Il Partito Comunista cubano, unico riconosciuto legalmente sta celebrando il VII congresso dopo la normalizzazione dei rapporti con gli Stati Uniti. Ma dovrà decidere anche il cambio generazionale. La riunione del Comitato Centrale composto prevalentemente da vecchi rivoluzionari, militari fedelissimi in tutto mille persone: quelle che comandano a Cuba. Era il 16 aprile del 1961 quando Fidel proclamò il carattere socialista della sua rivoluzione. A questo congresso stanno partecipando tanti parenti di questa famiglia di faraoni che sono i Castro. Una riunione importante perché arriva dopo la visita di Obama a Cuba.
E’ l’ XI riunione Generale del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba in oltre 55 anni dalla dichiarazione del carattere socialista del governo dell’isola. Un partito unico perché è vietata qualsiasi associazione che si riunisce per decidere come continuare a “perfezionare” il modello economico e sociale dell’isola ed eleggerà i membri del Comitato Centrale. Cioè coloro che governeranno dopo Raùl Castro che ha confermato durante il suo intervento che lascerà il potere nel 2018. Fidel Castro vi partecipa su una sedia a rotelle, già che non cammina quasi più, mentre nel paese sono già partiti gli appelli per partecipare alla sfilata del 1 maggio prossimo con cui si festeggeranno 90 anni del Leader Maximo. Un primo maggio che diventerà un compleanno mentre per anni è stato solo una sfilata davanti all’ufficio consolare americano per gridare slogan e consegne contro gli USA. Fidel, che ormai per molti è solo una figura decorativa mentre altri ne ascoltano ancora i suoi veti e le sue interferenze nelle decisioni importanti, dirà la sua solo sul Granma, l’unico quotidiano del paese, come ha fatto dopo la visita di Obama stigmatizzando il nuovo corso della storia. Anche se come dichiara il vecchio capo di gabinetto, di Raùl Castro, Alcibìades Hidalgo, Fidel ormai riceve i politici nella sua casa di Punto Zero solo perché è solo un oggetto da turismo politico, i cubani lo amano, ma non lo ascoltano più. Anzi ridono di lui.
Al Congresso partecipa anche tutto il Burò Politico cubano, la massima autorità politica e ideologica dello Stato che è composta da 14 membri: nove militari che fanno parte del potere reale (non dimentichiamo che controllano tutta l’agricoltura, il turismo e l’economia generale) e cinque civili. Tutti puntano il dito su Alejandro Castro Espin, unico figlio maschio di Raul che da anni riceve istruzioni e incarichi direttamente da Fidel Castro. Ma anche su Miguel Diaz Canel, generale, vicepresidente di 55 anni che potrebbe succedere a Raul come presidente del Consiglio di Stato dal 2018, data in cui ha promesso di ritirarsi.

Raùl, è primo segretario del PCC, presidente del Consiglio di Stato e di Governo ed è stato per tutta la vita a capo delle forze armate prima di sostituire il fratello al potere. Si fida solo dei vecchi compagni d’armi e dei familiari. A capo della scorta ha messo il nipote Raúl Guillermo Rodríguez Castro (famoso per la gaffe al protocollo in Francia che costrinse anche il presidente francese Hollande a cacciarlo dalla scena), sua figlia Mariela è deputato, e sono numerosi gli ottuagenari rivoluzionari di cui si circonda. Ma solo i fedelissimi sono la vera entourage che comanda. Una classe politica di circa 350 deputati e oltre mille militari che rappresentano lo zoccolo duro contro le riforme. Che controlla l’economia e l’agricoltura. Una giunta quasi tutta militare invisibile di cui fanno parte due livelli: in alto i Castro, fratelli, familiari, figli, alcuni dei quali impegnati in politica, (altri solo preoccupati di godersi la vita e l’isola di cui sono padroni); poi ci sono i big come Ventura Machado, Carlos Fernandez Gondin, il ministro degli Interni con i vice Julio Cesar Gandarilla; Leopoldo Frias, ministro della Difesa e il suo vice Alvaro Lopez Miera; Marino Murillo vicepresidente che decide anche l’economia del paese; e per le decisioni politiche e il controllo Esteban Iazo presidente dell’Assemblea e il suo cancellerie Bruno Rodriguez. Tra loro anche Ramiro Valdez vecchio comandante 84 anni, promosso da Raùl a superministro. Oggi il secondo posto è in mano di Josè Ramon Machado Ventura, di 85 anni e intimo amico di Raul Castro dai tempi della Rivoluzione, che dovrebbe dimettersi per ragioni di salute. Ramon è stato comandante di Che Guevara ed ha partecipato all’assalto fallito della caserma Moncada. Tutti vecchi, vecchissimi la cui popolazione per il 60% ha meno di 50 anni.
Raùl Castro, che ha aperto i lavori con un discorso di oltre due ore, ha annunciato riforme costituzionali con referendum; limite di età a 60 anni per i futuri incarichi di governo. Ha raccontato aneddoti dell’incontro con Obama di come all’accusa di mancanza dei diritti umani e di voto a Cuba abbia risposto che lo stesso succede in Usa dove un partito è al potere e un altro all’opposizione. Ha detto che non si fida della tattica di Obama che ritiene solo un cambio di metodo per portare Cuba al capitalismo. “Cuba resterà socialista – ha aggiunto- anche se sono necessarie alcune riforme: tra le altre l’abolizione della doppia moneta”. Oggi a Cuba ci sono due forme di pagamento: i pesos national e i cuc. Con un pesos che vale 26 volte il cuc (l’equivalente di un dollaro) , con cui sono pagati i cubani si possono comprare solo frutta e riso, mentre gli stranieri sono obbligati a pagare in cuc. Raùl ha detto anche che i “cuentapropista”, che lavorano per conto proprio, non sono anti-socialista, ma ha ribadito che il resto dell’economia deve rimanere statale. Lasciando così i militari nei posti strategici redditizi come turismo e agricoltura.
