Sedici anni di resilienza a New York. Quarantatré a Brescia. Il World Trade Center, da una parte. Piazza della Loggia, dall’altra. Due città distanti migliaia di chilometri. Due stragi diverse, accadute in epoche lontane. Eppure, nella giornata che commemora le vittime a Ground Zero, Brescia e New York sono rimaste una accanto all’altra. Entrambe per ricordare chi non c’è più. Alle Torri gemelle, nella mattina che sconvolse Manhattan, morirono migliaia di persone. Molti erano di origine italiana. A Brescia, il 28 maggio del 1974, un attentato di matrice neofascista uccise otto persone e provocò 102 feriti. E così, chi è rimasto vivo e ricorda si sente meno solo.
Nel pomeriggio dell’11 settembre, al Consolato Generale italiano di New York, in Park Avenue, un momento comune per commemorare le vittime. Quelle italo-americane morte al World Trade Center e i morti della città lombarda. Davanti all’installazione bianca, che rappresenta le torri in fiamme, nell’atrio del Consolato, una preghiera in inglese per non dimenticare chi, in quei giorni, ha perso la vita, all’improvviso, mentre si trovava sul posto di lavoro. Il Console generale, Francesco Genuardi, insieme al Presidente del Consiglio Comunale di Brescia, Laura Parenza, per primi, hanno posato dei fiori, in memoria dei morti di quelle stragi. “Crediamo tutti negli stessi valori, crediamo tutti nella libertà”, ha spiegato il Console.
Durante la cerimonia, storie intrecciate, tra la Lombardia e gli Stati Uniti: “Era il 28 maggio del 1974 e a Brescia era in corso una manifestazione contro la violenza neofascista e a difesa delle istituzioni democratiche. Esplose una bomba che uccise otto persone. Tra quei morti c’era anche mia moglie. Per questo mi sento legato a voi”, ha spiegato, con compostezza, il marito di una delle vittime di Piazza della Loggia. Intanto, le immagini di Brescia scorrono su un pannello chiaro, mentre la cerimonia continua. A metà tra l’America e l’Italia. “Essere qui, oggi, in rappresentanza della comunità e della città di Brescia, non solo mi emoziona ma mi fa sentire onorata di rappresentare una civitas che ha il senso della memoria”, ha detto Laura Parenzo, avvolta nel tricolore.
Giulio Picolli, presidente dell’associazione “Ieri oggi domani”, ha ricordato i morti italo-americani uccisi durante l’attentato a Ground Zero: “Mi devo scusare se parlo italiano, ma è ciò che viene dal cuore è espresso sempre in questa lingua. Sono più di trecento. Ma, in questi anni, siamo riusciti ad accertare l’origine di 195 persone”. Un elenco a più voci. Molti i cognomi italiani, storpiati dopo generazioni di migrazione. Come gli Esposito e i Genovese.
I primi a essere chiamati, prima della lettura dei tre elenchi, i Vigili del fuoco, i primi a entrare nei palazzi in fiamme. “Un sacrificio, il loro, che è costato molto alla città di New York e per cui, noi tutti, saremo sempre grati. Persone insostituibili che, per prime, raggiunsero le Torri gemelle. Molti di loro non ci sono più e noi gli saremo sempre riconoscenti”, ha concluso Picolli.
“Ci ritroviamo, ogni anno, per ricordare le vittime innocenti e gli eroi che hanno dato la propria vita per salvarne altre. Ci ritroviamo per dimostrare che l’odio non può vincere, perché coloro che ci hanno lasciato sono e saranno sempre vivi e amatissimi, nei nostri cuori”, ha dichiarato Silvana Mangione, vice segretario generale del CGIE. “Questo nostro appuntamento d’amore serve anche a rafforzare i valori di democrazia e libertà, che troppo spesso riteniamo acquisiti e che vanno invece difesi ogni giorno, contro le violenze ideologiche, pseudoreligiose, razziste, che offendono il presente e cancellano il passato. Celebriamo oggi il diritto di essere liberi di fare le nostre scelte di vita e la volontà di costruire un mondo di pace in cui ognuno di noi possa crescere sereno nel rispetto degli altri. Per questo ci ritroveremo ogni anno, negli anni a venire, per leggere i nomi e stringerci insieme, in nome e in onore dell’umanità”, ha concluso.
Alla commemorazione delle vittime italiane, sono arrivate, tramite la voce di Victor Calise (Commissario per le Disabilità nel Comune di New York), anche le parole del sindaco, Bill de Blasio, che sedici anni dopo ricorda alla città come quell’attentato ha cambiato ogni cosa.