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January 29, 2016
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January 29, 2016
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Hello Fatwa e la bomba dell’incesto possibile

Lo scandalo turco scoppiato da una fatwa sull'incesto con minori

James HansenbyJames Hansen
Hello Fatwa e la bomba dell’incesto possibile
Time: 2 mins read

L’8 gennaio il Diyanet, il Direttorato per gli Affari Religiosi del Governo turco, ha annunciato attraverso il proprio sito web che avrebbe cercato assistenza legale per reagire nei confronti di individui che insistono nel fare commenti “perversi” e “di parte” riguardo al suo operato. Lì per lì, non era evidente il perché della mossa, ma poche ore dopo è esplosa la bomba. Il giornale Bergun aveva dato notizia di una fatwa (un parere coranico) emessa dall’organizzazione in cui è parsa scendere in favore dell’incesto, anzi, dell’incesto con i minori.

In risposta a un quesito posto da un anonimo (“Sarebbe nullo il mio matrimonio se provassi lussuria per mia figlia?”) gli esperti coranici del Direttorato, anziché ricordare semplicemente che sia il Corano sia la legge turca vietano l’incesto, hanno emesso una sentenza dal tenore sicuramente possibilista: “C’è una differenza di vedute sul tema tra le diverse scuole d’opinione islamiche. Per alcune, il fatto che un padre baci la propria figlia con lussuria o l’accarezzi con desiderio non ha alcun effetto sul matrimonio”.

L’estensore del parere è poi andato avanti a disquisire molto dettagliatamente sull’abbigliamento delle femminucce che incitano il desiderio, suggerendo che è comunque “opportuno che la ragazzina abbia almeno nove anni”.

Per quanto era stato lo stesso Direttorato a rendere pubblica la fatwa nel suo ruolo di “guida” all’appropriata islamizzazione della Turchia, lo sforzo iniziale è stato quello di sopprimerne la ripresa da parte delle social network e di altri organi di stampa. Man mano che peggiorava lo scandalo, gli editorialisti vicini al partito AKP del Presidente Recep Tayyip Erdoğan hanno tentato di attribuire la responsabilità dell’episodio agli oppositori del regime ancora annidati nel Direttorato e di reclamare l’epurazione ancora più radicale dell’organo (che pochi giorni prima era stato sui giornali per una altra fatwa che vietava ai fidanzati di tenersi per mano).

Il 9 gennaio è stato arrestato un gruppo di donne che manifestavano davanti alla sede del Direttorato ad Ankara. Il 10 gennaio Diyanet ha comunicato che chiunque abortisse avrebbe dovuto “donare” cinque cammelli oppure 221 grammi d’oro. Il giorno 12 i quotidiani turchi hanno riferito che l’hot line per i quesiti religiosi dell’organizzazione (dal nome trendy di “Hello Fatwa!”) era stato chiuso. Il Direttorato dice che ora esaminerà metodi alternativi per distribuire i suoi consigli che non sarebbero soggetti ad “abusi” da parte dei miscredenti. Secondo un’editorialista del quotidiano Sabah, vicino al Governo: “Non ci sono lezioni per i musulmani da parte di quelli che hanno scelto la perversione come la propria religione”, cioè interpretando la fatwa dello scandalo in senso allargato quando il suo scopo era solo quello di rispondere sulla validità di un matrimonio in certe condizioni.

Per alleggerire, secondo quanto riferisce il Guardian, Il Gran Mufti dell’Arabia Saudita, lo Sheikh Abdulaziz al-Sheikh, ha da poco vietato il gioco degli scacchi (praticato nel mondo arabo da oltre mille anni e dagli arabi trasmesso in Occidente) ai musulmani. È fonte di vizio e di ozio, dice. Dolce & Gabbana invece hanno annunciato il lancio di una linea di hijab e abaya in colorite stampe floreali.

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James Hansen

James Hansen

Americano della West Coast, vivo in Italia da molti anni. Sono arrivato, giovane, nel servizio diplomatico USA come vice console a Napoli. Lì ho capito che “da grande” non volevo fare l’ambasciatore. Sono passato al giornalismo come corrispondente dell’International Herald Tribune e del Daily Telegraph, in seguito spostandomi “dall’altra parte della scrivania” come capoufficio stampa di Olivetti, di Fininvest e infine di Telecom Italia. Da tempo mi occupo di “diplomazia privata”, accompagnando grandi aziende italiane nelle loro avventure internazionali. È la diplomazia che mi immaginavo da ragazzo, con obiettivi più o meno chiari e i mezzi e l’autonomia per perseguirli. An American from the West Coast, I have been living in Italy for many years. I got here young, with the diplomatic service as the US vice consul in Naples. There I realized that, as a grown up, I didn't want to be an ambassador. I turned to journalism as a correspondent for the International Herald Tribune and the Daily Telegraph, and later on, I moved to the “other side of the desk” as chief of press for Olivetti, Fininvest and finally Telecom Italia. I deal with "private diplomacy", backing up large Italian companies in their international adventures. It's the diplomacy as I imagined it when I was young, with more or less clear goals and the means and autonomy to pursue them.

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