Il trasporto navale nel Mediterraneo e il ruolo dell’Italia sono un aspetto fondamentale e determinante per la crescita del Sud e, di conseguenza, dell’Italia intera. Questo mare è stato spesso troppo poco considerato, invece è il centro del traffico di merci che provengono dall’Atlantico, dall’Europa settentrionale e dal canale di Suez che mette in collegamento i paesi fortemente emergenti del sud-est asiatico prima con l’Europa occidentale e poi con l’intero continente americano.
I passaggi marittimi di accesso obbligato e rilevanti sono cinque: quattro nel Mediterraneo (Suez, Gibilterra, Bosforo e Dardanelli) e uno, il Canale di Panama, tra l’oceano Atlantico e quello del Pacifico. Lungo tutte le coste del nord Africa si concentra circa il 20% del traffico mondiale. In tutta la portualità dell’intero Mediterraneo, prima del Covid transitavano ogni anno circa 2 miliardi di tonnellate di merci, una quantità enorme che fa gola a molti. L’Italia, con 8.000 km di coste, era il terzo paese europeo per traffico merci nel mar Mediterraneo, movimentando circa 500 milioni di tonnellate. Nel frattempo, l’allargamento di Suez portato al doppio di prima ha consentito il passaggio di ben 97 navi al giorno rispetto alle 47 precedenti.
Soprattutto ha consentito il passaggio delle cosiddette Mega ship, navi con una capacità di carico superiore ai 13.000 teu (acronimo di twenty-foot equivalent unit) fino a toccare quasi i 19.000 teu portando la capacità di trasporto merci di queste navi a livelli impensabili. Le Mega ship hanno bisogno di 2 elementi fondamentali: cantieri navali adeguati per essere costruite e porti enormi per l’attracco. Le costruzioni di questi giganti del mare sono i cantieri Hyundai, Samsung e Daewoo, tutti nella Corea del Sud, che ne detiene la leadership mondiale e, a seguire, ci sono gli IHI-Kure, i Mitsubishi e i Kawasaky, tutti e 3 giapponesi.

In tutto questo vortice di crescita si è distinta Pechino passando dai 5,5 miliardi di euro nel 2001 a circa 50 miliardi di euro nel 2019. La Cosco, società di proprietà del governo cinese ha acquistato inoltre il 67% del porto del Pireo e garantirà investimenti nei terminal container del porto greco per oltre 350 milioni di euro nei prossimi 10 anni. L’enorme crescita della direttrice Panama-Gibilterra-Suez-Golfo rappresenterebbe una grande opportunità per la Sicilia e per tutto il nostro Sud, che avrebbe in tal modo l’opportunità di diventare la piattaforma nel cuore del Mediterraneo a supporto e integrazione dell’intero sistema produttivo italiano ed europeo.
Ma essere al centro geografico delle rotte di traffico non basta più. Come si fa a competere se le circa 25 autorità portuali italiane lavorano in modo non sinergico e, soprattutto, funzionale? Per non parlare delle autorità doganali che a un container cineseimpongono 17 controlli da 3 Ministeri diversi e l’obbligo di esibizione di 70 documenti, con tempi di controllo pari a 7 giorni mentre, se vanno a Rotterdam, impiegano una quarantina di ore.

Lo stesso dicasi per Amburgo e Anversa, bypassando i porti italiani. Senza contare la concorrenza che fanno Valencia e Algeciras in Spagna, il Pireo in Grecia, Port Said in Egitto e Tangeri in Marocco che stanno, ogni anno, sottraendo clienti a Gioia Tauro,Taranto e Augusta al Sud. Il mancato adeguamento, poi, dei nostri scali marittimi, che non investono nella logistica e nell’innovazione oltre che negli attracchi adeguati e proporzionati per le Mega ship, ci faranno ritrovare a breve con Spagna, Marocco ed Egitto che stanno investendo in modo significativo e si stanno attrezzando costruendo sulle loro coste le infrastrutture necessarie a ricevere questi enormi porta container.
In tutto il mezzogiorno quella che potrebbe assumere una vera leadership è la Sicilia che per la sua posizione geografica appare il luogo più indicato per lanciare un simile progetto che la vedrebbe come volano dell’intero mezzogiorno.
Tutta questa materia ad oggi non compare ancora nel PNRR ma, soprattutto, neppure nel recente accordo bilaterale fra Roma e Parigi.