Nei mari e sulla terra la temperatura aumenta… e l’Ue finanzia l’uso di combustibili fossili? Circa un mese fa, riuniti a Parigi, al COP21, i leader mondiali si sono vantati delle proprie promesse e degli impegni presi per salvare il pianeta riducendo le emissioni che stanno provocando un rapido innalzamento della temperatura terrestre: si sono impegnati ad attuare iniziative per limitare l’innalzamento della temperatura globale a non oltre 1,5° Celsius. Non subito, però: nei prossimi decenni.
Il problema è che i mari e l’intero pianeta potrebbero non avere tutto questo tempo: secondo i dati diffusi nei giorni scorsi da due organismi americani, la Nasa e l’Agenzia federale per la meteorologia (Noaa), il 2015 è stato l’anno più caldo da quando vengono effettuate rilevazioni attendibili, il 1880. Lo scorso anno, la temperatura è aumentata di un grado (e non di frazioni) rispetto all’epoca preindustriale. E, come se non bastasse, il mese di dicembre è stato il più caldo in oltre 130 anni: 1,11 gradi sopra la media. Cosa che confermerebbe che il fenomeno è in rapida evoluzione, come ha spiegato Compton Tucker, della Nasa: “Ciò è dovuto all’accumularsi di anidride carbonica nell’atmosfera, che agisce come una coperta isolante intorno alla Terra e tiene intrappolate le radiazioni terrestri. È proprio come mettere una coperta in più sul letto la notte. Tiene più caldi e l’anidride carbonica tiene la Terra più calda”.
Gli effetti di questo fenomeno si stanno manifestando in diversi modi ed entro il 2030 nel Mediterraneo, in Usa e in Brasile la temperatura media sarà cresciuta di oltre due gradi. Ma non basta. Secondo un panel di esperti dal Politecnico federale di Zurigo, il cui lavoro è stato pubblicato sulla rivista Nature, un aumento della temperatura media globale pari a 2 gradi corrisponderebbe all’aumento della temperatura massima di 3 gradi nel mar Mediterraneo. Con una brusca accelerazione di fenomeni come l’innalzamento del livello del mare e la scomparsa di alcune città costiere.
Per mantenere l’aumento della temperatura massima annuale del Mediterraneo entro i due gradi (e non 1,5 gradi come concordato a Parigi), le emissioni di CO2 dovrebbero essere contenute entro i 600 miliardi di tonnellate (attualmente sono 850 miliardi).
La sola speranza per raggiungere questi risultati sarebbe un massiccio ricorso alle fonti energetiche rinnovabili (prime fra tutte solare ed eolica) e la riduzione dei consumi di combustibili fossili. Stranamente, però, senza alcun motivo scientifico a supporto, l’Unione Europea, nei giorni scorsi, ha deciso di fare l’esatto contrario e ha dato il via libera alla proposta della Commissione Europea di sostenere con ben 217 milioni di Euro nuovi progetti di infrastrutture energetiche trans-europee. In altre parole, ha deciso di finanziare la costruzione di impianti per il trasporto e l’utilizzo di combustibili fossili!
“Stiamo mirando a quelle regioni in Europa che ne hanno più bisogno”, ha detto il commissario UE all’Energia, Miguel Arias Canete. Che ha aggiunto: “Dobbiamo avanzare con la modernizzazione delle nostre reti energetiche e portare tutti i Paesi ancora isolati all’interno del mercato europeo dell’energia”. Nel settore del gas, le sovvenzioni UE stanziate serviranno a promuovere e modernizzare la rete di trasmissione del gas in Bulgaria, in Grecia, in Romania e nell’ex Repubblica jugoslava, oltre che in Macedonia e Turchia. Ma anche l’interconnettore che lega le reti del gas in Romania, Bulgaria, Austria e Ungheria beneficerà dei fondi europei e permetterà al gas proveniente dal Caspio di raggiungere tutta l’Europa centrale. E, visto che quando si parla di petrolio, di gas e di combustibili fossili i soldi non bastano mai, è stato deciso che i vari Paesi potranno beneficiare anche dell’assistenza finanziaria della Connecting Europe Facility.
Tutte misure e azioni che non potranno che rallentare il processo di conversione verso fonti energetiche rinnovabili ed ecosostenibili: invece di promuovere lo sviluppo e l’uso delle energie ecosostenibili, sostenere finanziariamente il ricorso ai combustibili fossili rallenterà tremendamente la riduzione delle emissioni in atmosfera. Con le inevitabili conseguenze per l’ambiente e una inevitabile accelerazione dell’aumento della temperatura del pianeta e, in misura ancora maggiore del Mediterraneo.
Così facendo è “quasi certo che il pianeta Terra sia destinato al disastro entro i prossimi mille o diecimila anni”, ha detto Stephen Hawking. Secondo lo scienziato, la razza umana ha davanti a sé uno dei secoli più delicati della sua storia, in cui potrà decidere in che modo influenzare il lontano futuro. Un’influenza che, stando alle decisioni prese nell’ultimo periodo, potrebbe mettere a rischio la stessa sopravvivenza del genere umano.