Le fogne di New York non sono certo tra i luoghi più ospitali della città. Ma c’è chi le trova interessanti. I ricercatori, ad esempio, sanno che analizzare le acque di scarico è sempre un ottimo modo per valutare la salute della popolazione.
A gennaio, un team di scienziati coraggiosi è sceso sotto le strade per raccogliere alcuni campioni e studiarli in laboratorio. Il risultato ha lasciati tutti a bocca aperta. I frammenti di Covid-19 trovati presentavano una costellazione unica di mutazioni che non era mai stata segnalata prima in pazienti umani. Cosa significa? Un potenziale segno di nuove varianti già presenti tra gli abitanti, ma non ancora rilevate ufficialmente.
Il dubbio che i residui di virus trovati non appartengano all’uomo inizia però a farsi concreto. Gli scienziati li chiamano “cryptic lineages”, lignaggi criptici, e ne hanno trovati moltissimi. Potrebbero appartenere a persone le cui infezioni non sono ancora state individuate dal sequenziamento, la pratica che serve per stabilire che tipo di variante le abbia infettate, ma anche ad animali che hanno contratto la malattia. Il sospetto più fondato ricade sui topi, che a New York sono tantissimi.

“Penso che sia davvero importante stabilire la fonte di queste varianti – ha dichiarato John Dennehy, virologo del Queens College e autore dello studio – ma ancora non siamo stati in grado di definirla”.
Non è la prima volta che gli esperti si avventurano nel sottosuolo cittadino. La prima volta che hanno messo piede negli scarichi per cercare ci capirne di più sul virus è stata a giugno del 2020, quando un’équipe capitanata dal virologo Marc Johnson, che lavora all’Università del Missouri e alla Texas A&M University, ha guidato la sua squadra per raccogliere informazioni direttamente sul campo.
Dallo scorso gennaio, poi, hanno iniziato a eseguire il sequenziamento mirato dei campioni, concentrandosi su parte del gene e sull’importantissima proteina spike del virus. È un approccio che fornisce un quadro limitato al genoma virale, ma che consente di estrarre molti dei dati fondamentali per spiegare l’evolversi della malattia.
Così, le fogne diventano per la città una risorsa. Ne è passato di tempo da quando tra i borough si diffondeva la leggenda che, nelle tubature del sottosuolo, vivesse una colonia di giganteschi alligatori.

Era il 1935, doveva ancora scoppiare la Seconda Guerra mondiale e in una fredda giornata di febbraio fu segnalata la presenza di un enorme rettile da un gruppo di adolescenti che stava spalando la neve. L’animale morse uno di loro e gli altri lo uccisero a colpi di badile, scrivendo una pagina della storia newyorkese che sarebbe rimasta negli annali.
Le prime teorie sulla provenienza dell’alligatore ucciso a nord di Manhattan, nell’East Harlem, sostennero che fosse arrivato a bordo di una nave, e da lì finito prima in acqua e poi nel sistema fognario. Ma non è così improbabile che fosse invece stato lasciato nel fiume da qualcuno che, avendolo acquistato come animale di compagnia, decise poi di liberarsene.
Negli anni ’30, infatti, era piuttosto comune negli Stati Uniti ricevere piccoli alligatori da tenere tra le mura di casa, molto spesso importati dalla Florida. Qualcuno riusciva a scappare e infatti, chi conosce la storia della città, ricorda diversi casi di cronaca relativi ad alligatori avvistati tra i quartieri.
Nel 1907 un articolo riporta il caso di un lavoratore del New Jersey morso da un piccolo alligatore, uno del 1927 di un altro recuperato in un piccolo corso d’acqua e poi di un altro ancora trovato in un prato. L’ultimo, infine, addirittura in metro, a Brooklyn, in un episodio datato 1937.
Cambiano i tempi, ma il fascino delle fogne rimane invariato. Prima ci si trovavano gli alligatori, ora il coronavirus.