Se tecnicamente con la parola “successo” si intende un esito positivo e favorevole, allora le elezioni per il sindaco di Napoli, comunque vadano, di successo non si potrà parlare. Bando al pessimismo cosmico leopardiano e lungi dal 6×3 (ovvero i mega manifesti elettorali da 6×3 metri di cui è stata tappezzata la città) di “centrodestrista” natura, la riflessione nasce dall’oggettiva consapevolezza che la città più bella del mondo, perché tale è Napoli, è ancora lontana dal poter davvero godere delle sue bellezze che da sole, se ben amministrate, sarebbero n grado di far rinascere un luogo da sogno. Una riflessione oggettiva, dicevamo, anche se la politica di oggettivo di questi tempi ha poco o nulla: a Napoli si riesce a dire tutto e il contrario di tutto, un po’ come quando si sparano i nomi del calcio-mercato: puoi dire che il Napoli punta a Messi e poi alla fine dei giochi smorzare gli entusiasmi dicendo che all’ultimo momento l’affare è saltato. E nessuno ti verrà mai a dire che hai mentito o che sei in mala fede.
Lo stesso, paradossalmente vale per Napoli, dove la politica, i politici dicono tutto e contemporaneamente il contrario di quel tutto senza minimante temere di essere smentiti o di perdere la propria credibilità: nella peggiore delle ipotesi, pure loro diranno che era tutto pronto per la rinascita di questa città ma che, ahinoi, all’ultimo l’affare è saltato. La colpa ricadrà su chi è più in alto di loro, su chi ha governato prima e in qualche caso persino sui cittadini. Da cinque anni Napoli è amministrata dal sindaco Luigi De Magistris. Ex pubblico ministero, già europarlamentare, “Masaniello” della scorsa tornata, a lui va il merito del lungomare liberato dalle auto e occupato da folle di turisti. A lui va il merito di Napoli aperta all’integrazione che sforna onorificenze come fossero pizze. A lui va il merito di una star del calibro di Robert De Niro invitata con un video che purtroppo non ha sortito gli effetti sperati, a meno che gli effetti non fossero lo sbigottimento dei napoletani. A lui va il merito… a lui va il merito… No, basta, i meriti finiscono qui.
Sia chiaro: in quasi cinque anni De Magistris ne ha firmate di delibere, ne ha dispensate di dichiarazioni eclatanti, ne ha organizzati di eventi velistici e tennistici (finiti poi nelle carte della Procura di Napoli), ne ha tentati di forum culturali ma è davvero poca roba rispetto alle promesse da “Masaniello” con bandana arancione. Nel mezzo spunta persino la sua sospensione da sindaco per una vicenda legata alla sua attività di PM a Catanzaro: una manna dal cielo per lo stesso De Magistris il quale, grazie al suo reinventarsi “sindaco di strada” ha ritrovato proprio in questo modo il suo “collante emotivo” con i napoletani. Persino con quelli che non l’avevano mai votato. Perché il napoletano è così, è giustiziere dentro: non l’avevano votato, lo criticavano sempre e comunque, ma sospeso no. Non era giusto. E ora dopo cinque anni si ritorna alle urne.
Questo ciò che c’è stato finora, quali però le prospettive per il prossimo lustro? In lizza c’è Gianni Lettieri (FI), l’imprenditore già capo dell’opposizione in Consiglio comunale sconfitto al ballottaggio nel 2011 e candidato per il Centrodestra. Lo scugnizzo napoletano che ce l’ha fatta, il simbolo della napoletanità del Pallonetto di Santa Lucia che arriva a Posillipo, il protagonista di una campagna elettorale che ha fatto discutere. Tanto. Suoi i 6×3 di dubbia capacità comunicativa: “Veste come mio nonno ma crede in noi giovani” diceva una studentessa. “Abita nei quartieri alti ma farà molto per le periferie. Lui viene da lì”, asseriva una massaia. E nella seconda tranche di manifesti è riuscito a fare anche peggio, snocciolando i dati del dramma-Napoli (dalle ore passate nel traffico alle tantissime rapine, passando per le tasse più alte d’Italia e la qualità di vita più bassa) tanto da litigare persino con l’attrice Angela Luce a colpi di lettere sui quotidiani. “Caro Lettieri, che brutti quei manifesti”, scrive l’attrice, “rendono Napoli più brutta. Lei è sicuro di amarla Napoli?”, chiede la Luce. “Io Napoli la amo”, risponde il candidato, “ma bisogna aprire gli occhi”, la chiosa. In realtà, però se è vero che i problemi non vanno nascosti sotto al tappeto, sbatterli sui 6×3 non è poi questa gran cosa. E in fondo la storia dell’imprenditore self-made-man di berlusconiana memoria è già stata mal digerita dagli italiani ed è improbabile che crei ancora appeal.
