Un pronto soccorso letterario, una libreria indipendente, un ristorante che fa impresa sociale attraverso l’integrazione e l’inclusione, una fabbrica artigianale di scarpe per rivalutare un angolo del centro storico, un laboratorio di liuteria per fiati.
Catania rinasce dal basso, dalle iniziative dei cittadini privati che provano a scommettere in una città dove, lo scorso dicembre, il consiglio comunale ha dichiarato il dissesto finanziario e, uno dei teatri più importanti d’Europa, il Teatro Bellini, rischia di chiudere per mancanza di fondi.
Dominata dall’Etna ed abbracciata dal mare, Catania si rinnova attraverso il suo spirito levantino e la vocazione imprenditoriale, promuovendo iniziative, progetti che intervengono sul territorio e sull’economia di una città che, negli ultimi anni, ha visto un aumento notevole dei flussi turistici e una timida ripresa delle attività commerciali del centro storico, dopo gli anni della crisi.
Cinque storie di catanesi che raccontano anche di ritorni in patria, di scommesse, di difficoltà ma anche di successi. Storie che vanno controcorrente rispetto alla natura dei tempi. Che segnano la via del futuro con un ritorno al passato attraverso la ripresa dell’artigianalità, del lavoro manuale, delle relazioni, dell’integrazione.
Perché cambiare si può, tirando fuori dal cassetto i propri sogni e trasformarli in realtà con il coraggio, la pazienza e, sicuramente, con un pizzico di sana follia.
Cono Cinquemani e il suo Pronto Soccorso Letteraio Saranno i libri a salvare il mondo
Camice bianco, stetoscopio, un elenco di libri al posto di un prontuario medico, letture al posto di farmaci.
Dalla sconfinata passione per la lettura nasce l’idea del Pronto Soccorso letterario che Cono Cinquemani, catanese vulcanico e dalle mille idee, ha voluto dare vita nella sua città. Assistente di volo Alitalia, Cono si è fatto conoscere per il suo racconto Zia Favola, Una storia siculish, un piccolo gioiello storico-linguistico che ha segnato il suo esordio nel mondo della scrittura.
Divoratore di libri e ricercatore appassionato di storie, scrittore di nicchia, Cono gira insieme al suo staff nelle librerie di Catania per promuovere un approccio curativo alla lettura e suscitarne la passione per chi non vede ancora i libri come fonte di sapere e di piacere intellettuale.
L’idea della libroterapia nasce negli Stati Uniti nel 1937, quando W.C. Menninger la introdusse per la prima volta all’interno della clinica psichiatrica in cui operava.
Prendendo spunto da quella idea di trattare alcuni disturbi psichici con le letture di vari romanzi, Cono va oltre.
“Il mio obiettivo è di acquistare un’ambulanza letteraria itinerante per raggiungere tutti i quartieri di Catania e non solo; creare un’associazione culturale che promuova iniziative e pubblichi saggi e libri che abbiano come filo conduttore la libroterapia. Pronto Soccorso Letterario vuole anche portare la lettura nelle scuole per avvicinare i ragazzi ai grandi classici con leggerezza- dice Cono.
Questa esperienza mi da la possibilità di vivere un contatto umano incredibile, di cui ci siamo dimenticati, distratti spesso dai social.
Inizialmente, i lettori sono diffidenti ma poi, non appena capiscono la natura dell’evento, entrano in sintonia e interagiscono con noi.
Dai grandi classici della letteratura agli autori contemporanei, il Pronto Soccorso letterario da vita ad un vero e proprio happening di natura teatrale durante gli incontri promossi.
Cono, fondatore e direttore creativo di PSL, insieme alle due libroterapiste, Tiziana e Agata Squillaci, alla psicoanalista Alessia Sciuto, a Diana Anastasi (consulente editoriale e libroterapista), Laura Adorno (attrice e scrittrice), Laura Rapicavoli (interprete, responsabile teatrale), consegnano ai pazienti-lettori delle provette che contengono incipit di romanzi, parti di un testo, affinchè si catturi la curiosità dei lettori e si inizi un dibattito sul libro.
