A Palermo una giornata particolare, quella di venerdì 9 maggio: l’ex covo del boss mafioso Totò Riina, arrestato il 15 gennaio del 1993, diventa la nuova stazione dei Carabinieri. “Lo Stato oggi festeggia una vittoria: abbiamo battuto la mafia”, ha detto il Ministro degli Interno, Angelino Alfano, che con il Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, con il generale dell’Arma dei Carabinieri, Tullio Del Sette, con Giovanni Paparcuri (unico superstite alla strage di via Pipitone che costò la vita al giudice Rocco Chinnici e ad altri innocenti) e con i familiari della vittime di mafia ha inaugurato la Stazione dell’Arma.
Il boss di Corleone arrivò in questa villa, che si trova nel quartiere Uditore di Palermo, nel 1987. Oggi la villa del famigerato boss viene dedicata alla memoria dei due carabinieri che morirono nell’attentato mafioso al giudice Rocco Chinnici, avvenuto il 29 luglio del 1983 a Palermo: Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta. Gli abitanti del quartiere, i vicini di casa dell’ex latitante hanno finalmente visto la villa: una costruzione enorme, di 1750 metri quadrati con giardino e piscina (oggi sotterrata), che custodiva i segreti della mafia. Nella villa dei misteri, Totò Riina viveva con la moglie e i quattro figli. Il boss era considerato un buon uomo, gentile e puntuale nei pagamenti condominiali; altri, invece, si tenevano alla larga da quel residence.
In questa villa si tenevano le riunioni con i capi di Cosa nostra e, al momento della cattura, non fu mai perquisita: i famosi documenti “avrebbero fatto tremare il Paese e il boss li avrebbe usati in casi di necessità”, ha raccontato di Vito Ciancimino al figlio Massimo, il super testimone del processo sulla trattativa Stato e mafia che ha portato alla luce degli inquirenti il famoso “papello”.
Dopo la cerimonia e la scopertura della stele in marmo (nella foto a destra) dedicata ai caduti di mafia, si è tenuta la conferenza stampa nella sede dell’Ordine dei Giornalisti, sede attigua all’ex covo di Riina, dove il presidente, Riccardo Arena, ha accolto il Ministro, il Sindaco della città, le autorità e molti magistrati. Arena ha ricordato i colleghi giornalisti “caduti per mafia che hanno lasciato sangue sulle strade” e ha sottolineato come “la categoria dei giornalisti viene oggi offesa, avvilita e maltrattata dai compensi troppo bassi e da un precariato arcigno che colpisce anche i contrattisti”.
“I giornalisti siciliani – ha aggiunto Arena – devono fare anche i conti con la politica che intende mettere freni all’esercizio della professione e alla libertà di stampa. In Sicilia si sbandiera ai quattro venti il diritto alla legalità, ma non vengono applicate le norme esistenti che impongono di attuare l’informazione istituzionale da parte degli enti pubblici. Ne viene fuori, così, un’informazione ‘pastrocchio’ in salsa siciliana”.
Poi, rivolgendosi ad Alfano, il presidente dei giornalisti siciliani ha aggiunto: “Signor Ministro, questa è la casa dei giornalisti ed è anche la vostra casa, è abitata da giornalisti che tengono stretti il bene più prezioso che la nostra categoria possiede: la libertà di stampa. Giornalisti che non si sono fermati davanti alla mafia, all’arroganza della politica e degli editori. Oggi con l’arrivo della stazione dei Carabinieri e della Casa Comune assegnata al Sindaco di Palermo, questo complesso diventerà una cittadella della legalità”.
Il Sindaco Leoluca Orlando si è detto soddisfatto di essere in questa sede “per registrare come questa città sia passata da un tempo in cui la mafia governava e uccideva, ad una mafia che non governa più, ma che esiste ancora e che è profondamente cambiata per effetto dei successi dello Stato. Certamente essere qui è il successo nei confronti della mafia verticale. Credo che stiamo passando dalla legalità del diritto alla legalità dei diritti. La legalità dei diritti di sicurezza, espressa dalla presenza dell’Arma dei Carabinieri, la legalità di libertà espressa dalla casa dei giornalisti, la legalità dei diritti di cittadinanza espressi dalla Casa Comune che è stata consegnata al Comune”.
“Caro Ministro – ha affermato Orlando – esprimo tutto l’apprezzamento per l’orientamento che adesso si apre per l’utilizzo dei beni confiscati alla mafia per fronteggiare l’emergenza abitativa delle grandi città: si risponde così al diritto alla casa. Non potrei chiudere questo mio intervento ed essere a posto con la mia coscienza se non richiamassi l’impegno del Ministero degli Interni e del Prefetto Morcone e dei Comuni italiani per il diritto alla vita dei migranti che sono esseri umani e non cose. Migranti che si accolgono quando in Valle d’Aosta si lavora in nero e non si accolgono”.
