena Boschi: “Se si dimette Renzi, mi dimetto anche io”.
Ora, pur volendo apprezzare il ligio patriottismo di voler seguire il Primo Ministro nella sua promessa, va ricordato alla cara Ministra, che se Renzi si dimette non ha bisogno di dimettersi pure lei: il Governo cade. E lei con lui. Ma tant’è. Tutti pronti a fare un passo indietro, dunque, pur di difendere questa riforma ma poi tutti pronti a tornare sui passi di quelle stesse promesse ricordando (forse prima di tutto a se stessi) che il Referendum sulla modifica della Costituzione non è legato alla stabilità del Governo. E quindi, niente: se vince il No non si dimette nessuno. I maligni potrebbero pensare che il dietro front sia dovuto all’ipotesi papabile che il NO vinca, eccome. Ma noi non siamo maligni. Tutt’al più siamo dubbiosi su quanto quelle promesse di lasciar poltrone abbiano in realtà sortito gli effetti opposti a quelli desiderati, ovvero quanto le possibili dimissioni di un Governo non eletto siano state la reale motivazione dell’impennata trasversale dei sostenitori del Niet.
Mai più grande scissione vi fu all’interno di un partito come quella degli ultimi mesi in quello democratico che tutt’altro che compatto nel far eco al suo segretario nazionale, sostiene invece il Sì o il No a seconda delle proprie personali idee e scontri personali (vedi D’Alema e Bersani per il NO, Renzi e Orfini per il Sì). Ma se la trasversalità può essere tutto sommato accettata, nel nostro bellissimo paese si va addirittura oltre e c’è chi sostiene il Sì, pur volendo dire NO. E viceversa, chiaramente. Se ci fossero dubbi in merito a quella trasversale opinione, gli stessi sono stati ben sciolti, che nemmeno il Sangue di San Gennaro il 19 settembre. È accaduto in uno dei tanti confronti su piazza napoletana tra i sostenitori e i detrattori. Del SÌ e del NO. Lo scorso 21 ottobre a colloquiare più che a scontrarsi, sono stati due ex della politica italiana. Entrambi di alto, altissimo, spessore politico, politici che l’Italia l’hanno fatta: Antonio Bassolino e Gianfranco Fini. Il primo Presidente di Fondazione SUDD, già Sindaco, Governatore, Deputato e finanche Ministro, “fatto fuori” dal fuoco amico alle ultime primarie per la scelta del candidato sindaco di Napoli, all’indomani della disfatta partenopea non le aveva di certo mandate a dire al suo segretario nonché Premier Matteo, ma con la diplomazia tanto cara alla vecchia politica, aveva appoggiato il partito pur chiedendo un esame di coscienza.

Profonda coscienza. Oggi ci risiamo. Pur in discordo Bassolino sostiene il Sì. Lo ammette, su Facebook e non solo, che sostiene il Sì: lo fa a naso tappato ma lo fa. Perché un’innovazione ci vuole: “Il mio è un sì problematico, autonomo – ha detto il 21 ottobre Bassolino – non sono tra quelli che pensano che ‘basta un sì per smuovere un Paese fermo come il nostro”. L’altro controverso è l’oggi Presidente di LiberaDestra, già Presidente di Camera, Ministro e vice Premier Gianfranco Fini: “Se fosse stata una vera riforma presidenziale avrei votato sì – ha detto sempre il 21 – comunque non ci saranno tragedie se vincerà il sì”. Ora al di là di sì e no e due idee più o meno confuse, consapevolmente o no, in effetti un’innovazione ci vuole: la Costituzione ha quasi 70 anni e ha ragione Renzi a dire che è vecchia.
Peccato che vecchi non lo sono però i quasi 70enni che la legge italiana costringe ancora a lavorare perché la pensione per loro è sempre più lontana. Cioè, la Costituzione a 70 anni è vecchia. Gli italiani no. Paradossi tricolore. Va detto che il paradosso è bipartisan, di chi direbbe pure Sì ma invece dice No, perché Renzi gli sta antipatico e allora No sia. Poi c’è chi non dovrebbe sostenere le ragioni del Governo ma fargli opposizione e invece No, voterà Sì (vedi Alfano, Verdini e Casini, no, non quelli che si fanno in Italia…) Bastano questi pochi, pochissimi, esempi a dar l’idea di quanto il Referendum sulla modifica della Costituzione Italiana stia tirando fuori il peggio della politica nostrana. Da chi sostiene il Sì, ma voterà No a chi voterà Sì ma in cuor suo spera che vinca il No.
Insomma, un pasticcio, tutto italiano, in cui dire sempre di Sì. Va precisato però che nella commedia d’apertura il protagonista viene fermato in tempo proprio dalla sorella dal tagliare la testa ad un altro dei protagonisti, reo di non avergli detto sempre di Sì. Chissà che anche in Italia non si rischi quella stessa decapitazione. Speriamo almeno che ci sia qualcuno a salvarci da un insano di mente che non sa di essere tale.