Passiamo al campo del Centrosinistra, dove per entrare bisogna farsi spazio tra i presunti brogli delle primarie dello scorso 6 marzo e la gran quantità di ricorsi di un’ex d’eccellenza. Valeria Valente (PD) ne è uscita vincitrice anche se Antonio Bassolino pare non voglia saperne di cederle il posto tra i concorrenti alle amministrative, lui che è stato il primo a candidarsi, e si aspetta da un momento all’altro che arrivi la sua di candidatura autonoma con una lista civica. Se non dovesse accadere, è altresì improbabile che l’ex sindaco passato poi alle Regione Campania appoggi la sua ex figlioccia. Questione d’onore politico e di rancore per l’allieva prediletta dal premier Matteo Renzi che ha osato superare il suo maestro. Tra l’atro la Valente è già stata assessore iervoliniana di Napoli e del suo operato non se ne ha granché memoria. Oggi insiste nei suoi discorsi da candidata sulla necessità di “più alberi”: non mezzi pubblici, strade sicure e risanate, tasse più basse ma più alberi: una Napoli più verde, insomma, può bastare. Mah…
Cambiando bandiera, se la speranza dell’Italia intera è nelle mani, quasi sempre oneste, del Movimento 5 Stelle, a Napoli non si può dire lo stesso. Nessuna lista per gli ex Grillini a Salerno, regno di De Luca o a Caserta mentre a Napoli le loro primarie on line, di cui ancora non s’è capito benissimo il meccanismo, hanno decretato la vittoria di Matteo Brambilla. Lombardo di Monza ivi cresciuto e “pasciuto”. come si suol dire. Che non fosse niente che il candidato sia di nordici natali e poco o nulla si sa della sua napoletanità in senso stretto, anche se a Napoli vive da anni. Il vero problema è la sua fede. Non religiosa ma calcistica. E non è ironia. Il Brambilla pentastellato è infatti, juventino! E il napoletano può accettare di tutto, persino una politica fatta di vessazioni e ladruncoli. Può perdonare anni di soprusi e ruberie ma uno juventino, no, non si può. Perché Napoli è il Napoli. Già l’interista animo di De Magistris mal si sopporta ma uno sindaco juventino, veramente, non si può votare. Eccoli qui dunque i candidati-eroi della nostra Napoli. I candidati nella corsa a Palazzo San Giacomo, gli sfidanti al trono di sindaco della città. Tra di loro c’è il nuovo governatore cittadino o il rieletto, se fosse Giggino. Che dunque comunque vada (non) sarà un successo è presto spiegato: i problemi li conosciamo, le soluzioni no. E dalla Valente a Lettieri, passando per De Magistris e Brambilla la situazione veramente, ma veramente, non cambia. E tralasciamo pure i vari Raffaele Bruno e co. che si candidano perché alla fine la campagna elettorale è cosa bella, buona e giusta. Nessuno pensa prenderanno voti ma fanno scena e tanto basta. Perché Napoli è vetrina, delle sue bellezze, e se qualcuno riuscisse a metterle davvero in vetrina qualcosa forse cambierebbe, camorra permettendo. Comunque vada (non) sarà un successo, dunque? Speriamo di sbagliarci, per il bene di Napoli, s’intende.