Il Ministro Alfano ha ringraziato il Sindaco e il presidente dell’Ordine dei Giornalisti “per aver ospitato non solo la conferenza, ma anche per il servizio che ogni giorno viene reso alla Sicilia: un servizio di informazione corretta e leale. Una nota di vanità personale: ringrazio il presidente del Ordine per avermi ricordato che sono iscritto anche io qui, quando nell’estate del 1990 completai la procedura per entrare a far parte dell’albo. Un grande ringraziamento ai Carabinieri per la scelta che hanno fatto assumendo questo bene nel proprio patrimonio istituzionale. La casa di Riina che diventa la casa dei Carabinieri è straordinario. E’ una cosa importantissima. Noi siamo in Sicilia e sappiamo quanto vale e quanto pesa nella simbologia mafiosa: il fatto che il Comandante della stazione abbia preso possesso della camera da letto di Riina e sia diventata oggi il suo ufficio, beh, è assolutamente il più grande smacco alla mafia”.
“Ringrazio i giornalisti di Sicilia – ha aggiunto Alfano – per aver raccontato le storie di mafia e per avere lasciato sulle strade siciliane anche il loro sangue. Noi siamo qui per ringraziare i nuovi dirimpettai, quelli che la mafia la combattono con l’azione e con la divisa ogni giorno, e quelli che la combattono con la penna raccontando le loro storie criminali. Credo che la presenza oggi delle più alte cariche della Magistratura palermitana, delle istituzioni governative e del Parlamento regionale sia un bellissimo segno. Palermo ha vissuto una bella fase di rinnovamento nel senso che c’è stato uno spoile sistem che ha portato ai vertici giudiziari, con la continuità dei valori dei grandi magistrati, una nuova filiera di magistrati che ringrazio per il loro operato”.
Sull’immigrazione Alfano non si è sottratto alle domande dei cronisti: “Se andrà in porto il piano di equa distribuzione dei migranti in tutti i Paesi d’Europa – ha detto il Ministro – sarà un grande successo. Però dobbiamo dire che non possiamo chiedere all’Europa l’equa ripartizione e non farla in Italia con tutte le regioni italiane. Il Sud e la Sicilia hanno già pagato tanto, hanno pagato troppo: la Sicilia sopporta il 90% degli sbarchi e certamente non si può spostare da dov’è, ma non può sopportare da sola l’accoglienza per l’egoismo di chi dice ‘io qui non li voglio’. Noi dobbiamo avere una posizione giusta e chiara: un’equa distribuzione italiana e di, conseguenza, europea. Devo dire che l’incontro al Viminale con i Sindaci italiani mi ha lasciato soddisfatto perché ho visto uno spirito cooperativo e significativo”.
Un passaggio anche sull’Agenzia per i beni confiscati alla mafia. “L’Agenzia – ha aggiunto Alfano (nella foto a sinistra) – è nata quando ero Ministro della Giustizia nel 2009, incamerando presso di sé migliaia e migliaia di appartamenti e di aziende. Si è creato un problema gestionale derivante da un eccesso di ‘successo’. Stiamo proponendo una riforma che permetta una maggiore efficienza per garantire un’accelerazione per la fruizione dei beni confiscati. Il prefetto Postiglione sta lavorando molto bene. Tra le priorità metto quella di cui ha parlato Orlando: ci sono luoghi in cui i beni confiscati possono alleviare le difficoltà abitative e lì può intervenire l’Agenzia dei beni confiscati”.
Chiediamo al Ministro cosa intende fare il governo per garantire la sicurezza dei cronisti, di come sia possibile ancora che un boss minacci un giornalista. Parliamo delle minacce a Sandro Ruotolo di Servizio Pubblico. E di Michele Zagaria, il boss dei clan dei Casalesi protagonisti della “Terra dei Fuochi” (tonnellate di rifiuti tossici sotterrate in un’area della Campania). Michele Zagaria, durante il colloquio intercettato in carcere, dice di Ruotolo: “O voglio squartato vivo”. Da qui l’immediata la scorta al giornalista napoletano che, con il reportage “Inferno atomico” ha raccontato la “Terra dei Fuochi”, intervistando anche il boss morto di recente, Carmine Schiavone. Ruotolo ha invitato tutti i colleghi a raccontare di mafia “così si è più forti, e perdono loro”.
“Il carcere duro – ha risposto il Ministro Alfano – ha funzionato impendendo ai boss di comunicare dal carcere dove abbiamo rafforzato e affinato i controlli perché non escano le notizie. A Sandro Ruotolo abbiamo offerto la scorta e il sostegno dello Stato”.
“Abbiamo studiato gli effetti del bomb jammer che abbiamo dato al dottor Di Matteo (Nino Di Matteo, il Pm del processo sulla trattativa tra Stato e mafia ndr) – offrendo la migliore tecnologia al mondo. Tecnologia compatibile nei limiti di un regime di vita urbano ed extra urbano. Noi siamo al fianco di chi contrasta la mafia”.