“Vogliamo far rileggere i grandi classici con una nuova chiave di lettura, come si fa con il teatro. Riproponendo i testi con un approccio diverso, il lettore entra in una nuova modalità di comprensione e interazione con il testo. La libroterapia, attraverso l’utilizzo dei libri come terapia, permette al lettore di entrare in una comfort zone, nella quale, idendificandosi con una storia o un personaggio, attiva dei meccanissmi psicologici che sono propedeutici alla cura di determinate patologie. Durante i nostri incontri parliamo di determinate parti del libro scelte con l’obiettivo di esprimere le potenzialità curative di un testo. Il nostro lavoro finisce con la segnalazione di alcuni testi mentre il percorso psicoterapeuta vero e proprio inizia attraverso la “somministrazione” ad hoc di una serie di libri al paziente” continua Cono.
E se il mal d’amore, dice Cono, si può curare con i testi di Emily Brontë, I giorni dell’abbandono di Elena Ferrante è un testo importante per elaborare il lutto.
Il Giovane Holden di Salinger, grande romanzo di formazione, è un classico suggerito dalla libroterapia perchè ci pone di fronte ad alcuni interrogativi esistenziali difficili da eludere e soprattutto ci costringe a fare i conti con la verità. Per Cono, un romanzo psicologico importante è anche Robison Crusoe di Defoe, un grande classico che può essere riletto con la chiave psicologica dell’essere umano che non si arrende mai e trova sempre con le proprie forze una soluzione.
“I grandi classici che magari a scuola non abbiamo ben digerito perchè ci sono stati “somministrati” in un certo modo, noi vogliamo presentarli con leggerezza ma anche intercettando una certa sensibilità, per essere visti e letti in maniera diversa. Pensiamo ad esempio ai Promessi Sposi, un must delle letture scolastiche che noi vogliamo far rileggere in una chiave nuova, dalle potenzialità curative, a partire dalla figura di Don Abbondio, che si presta bene quando si parla di servilismo. O ancora Mastro Don Gesualdo di Giovanni Verga che ci può aiutare ad avere un atteggiamento di distacco nei confronti del materialismo”.
Spinto dalla passione ma anche dalla voglia di intervenire nella sua città, Cono crede nella potenzialità dei libri come mezzo per fare circolare idee, incontrare persone, realizzare obiettivi.
E mentre sta lavorando al suo secondo lavoro editoriale, tra le sue molteplici attività, c’è anche quella di portare in giro turisti in luoghi che raccontano una Catania letteraria e meno conosciuta. Nella sua casa in pieno centro storico, ribattezzata “la casa di l’Avvulu Rossu”, accoglie viaggiatori trasformando l’ospitalità in una narrazione di storie e leggende.
Un libro per curare la città di Catania, oggi forse piena di acciacchi e un pò frantumanta? “Penso alla raccolta di Italo Calvino, Marcovaldo ovvero le stagioni in città”.
“In una società dove l’interazione digitale regna sovrana, il ritorno al contatto, anche fisico, con i libri rappresenta una ripresa delle relazioni umane e del dialogo. Sarà la bellezza di un libro e della lettura a salvare il mondo”.
“Pescebanana”, la libreria per sogni e storie indipendenti
Ancora libri, ancora storie racchiuse in pagine e scaffali pieni di racconti. E c’è una storia da raccontare, quella coraggiosa di Umberto Bruno, trentenne catanese che lascia il lavoro nella ristorazione per trasformare la sua grande passione, la scrittura e la letteratura, in un lavoro.
Non uno semplice ma di quelli che richiedono coraggio e passione.
Una libreria dove trovano spazio solo libri di editori indipendenti non reperibili nella grande distribuzione, in un quartiere difficile, quello di Picanello a Catania, lontano dalle luci del centro.
