Niuiòrc Niuiòrc ritorna a New York. Sembra uno scioglilingua e invece è una promessa: In Scena! Winter riporta a Manhattan due spettacoli delle prime edizioni del Festival di Teatro Italiano esteso ai cinque distretti della città. Fra questi il diario di viaggio di Francesco Foti, presentato nel 2013 alla Casa Italiana Zerilli-Marimò con grande successo di pubblico e di critica. Dal 4 al 7 febbraio, Foti sarà sul palco del Bernie Wohl Center at Goddard Riverside (647 Columbus Avenue), alternando tre repliche ad altrettanti appuntamenti de L’Italia s’è desta, della Compagnia Ragli (Rosario Mastrota e Dalila Cozzolino).
Scritto, diretto e interpretato da Francesco Foti in una esilarante versione bilingue coniata proprio per il Festival, Niuiórc Niuiórc racconta un percorso nella Grande Mela basato su (veri) appunti di viaggio dell’autore. Per la prima volta solo in balia della metropoli (e di sé stesso), il personaggio vive un peculiare percorso di formazione sulle strade della città, scoprendo un mondo nuovo che lo porterà inesorabilmente a incontrare uno sconosciuto lato di sé.
Diplomato all’Accademia d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, Foti lavora da sempre in teatro, anche se è noto soprattutto per le apparizioni cinematografiche e televisive. A New York, grazie a KIT, tre anni fa è andato in scena per la prima volta presentando questo suo spettacolo e il progetto Voci nel Deserto durante la serata inaugurale della prima edizione di In Scena! Lo abbiamo intervistato in occasione di questo insperato ritorno e ci ha risposto con entusiasmo davvero grande.
L’idea di questo spettacolo è nata da un viaggio che hai fatto nella Grande Mela a quarant’anni suonati. Cos’è che ti ha colpito di New York tanto da decidere di farci uno spettacolo?
New York è stato esattamente quello di cui avevo bisogno in quel momento: una scossa. Solo che invece di essere una breve scossetta da pochi Volts, mi ha fulminato e dura ancora! Poco dopo essere arrivato ho ripreso a scrivere, dopo tanto tempo, con grande entusiasmo e curiosità, e adesso avrei materiale per almeno 10 spettacoli. Una volta ritornato in Italia ho iniziato a lavorarci su e dopo un bel po’ di tempo, tra esaltazioni e crisi (e grazie anche agli stimoli e ai complimenti di tanti amici e addetti) è nato Niuiòrc Niuiòrc.
Cosa succede sul palco durante i 75 minuti di quello che è un vero e proprio one man show?
Succede di tutto! Si inizia con una specie di messa laica e si finisce sull’Empire State Building cantando una canzone italiana. In mezzo, un vero e proprio viaggio pieno di incontri, di personaggi strani, di angoli di New York, di vicende fortunate e sfortunate per quella che, alla fine, non è altro che una vera e propria storia d’amore con la città.
Raccontaci com’è stata la tua prima volta a New York, un sogno o un incubo?
Sono successe così tante cose che non basterebbe un’intervista, come non basterebbe un solo Niuiòrc Niuiòrc, che in buona parte è autobiografico. Potrei raccontare dell’impatto con l’aeroporto JFK, o della pattinata sul ghiaccio, o della cena vegana, ma anticipare qui qualcosa potrebbe rovinare alcune sorprese dello spettacolo, e dire cosa è vero e cosa ho inventato toglierebbe magia. Insomma, mi sa che vi tocca venire per sentire tutte le incredibili vicende del protagonista dello show.
New York oggi è ancora un mito?
Assolutamente sì! Almeno per me. Dopo la prima volta, sono tornato almeno altre 5 volte ed è sempre una bellissima sensazione. Tutte le volte ho un po’ di palpitazioni, perché non so mai come sarà il rivedersi. E così mi riavvicino, un po’ impacciato, ma già dopo pochi minuti tutti gli imbarazzi sono superati e si torna a scherzare e a flirtare come sempre. Si scopre sempre qualcosa di nuovo, si rivedono i vecchi posti, si fanno lunghe passeggiate al tramonto, si prende un drink o un tè insieme… È la mia città-fidanzata.
Torni a esibirti qua: com’è andata la prima volta e cosa ti aspetti ora?
La prima volta è andata benissimo, quasi in maniera imbarazzante! Io non sapevo davvero cosa aspettarmi, visto che era il primo spettacolo della prima edizione del Festival In Scena!. Ricordo il giorno della prima alla Casa Italiana Zerilli-Marimò, mentre in camerino ripassavo questa versione in italiano e inglese realizzata per l’occasione e nel silenzio pensavo: “Ma chi me lo ha fatto fare?! Non verrà nessuno…”. Poi, improvvisamente, ho cominciato a sentire il classico brusio del pubblico che entra in sala, e mi sono rasserenato. Poi il brusio cominciò a diventare sempre più forte, segno che la sala si avviava ad essere strapiena, e ho ricominciato a preoccuparmi perché temevo potessero non capire o magari non apprezzare. Una volta salito sul palco, alla prima quasi istantanea risata, tutti i timori sono svaniti ed è stata una meravigliosa festa con un pubblico fantastico e complice, pronto a giocare e a viaggiare con me. E così è stato per tutte le repliche del Festival, più una straordinaria, proprio al Bernie Wohl, perché a Susan (Macaluso, direttrice del teatro, ndr) era piaciuto così tanto che ha voluto assolutamente che replicassi anche da loro. Tornare dopo due anni ad esibirmi nel teatro che ha visto l’ultima replica mi sembra uno straordinario segno di “continuità” e continuità mi aspetto anche dall’affetto del pubblico newyorchese che ho imparato ad apprezzare (e un po’ anche ad invidiare, rispetto a quello italiano).
Come convinceresti il pubblico a venire a vedere il tuo spettacolo?
Innanzitutto: dove lo trovate uno spettacolo che potrebbe essere un film, ma anche un libro?
Ho avuto recensioni fantastiche; lo spettacolo è stato definito da vari critici “un gioiello, sorprendentemente coinvolgente, delizioso, ironico, esilarante, vero…”, ma se devo essere sincero, la mia vera soddisfazione è vedere il sorriso stampato sui visi del pubblico alla fine dello spettacolo, e le loro parole sono la migliore pubblicità. Leggere nel Diario di Bordo frasi come “Dopo la quarta volta, ho ancora voglia di vederlo e mi dispiace ancora quando finisce!”, o “Mi hai emozionato, ho riso, mi sono commossa e ho riso ancora”, o ancora “GRAZIE!!”, non ha prezzo.
Se non ci credete, venite a vederlo e alla fine del monologo, quando son solito fare due chiacchiere col pubblico, potrete scrivere e dirmi personalmente se siete d’accordo o no.
John Steinbeck dice: ”Le persone non fanno i viaggi. Sono i viaggi che fanno le persone”. E allora: venite con me a fare un viaggio da New York a Niuiòrc!