Ma sarà dietro le quinte che pian piano si capiranno i cambiamenti. Non si aspettano grandi annunci economici o di diritti umani, ma quello che si aspettano tutti sono i nomi dei vice di questa gerontocrazia comandata dai fratelli Castro. In pochi credono che lo scettro non sarà consegnato ad un Castro. Questo congresso forse svelerà chi sarà il primo e secondo segretario del Partito Unico. Una figura che ha sempre ricoperto Fidel è che nella sostanza decide tutto, già che la Costituzione cubana recita: Dentro il Socialismo tutto, fuori dal socialismo nulla. Ma il viaggio di Obama nonostante i proclami costringe la nomenclatura a prendere decisioni importanti.

Obama ha saputo parlare al popolo cubano: ha dialogato con un comico in televisione, ha chiacchierato con tutti facendo il simpatico, l’estroverso. Si potrebbe dire che ha fatto il “cubano”. Come sono i cubani della strada che rendono leggero qualsiasi discorso anche serissimo. Si è portato dietro la suocera, moglie e figli come in una gita, dimostrando l’importanza della famiglia. Ha parlato direttamente al popolo cubano del proprio futuro e dei cambiamenti che devono esserci. Inoltre è nero. I neri a Cuba nonostante i proclami fidelisti sono discriminati, nessuno di loro è al governo. E dei 10 milioni di cubani pochi possono dire di essere di sola razza bianca, (nel 1700 entravano a Cuba 93 negri d’Africa a 7 bianchi spagnoli). Obama è piaciuto ai cubani e in poche ore ha cancellato tutti i rancori che Fidel ha fomentato per mezzo secolo. I cubani hanno capito che gli USA non sono un nemico, ma solo un territorio che accoglie gli esuli delle loro famiglie. Dietro di lui sono arrivati le macchine agricole: a Cuba si ara con l’aratro e i cavalli. Con lui sono arrivati il riso, i polli e tutti quei cibi di base che ormai mancano spesso sulla tavola dei cubani. E sono arrivati i turisti americani: che riempiono gli alberghi e le pensioni e le casas particulares portando dollari e mance. Hanno smosso l’economia. Obama ha parlato di futuro. I Castro hanno parlato sempre e solo del passato.
La nomenclatura castrista cerca di tenere sotto controllo soprattutto l’economia cubana per non creare troppe disparità, ma ormai nell’isola si è capito che lavorando per “cuenta propria” si guadagna. E nonostante le restrizioni i cubani vanno avanti e cercano vie d’uscite economiche dalla miseria del lavoro di Stato che paga salari da 15 dollari al mese anche ai medici. Badate bene riscuotendo mille dollari a lavoratore dalle imprese straniere. Una sorta di schiavitù salariale da servi della gleba. Dunque come Obama aveva previsto, il rischio è che il governo castrista a Cuba imploda per miseria, difficoltà ed ingiustizie sociali. Non tanto per mancanza di libertà. A soffrire di questo sono solo i dissidenti. E anche se la nomenclatura cubana difende con le unghie e con i denti i propri privilegi, che vanno da ospedali dove si possono curare solo loro e gli stranieri che pagano in valuta, case principesche lasciate dagli esuli occupate e ristrutturare gratis, auto moderne, viaggi, soldi e addirittura un circuito di macellerie che consegnano a casa, solo a loro e a Fidel la carne di manzo, proibita ai cubani che devono accontentarsi di quella di maiale. I tempi dovranno cambiare. Per tutti. Anche se la Costituzione stabilisce che il partito è la forza superiore dello Stato, militari e Burò Politico del Partito Comunista Cubano sono potenti. Ma ora dovranno prepararsi ad un futuro meno tranquillo. Tutto questo non può durare.
I cambiamenti non saranno plateali né repentini, ma ci saranno. Soprattutto in economia. Oggi Cuba ha un’agricoltura di sopravvivenza, una medicina che non cura nessuno per mancanza di medicinali, una scuola allo sbaraglio. Nessuna studia più perché tutti vogliono diventare ballerini, musicisti e andarsene dal paese. Poi c’è il malcontento degli anziani, che proprio perché fuori da tutti i circuiti turistici sono alla fame. I cubani potrebbero ribellarsi davvero. E dopo 50 anni di guardie, consegne slogan etc. potrebbero mangiarsi i padri rivoluzionari. E gli artefici di questo disastro lo sanno perfettamente. In ogni caso ci penserà la natura. Quanto possono durare ancora governanti di 90 anni?
Marcella Smocovich, ispanista, viaggiatrice e appassionata lettrice. Ha lavorato 15 anni con lo scrittore Leonardo Sciascia con cui ha imparato a leggere; 35 anni al Messaggero come giornalista professionista. Ha collaborato a El Pais, El Mundo di Spagna, alla CBS di New York . E’ stata vice direttore del mensile Cina in Italia. Viaggia frequentemente a Cuba, su cui ha scritto due libri, un’opera teatrale e moltissimi articoli. Vive tra Tunisi, New York, Roma e La Habana. E’ laureata a Salamanca e a Chieti.