Umberto, autore de “I Mangiaunghie” e Mosche e draghi dalle parti di Humpstee, non è un commerciante di libri ma un libraio. Come quelli di una volta, che ti guidavano nella scelte dei libri ascoltando i bisogni del lettore. Nella sua libreria, dove lui organizza cineforum e incontri per gli abitanti del quartiere, ti sembra di chiudere la porta e catapultarti in una di quelle atmosfere che trovi nelle piccole librerie di Parigi, dove senti ancora l’odore dei libri, il rumore delle mani che sfogliano le pagine, insieme a quello del caffè.
La libreria prende il nome da un racconto di Salinger, Un giorno ideale per i Pescibanana, che narra di un uomo che di lì a poco si toglierà la vita, ma convince una bambina, incontrata per caso sulla spiaggia, ad andare alla ricerca del Pescebanana, che ovviamente non esiste.
Sarà il desiderio di vivere questa avventura che porterà la bambina a vedere davvero il Pescebanana mentre l’uomo, incapace di trovare un posto nel mondo, regala alla bambina la possibilità di scommettere e di osare.
Una scommessa anche per Umberto, controcorrente, se consideriamo di vivere ai tempi di Amazon.
L’idea è nata proprio come scelta controcorrente- dice Umberto. Anche se devo riconoscere di aver percepito questo desiderio nella comunità dei lettori, forse per opera di nostalgia, proprio di un necessario ritorno a quella dimensione di libreria come luogo d’accoglienza e confidenze. Uno spazio intimo, dove il libraio è un amico e ci si saluta sempre con un abbraccio.
La libreria ha per vocazione un’intima corrispondenza di relazioni: prima fra tutte quella fra il lettore e la pagina scritta. Un necessario incontro nel quale uomini distanti anche centinaia d’anni costruiscono un legame e interagiscono fra loro.
Proprio per rendere preziosa questa relazione, oggi più che mai, è indispensabile creare occasioni di ritrovo e accoglienza, coinvolgendo la comunità in attività che richiamano questo rapporto di condivisione e dove ognuno è partecipante e protagonista in prima persona.
L’organizzazione di laboratori, cineforum, gruppi di lettura e qualsiasi altro strumento possa favorire questa interazione divengono quindi testimonianza di un comune desiderio e da progettualità singola si trasforma in esperienza comunitaria e collante sociale.
Credo inoltre sia necessario compito della libreria costruire rapporti dove l’accoglienza si manifesti quasi con un intento di natura familiare, così che il luogo possa divenire uno spazio personale e per il quale provare orgoglio e appartenenza.
Le difficoltà non mancano, molte di natura burocratica, che queste piccole realtà, lontane dalla grande distribuzione, sono costrette a subire.
Molte però le soddisfazioni.
La soddisfazione più grande avviene quando il cliente della libreria ritorna con il sorriso, manifestando la tua stessa euforia dopo la lettura di un testo che tu gli avevi consigliato. In quel momento percepisci che sei riuscito a divenire tramite, aggancio, verso un mondo talmente carico d’impressioni che non è sempre così ovvio riuscire a testimoniare con oggettiva meraviglia.
La lettura salverà il mondo?
La lettura salva il mondo nella misura in cui diviene utile a risvegliare le coscienze. A ogni uomo ogni giorno viene chiesto di scegliere, di avere un giudizio sulle cose, di partecipare alla vita degli altri oltre che alla propria. Leggere, informarsi, curiosare nel passato, conoscere le esperienze di altri uomini e meravigliarsi della possibilità di trasferire tutto questo su carta è l’unica introduzione possibile verso un futuro per il quale dobbiamo pretendere voglia non arrendersi alla fatica di essere migliore di quello che è.
Da Parigi a Catania, un laboratorio di liuteria ai piedi dell’Etna.
Una storia che si snoda sulle note di una partitura, segue la musica sul filo diretto Parigi – Catania. È ai piedi dell’Etna, che inizia la storia di Angelo Litrico, clarinettista catanese che a Catania si diploma in clarinetto ma a Parigi si innamora degli strumenti storici e della loro esecuzione, approfondendonone lo studio al Conservatorio Reale de l’Aja.
Dopo aver vissuto oltre dieci anni nella Ville Lumière, dove ha lavorato come musicista, Angelo torna nel 2008 nella sua Catania, senza mai interrompere il ponte con la capitale francese.
