Stati Uniti e Regno Unito sono sicuri: a far esplodere in volo l'aereo A321 della compagnia aerea russa Kogalymavia nel cielo sopra il Sinai, è stata una bomba, un attentato del cosiddetto Stato Islamico. Chiamiamola così, quest’accozzaglia di delinquenti tagliagole. Come religione professano l’Islam; quanto allo “Stato” certamente non meritano questa dignità; sono comunque ben organizzati, indubbiamente pericolosi, ben armati, capaci e dunque addestrati; padroneggiano con perizia tecnologia militare, hanno buone seppur macabre, orribili, "inventive" pubblicitarie. Insomma, non sono “solo” cenciosi, frustrati, fanatici.
Quella modernità di mezzi coniugata a un feroce fanatismo lascia trasparire una “intelligenza”. Non da parte degli “attori”-pedine, che sono dei pericolosi cretini; e neppure da parte delle seconde file, che sono al massimo degli interessati (nel senso letterale: di interessi concreti e terreni) cavalli, alfieri, torri. C’è un “intelligenza”, per quanto perversa, che muove tutti i pezzi di questa umana scacchiera. Nella vita di tutti i giorni balza agli occhi una solare evidenza: spesso, molto spesso, le “cose” sono governate più dalla casualità e meno, molto meno dalla razionalità di quanto si può credere a prima vista. Daniel Kahneman, uno psicologo israeliano vincitore con Vernon Smith del Nobel per l’economia del 2002, studioso del “decision making”, nel suo Thinking, fast and slow ammonisce che “noi tendiamo a sovrastimare quanto capiamo del mondo e a sottovalutare il ruolo del caso negli eventi”.
Indubbiamente la lezione di Kahneman è da tenere in serissima considerazione. Ci sono tuttavia situazioni, eventi, dove il “caso” non è più solo “caso”, e si trasforma in strumento. Al di là della consapevolezza e della volontà del “caso” stesso.
Per tornare ai tagliagole islamici: sicuramente sono convinti e credono in quello che dicono; altrettanto sicuramente cercano di fare quello che dicono e proclamano. Per quanto deliranti va prestata attenzione ai loro "messaggi", vanno presi molto sul serio. Tuttavia non bisogna essere così ingenui da credere che siano solo il frutto spontaneo di situazioni e contesti che si sono creati. Sono anche strumento di qualche potere e potentato reale, che cerca di sfruttarli; quando si dice potentati reali si intendono poteri non necessariamente, o solamente statuali; potentati reali che sono in perenne conflitto, e, al tempo stesso, “dialogo”: nel perseguimento di inconfessabili e tuttavia intuibili interessi, combattono spesso guerre non visibili e non dichiarate, si “parlano” e a volte si accordano, si confrontano, si inviano "messaggi": di ogni tipo: può essere un diplomatico o un potente che muore di morte improvvisa; può essere un rapimento che si risolve non si sa bene come; può essere un attentato. Non è una “trattativa”, che non c’è nulla da trattare, al massimo sono tregue; ma un “dialogo” sì.
Per quel che riguarda l'attentato all'aereo russo, è plausibile ritenere che il "messaggio" sia rivolto a Russia ed Egitto. Russo l'aereo, russe le vittime; la Russia è pesantemente coinvolta, più di quanto si creda nello scacchiere che va dalla Turchia alla Siria, fino all’Irak (quel che ne resta), il Libano e l’Iran; Egitto è Sharm El Sheikh, il Sinai, e da anni in Egitto si combatte una guerra ignorata e carsica contro le milizie di tagliagole senza riuscire a venirne a capo. Vladimir Putin e il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi hanno molto debolmente cercato di contrastare la “ragionevole” tesi della bomba a bordo; e lo si può capire. Come si possono comprendere le mosse dei leader anglo-americani e dei rispettivi servizi segreti: CIA ed MI6 fanno a gara nel distribuire documenti, veline, dossier; e da che mondo è mondo, chi fornisce informazioni lo fa per un suo interesse, non perché ha a cuore la libertà di stampa.
Se è facile comprendere chi sia il killer (i già citati tagliagole islamici), più complicato individuare il potentato reale (i potentati; possono essere più d’uno), che trama nell’ombra. Secondo la tesi di uno dei massimi vertici dell'israeliano Mossad, "se si vuole capire qualcosa di questo oscuro mondo, cui prodest è la domanda da scartare". E allora occorre pazienza, astuzia, capacità di vedere e non solo guardare le cose. Gli interessi palesi, e quelli nascosti. Un puzzle, che richiede visione d’insieme, capacità d’analisi e di collegamento, studio; e freddezza, molta freddezza. Da sembrare gelidi, cinici. Soprattutto non è oggi che avremo le risposte per gli eventi di oggi. Dovrà trascorrere tempo, perché la polvere e le cortine fumogene si diradino. Oggi parla chi non sa; e chi sa, ovviamente non parla.
Il “dialogo” però, quello c’è. C’è chi “dice”, c’è chi “sente”. Per restare in tema di disastri aerei, non è neppure la prima volta che accade. Senza scomodare la strage del DC-9 Itavia sul cielo di Ustica (quella è un'altra storia), si può provare a fare un salto nel tempo: al 27 ottobre 1962, quando l'aereo su cui vola il presidente dell'ENI Enrico Mattei si schianta a Bescapè, vicino Pavia. C'erano moltissime ragioni per far fuori Mattei. Quella mortale esplosione elimina un personaggio scomodo; e insieme manda un "segnale" che qualcuno, c'è da giurarlo, avrà raccolto.
Un anno prima, un altro "messaggio": nel settembre 1961 il segretario delle Nazioni Unite Dag Hammarskjoeld muore nell'esplosione del Douglas DC-6 che lo conduce in Zambia, per trattare il cessate il fuoco nella regione del Katanga.
Fermiamoci qui, per non fare troppa dietrologia e non cedere a teorie complottarde. E' comunque un fatto che molti attentati e stragi possono essere letti con queste lenti, con questi "occhiali".
L'ex direttore del SISMI, ammiraglio Gianfranco Battelli, una volta ha detto che gli sembrava ovvio che "i servizi debbano poter fare cose illegali". E parlava dei servizi legali, quelli di Stato; figuriamoci quelli dei già citati poteri reali. Se così è (ed è) non resta che tirarne le somme, è facile: uno più uno fa due. All’occorrenza fa undici…