In mostra al Whitney Museum of American Art, fino al al 5 marzo 2023, “Edward Hopper’s New York” è un’analisi senza precedenti della vita e del lavoro dell’artista nella città che per quasi sei decenni (1908-67) è stata la sua casa.
La carriera e le opere di Hopper sono pietre miliari per il Whitney fin dalla fondazione del museo, quando già nel 1920 ospitò la prima mostra personale di Hopèper in quello che ancora si chiamava Whitney Studio Club. Diventato poi museo nel 1931, il Whitney è stato tra i primi ad acquistare un suo dipinto per iniziare la collezione: oggi ne possiede 3.100, più di qualsiasi altra galleria al mondo.
Al quinto piano, dalle grandi parenti in vetro con vista sulla città la mostra si apre con Approaching a city, 1946, uno dei più importanti punti di ingresso a Manhattan: il tunnel della ferrovia che passa sotto Park Avenue per raggiungere il Grand Central Terminal. Il sottopasso ha anche un forte significato simbolico, un momento buio che rappresenta la paura e l’ansia che si affrontano prima di immergersi in una grande realtà come quella di New York.

Le opere esposte, circa 200 tra dipinti, acquerelli, stampe e disegni, sono suddivise in otto sezioni. Quattro ampi spazi della galleria offrono molti dei dipinti più iconici dell’artista, come Automat (1927), Early Sunday Morning (1930), Room in New York (1932), New York Movie (1939), and Morning Sun (1952). Tutti esempi dell’importanza che Hopper dà alla luce, sia come raggio che illumina l’interno di un’abitazione che come bagliore diffuso e di sospensione.
Gli altri quattro padiglioni raccolgono sei raggruppamenti dinamici di dipinti, concentrandosi su argomenti chiave della produzione artistica di Hopper.
Il primo di questi è “The city in print”. Non tutti sanno che i successi iniziali del pittore avvennero con la stampa, attraverso illustrazioni e incisioni che presentavano motivi urbani ispirati a New York – teatri, ristoranti, uffici e abitanti della città – diventati nel tempo fondamentali per la sua arte.
Segue poi “The Window,” il famosissimo tema della finestra, usato da Hopper per rappresentare l’esterno e l’interno delle città dove tutti gli aspetti della vita quotidiana tendono ad avere confini fluidi tra spazio pubblico e privato.

La mostra presenta anche, per la prima volta insieme, i paesaggi urbani panoramici dell’artista, installati come gruppo in una sezione intitolata “The Horizontal City”, e non manca nemmeno la raccolta di opere raffiguranti la musa ispiratrice di Hopper, la sua casa e il quartiere di “Washington Square”.
Altra grande passione dell’artista, il teatro. La galleria di dipinti che esplora la passione di Hopper per il palcoscenico comprende persino oggetti d’archivio come le matrici dei biglietti e i taccuini di sala.
Il percorso termina con tre dipinti più tardivi: Morning in a City (1944), Sunlight on Brownstones (1956) e Sunlight in a Cafeteria (1958), inseriti all’interno della sezione “Reality and Fantasy”.
Tutte le opere sono caratterizzate da una geometria radicalmente semplificata e da ambientazioni inquietanti, segni di come New York sia servita sempre più come sfondo per le suggestive distillazioni dell’esperienza urbana di Hopper.