Nel quartiere del centro storico catanese, Angeli Custodi, dove è nato, intrecciato da vicoli che ruotano attorno al Castello Ursino, il maniero voluto da Federico II di Svevia, Angelo è tornato seguendo il filo della musica antica.
In quelle strade, un tempo dedicate all’artigianato locale, Angelo ha avviato un laboratorio di liuteria per fiati, un atelier dove si costruiscono oboi, clarinetti, fagotti su modello degli originali del Settecento.
Un progetto supportato dal parigino Olivier Cotett, nominato nel 2002 “maestro d’arte” dal ministero della cultura francese, titolo riservato a chi si occupa di mestieri rari e li trasmette ai giovani.
Grazie anche alla passione di Katia Arcidiacono, apprendista del legno, nell’atelier si costruiranno moderni oboi, clarinetti e fagotti in legno di bosso e si chiameranno Etna.
“Quando quindici anni fa – dice Angelo- ho iniziato a parlare di strumenti antichi a Catania, ho riscontrato una certa diffidenza, considerando anche il fatto che al Conservatorio di Catania manca un dipartimento di musica antica. Sono contento che oggi, si cominciano a vedere i primi frutti che ho seminato durante tutti questi anni. Prima, con la mia associazione “Collegium Musicum” con la quale mi sono occupato e mi occupo di concerti e festival di musica antica, poi con l’Ensemble SìBarO’ (Sicilian Baroque Orchestra) che ho fondato per promuovere un genere musicale, quello appunto della musica antica, che racchiude la musica rinascimentale , classica, fino al pre-romanticismo”.
Innamorato delle bellezze naturali e storiche della Sicilia, Olivier Cotett, ha deciso di prendere parte al progetto dell’atelier di liuteria per fiati perchè ha trovato in quelle vie di Catania l’atmosfera delle antiche botteghe di una volta, cosa rara altrove.
La risposta dei musicisti locali è arrivata accompagnata da grande entusiasmo.
“Questo atelier appena nato, sembra che stia intercettando la curiosità di molti, creando una serie di iniziative che si legano direttamente e indirettamente alla mia iniziativa. Ad oggi, continua Angelo, abbiamo ricevuto molte richieste per la creazione di strumenti antichi da parte di alcuni musicisti locali. Con grande soddisfazione, sarò il direttore artistico di una rassegna di musica antica inserita nel cartellone dell’Associazione musicale etnea. Un giorno spero di poter dare vita ad una vera e propria scuola, oltre alle masterclass che ho ospitato in passato, e di avvicinare sempre di più i ragazzi alla consocenza, allo studio nonchè alla musica di questi strumenti storici”.
Musicista attivo ed appassionato, Angelo porta a Catania, attraverso le iniziative e gli incontri con artisti internazionli che organizza, una dimensione fuori dai confini nazionali, in quel continuo scambio e arricchimento che la musica riesce a creare.
“Il mio ritorno, dice Angelo, assomiglia forse più a un viaggio che non ho mai interrotto, in un flusso continuo che si rinnova grazie alla musica”.
Orient Experience 4, quando l’integrazione e inclusione passa dalla cucina di un ristorante
Dal palcoscenico del teatro a quello della vita, folgorata sulla via dell’Africa. Anche quella di Emanuela Pistone è la storia di un ritorno. Da Roma, dove ha vissuto sedici anni lavorando come attrice e regista dopo la laurea in Lingue a Catania e il diploma in Traduzione letteraria alla Sapienza di Roma.
Nella capitale, Emanuela a fa parte, come aiuto regista, della Compagnia della Luna del premio Oscar Nicola Piovani e del drammaturgo Vincenzo Cerami, ha diverse esperienze come attrice per RAIUno, Italia Radio e Radio Tre RAI; recita al cinema in film diretti da fratelli Taviani, Alessandro D’Alatri, Audrey Wells. Sempre a Roma, conduce laboratori di recitazione per studenti de La Sapienza e inizia a occuparsi di letteratura e culture dell’Africa subsahariana contemporanea mettendo in scena e diffondendo testi di autori africani.
