Red-woman-power-from-Sex-and-the City. Non ha certo bisogno di traduzioni né interpretazioni il gioco di parole d’apertura, almeno per chi (come la sottoscritta ma con moderazione) per anni ha seguito le vicende della serie cult anni ’90, Sex and the city, appunto, ambientata a New York. Una serie che in centinaia di puntate attraverso le quattro protagoniste, ha sfatato miti e tabù raccontando le donne newyorkesi, nemmeno troppo lontane, in fondo, da quelle al di là dell’oceano. La serie, dopo essere arrivata per ben due volte anche al cinema con altrettante pellicole, ha chiuso i battenti nel 2004 e ognuna delle protagoniste (Carrie, Samantha, Charlotte e Miranda) è andata per la sua strada. Una strada che ci s’immagina da attrici, produttrici tv al massimo o magari dedicata alla vita privata. Se non fosse che questa è l’America, baby, quella dove il sogno americano lo si vive da svegli e dove una delle protagoniste del cult di successo (la rossa appunto) decide che in tv vuole tornarci ma non per parlare con un copione già scritto bensì per parlare, udite udite, di politica. Ecco qua. Suspense per dieci righe e ora arcano svelato: Miranda entra in politica. O meglio, l’attrice Cynthia Ellen Nixon lo fa e di preciso la sua intenzione sarebbe quella di presentarsi per la guida dello Stato di New York, come governatore, sfidando alle primarie del Partito democratico il governatore uscente, Andrew Cuomo. Le voci non sono confermate ma neppure smentite, e quindi restano in piedi se non altro per movimentare il gossip serial-politico.

D’altronde che i protagonisti del piccolo o grande schermo si lancino nella politica, non è certo una novità e Arnold Schwarzenegger docet. Persino in Italia gli esempi si sprecano: da Iva Zanicchi a Mara Carfagna, passando per Elisabetta Gardini. Certo, nel Belpaese nessuna che sia diventata governatore di uno Stato ma dal tacco 13 al tailleur castigato il passo è stato fatto. La Nixon piace, intanto, e piaceva parecchio anche il suo personaggio, Miranda Hobbes.

Ora che la bella attrice si lanci o meno nell’avventura è ancora tutto da vedere ma che Miranda potesse in effetti pensare all’ipotesi di una carriera di guida dei suoi concittadini, in fondo non era così lontano e a ripensare bene alla rossa del telefilm, lei le carte per gareggiare e finanche vincere ce le avrebbe eccome. Stakanovista fino al midollo, avvocato in carriera tanto da mollare un studio legale non alla sua altezza, Miranda mette il lavoro prima dell’Amore ma poi realizza che è importante pure quello e allora si redime, ma non troppo, restando fedele a se stessa e al suo meraviglioso cinismo. Miranda diffida degli smielati e preferisce le cose reali, non teme i cambiamenti né i giudizi altrui e si adatta alla vita (sua) che cambia, tanto da abbandonare la glamour di Manhattan per Brooklyn senza farne per questo una tragedia. Insomma, Miranda è una che ha stoffa. Certo se a candidarsi fosse stata Carrie (Bradshaw) di sicuro avrebbe dettato stile in politica e le sue (spesso) sciatte e mal vestite colleghe ne avrebbero tratto giovamento ma scrivere come fa lei conta se sei una giornalista, non una governatrice. Samantha (Jones) avrebbe, invece, reso goliardici (per usare un eufemismo) i noiosi discorsi di politici politicanti ma la serietà e il buon gusto ne sarebbero usciti platealmente e drammaticamente sconfitti. E nemmeno Charlotte (York) avrebbe fatto centro: troppo insicura, delicata e self control woman per resistere ai ritmi talvolta distruttivi della politica, specie quella di un governatore di uno Stato.

Insomma, tra le quattro Miranda è quella che avrebbe davvero le carte in regola e c’è da scommetterci che se vincesse, qualcuno “Jules e Mimì” lo produrrebbe per davvero e il Cosmopolitan sarebbe il drink ufficiale di New York. Non male direi.
