Palermo ancora una volta sommersa dai rifiuti. Una falsa spa a socio unico, nei fatti articolazione del Comune, che però paga stipendi un terzo più alti dei dipendenti comunali. Dipendenti in esubero (500 più di Torino che ha un milione di abitanti contro i 700 mila di Palermo). Un servizio inefficiente e spesso del tutto assente.
Questo è il quadro sommario di un dibattito, oramai trentennale, tra un servizio sempre catastrofico e disastrosi amministratori spesso spaventati di fronte agli avvertimenti o solo alla minaccia di ricevere minacce.
Le cronache registrano con puntualità rigorosa, usualmente ogni tre mesi, il succedersi delle emergenze con l’intervallo occupato dai soliti servizi scadenti e superficiali.
A Pasqua, nel periodo estivo e per le festività natalizie, si raggiunge l’apice. La città è messa di fronte alla scelta. Cedere al ricatto corporativo o affogare nei rifiuti. Molte amministrazioni comunali del passato hanno ceduto e il disastro invece di cessare si è rinnovato e incancrenito. Quali rimedi adottare? Come risolvere un problema dagli effetti così nefasti per immagine, occupazione, sviluppo?
Restano due strade. La prima, continuare nell’esistente e lamentarsi ritualmente più volte l’anno sopportando un servizio risibile e vergognandosi di offrire una città così malcurata agli sguardi dei visitatori. Una sorta di condanna genetica per quella che è solo cattiva conduzione di un’attività che, nella stragrande maggioranza delle città italiane, assicura igiene e pulizia. Oppure, ed è la seconda possibilità, reagire duramente e sparigliare le carte.
Il mercato, quando è posto di fronte a una società inadeguata e decrepita, la espelle e la sostituisce con altre meglio organizzate. La Rap, la società che dovrebbe rimuovere i rifiuti a Palermo, nata dalle ceneri dell’Amia, la società che non ha mai davvero assicurato l’igiene della città, andrebbe chiusa e posta in liquidazione. Dove sta scritto che questo servizio deve essere a gestione pubblica diretta? La città vuole che sia assicurato il servizio pubblico non che sia necessariamente gestito dal pubblico.
Se dunque nella scuola, nella sanità, nella forestazione, nei trasporti si possono erogare servizi pubblici senza essere gestiti dal pubblico, perché mai Palermo deve incaponirsi a voler raddrizzare qualcosa che oramai è rotto ed è inguaribile? Tutto il servizio rimozione e smaltimento dei rifiuti potrebbe essere dato in convenzione. I contratti stipulati con diversi soggetti, anche per stimolare una positiva concorrenza e i dipendenti Rap, come avviene per molti servizi, potrebbero essere assorbiti dalle società assegnatarie.
Tutti gli altri rimedi sono soltanto palliativi. Alcuni Comuni che si sono ritirati dagli Ato (sigla che sta per Ambiti territoriali ottimali, in pratica società tra Comuni, altra terribile invenzione della politica per moltiplicare consigli d’amministrazione e stipendi e affossare il servizio) adesso hanno le cittadine pulite a un costo due volte inferiore. Palermo e gli altri Comuni devono provarci. I sindaci e la presidenza della Regione devono affrontare con coraggio e senza paraocchi un problema che sta sfregiando in modo irrimediabile il capoluogo dell’Isola.
Foto tratta da palermomania.it