La via del ritorno ai piedi dell’Etna nasce sotto il segno di Isola Quassùd, l’associazione culturale che Emanuela ha fondato e che diventa un luogo di incontro per gli esperti di cultura africana attraverso spettacoli di autori contemporanei, l’esplorazione del mondo dell’arte a 360 gradi con lo sguardo rivolto verso l’Africa.
Ideale continuazione di quella esperienza è Isola Quassùd Liquid Company, gruppo teatrale multietnico formato da giovani stranieri e italiani che mette in scena la narrazione delle proprie esperienze.
Quell’esperienza diventa importante per Emanuela perchè le offre la possibilità di venire a contatto con storie e realtà che meritavano, non solo di essere raccontate, ma di essere trasformate in una realtà lavorativa.
Nasce così l’home restaurant, gestito da giovani migranti arrivati in Sicilia che hanno la possibilità di entrare nel tessuto socio-economico della città e attivare il processo di integrazione e interazione.
“ A quel punto- dice Emanuela- al processo di integrazione volevo far seguire quello di una concreta opportunità professionale. Mi imbatto allora nella storia di Hamed Ahmadi, rifugiato afghano che ha avviato in Veneto, l’esperienza di ristorazione Orient Experience, non un semplice ristorante ma un luogo gestito insieme agli stranieri arrivati in Italia dove il cibo diventa un pretesto per raccontare storie, viaggi, popoli lontani ”.
Dal sodalizio con Hamed, nasce a Catania Orient Experience 4, un ristorante che supera il concetto stesso di ristorazione per diventare un luogo dove si promuove e si diffonde il concetto di altre culture, intrecciate alle storie legate al cibo.
In questa avventura, Emanuela è accompagnata da altri due soci, oltre lo stesso Hamed: Laura Maccarone, docente di italiano, Mithat Ghitas, giovane egiziano arrivato a Catania a 16 anni e sopravvissuto al naufragio del 10 agosto 2013.
In cucina c’è Maryam, la cuoca iraniana insieme a Khloud, cuoca palestinese mentre tra la sala e cucina si alternano il persiano Karim, Mohamed, giovane arrivato dal Gambia, e l’altro Mohamed che arriva dalla Costa d’Avorio, Elias il fratello di Hamed.
Lo spazio scelto da Emanuela insieme al marito Mimmo Carraro (attore italiano che ha recitato in diversi film come Malena e Pizza Connection N.d.A) è quello di un appartamento in Via Umberto a Catania, decorato dall’artista francese Blandine Hélary, la stessa che ha lavorato alle altre sedi di Orient Experience.
Il progetto Orient Experience 4 nasce sotto il patrocinio dell’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, e, sottolinea Emanuela “diventa concreta possibilità di opportunità lavorative, favorendo il processo di inserimento nel tessuto socio-economico della città oltre che, il percorso individuale di interazione e integrazione”.
I piatti mediorientali raccontano di una cucina che nasce dal viaggio , dalla memoria dei paesi lasciati, dall’incontro con le nuove culture, dall’esperienza dell’arrivo in un nuovo luogo. I profumi sono quelli del Falafel, il Badimjan, le verdure allo yougurt, il Mujaddara, tipico riso della Siria e Palestina. il Kabuli afghano, preparato con riso e agnello e arricchito, il Bakali riso che proviene dall’Iran, cucinato con carne, fave, verdure e zafferano.
Ma gli ingredienti veri sono l’accoglienza, l’apertura e la curiosità verso culture diverse. Il cibo diventa strumento di condivisione intorno al quale ci si siede per parlare di un libro, ascoltare musica, conoscere storie nuove.
“L’arte creativa è il veicolo più potente, il cibo diventa strumento per veicolare facilmente culture e idee. La soddisfazione più grande è vedere la straordinaria energia di questi ragazzi che sono riusciti a fare di questa esperienza di vita anche una concreta opportunità di lavoro”. Emanuela non ama definirli migranti ma persone che diventano portatori di storie e culture che meritano una grande possibilità.
“Ho ascoltato storie che non ho avuto il coraggio e la forza di raccontare. Viviamo tempi bui dove la diffidenza e l’ignoranza dominano insieme al pregiudizio e alla chiusura- continua Emanuela. L’integrazione? Parte da un gesto semplice: apriamo la porta . Oltre un posto a tavola, offriamo loro la possibilità di ascoltarli, diamogli la dignità e una concreta possibilità di avere una nuova vita professionale e umana. Il futuro? Lo vedo ricco e complicato ma spetta a noi cambiarlo”.
L’anima artigiana di Catania rivive nella fabbrica di scarpe di Luciana Cavalli
Quando aveva quattordici anni e frequentava l’istituto d’arte a Catania, Luciana Cavalli si fermava ogni giorno a guardare quel capannone dismesso, covando un sogno cresciuto nel tempo. Era lì, in pieno centro storico, che nel 1909 il catanese Franceschino aveva creato la prima fabbrica di scarpe artigianali come succursale di Parigi, la città dove Franceschino viveva e realizzava scarpe su misura per i reali europei.
Un sogno che Luciana non ha mai abbandonato. Lei del resto, imprenditrice, designer, produttrice di borse, calzature, accessori, tutte rigorosamente Made in Sicily, è abituata a non arrendersi mai. Nel 2016, vince un’importante battaglia legale contro lo stilista Roberto Cavalli che l’aveva accusata di ritirare il marchio e di contraffazione, ed è stata la prima in Sicilia a produrre scarpe artigianali su misura continuando l’esperienza iniziata dal nonno Vincenzo nel 1930, a Piazza Armerina.
Piuttosto che investire o andare altrove, Luciana scommette ancora nella sua Catania.
Ci sono voluti quasi tre anni di trattative per la compravendita dell’ex stabilimento di calzature Ega, in via della Mecca. Un edificio con l’inconfondibile scritta in font littoriano che conserva ancora elementi liberty, bombardato nella seconda guerra mondiale, che Luciana Cavalli ha recuperato sapientemente per restituire l’originaria missione di calzaturificio artigianale, così come il suo concittadino Franceschino aveva voluto ai primi del Novecento.
Un laboratorio artigianale per le scarpe su misura, uno show room per l’esposizione e soprattutto una concreta opportunità lavorativa per la gente locale.
Siamo in pieno centro storico catanese: da un lato il settecentesco collegio dei Gesuiti, dall’altro il teatro greco-romano e l’oratorio salesiano di via Teatro Greco, le terme romane della Rotonda.
“Questa fabbrica in pieno centro storico – dice Luciana – rappresenta per me un investimento significativo in termini economici ma soprattutto umani. La fabbrica artigianale, nell’era dell’aggressiva industrializzazione, rappresenta il recupero del nostro patrimonio artigianale italiano, quello che ci contraddistingue. Noi abbiamo sempre fatto scarpe a mano nella nostra fabbrica, cosi come mio nonno ci ha insegnato. Oggi, a quest’ arte e maestria, si aggiunge l’idea di ritornare nel centro storico di Catania per intevenire anche nell’economia della comunità locale”.
L’idea di Luciana, oltre la produzione di calzature, accessori, è anche quella, dalla vocazione storico-turistica, di consentire ai turisti e passanti la visita della fabbrica mostrando come nasce una scarpa fatta su misura, ma anche, un giorno, quella di creare una scuola di artigianato locale che possa trasmettere questa antica arte ai più giovani.
Ci sarà anche una piccola esposizione di scarpe storiche, come quelle che Luciana ha ricevuto dagli eredi di Franceschino, destinate alla Regina del Belgio prima dello scoppio della prima guerra mondiale.
“Aver ridato vita a questo capannone abbandonato, restituendogli la sua originaria funzione, è motivo di grande orgoglio e soddisfazione. Sono felice di poter contribuire all’economia della città con l’artigianato locale e soprattutto sono contenta che questo luogo ritorni all’identità originaria”.