A Palermo quando si pensa a un Parco, a una grande area verde, la mente corre alla Favorita. Così si chiama il gigantesco spazio che unisce la città alla sua stazione balneare: Mondello. Di fatto, l’unico ‘polmone verde’ del capoluogo dell’Isola. Ma la gran parte dei palermitani conosce solo quanto intravede dai finestrini delle auto che lo attraversano veloci, le fiamme dei bivacchi notturni delle prostitute che lo popolano, poco o nulla delle sue ricchezze botaniche e della storia complessa e gloriosa che si cela dietro le folte chiome dei suoi alberi.
A chi ci vive e ha viaggiato non poteva sfuggire il confronto tra l'estensione di questo gigante e un altro Parco conosciuto da tutto il mondo. Così dopo avere appreso la storia recente del Central Park di New York, gestito da un’associazione no profit da 25 anni, un gruppo di cittadini di Palermo ha pensato al proprio grande Parco abbandonato e ha scritto alla Central Park Conservancy per sapere come hanno fatto a gestire una estensione così vasta in quasi autonomia e rendendo un grande servigio alla città di New York.
Perché non rifare lo stesso percorso a Palermo? Il Central Park negli anni ‘80 del secolo passato era attraversato da bande criminali, trascurato e abbandonato da un'amministrazione distratta e a corto di fondi, quasi una storia simile a quella del Parco della Favorita. Come il fratello newyorkese anche quello palermitano aveva conosciuto passate grandezze.
Fondato da Ferdinando di Borbone in fuga da Napoleone nel 1798, il Reale Parco della Favorita per molti anni costituì un segno della bellezza della città. Goethe lo definì “uno dei più belli del mondo” e un giovane cronista nel 1882, in una guida alla città, ne parlava in termini entusiasti: “Che viali superbi, che boschetti ombrosi, che immense praterie tutte verdi e fiorite! Viene quasi una gran voglia di correre, di smarrirsi in mezzo a quel cupo fogliame”.
Oggi La Favorita, estesa 350 ettari, la stessa superficie del grande Parco di New York, è abbandonata. Il Comune di Palermo non ha le risorse e gli uomini per gestirlo, solo qualche piccolo lembo è fruibile dai cittadini e resta una grande potenzialità inespressa. Ecco allora che l’associazione “Cittadini per Palermo più verde e pulita”, sognando un futuro simile al parco di New York, ha stabilito un contatto con la Central Park Conservancy chiedendo quali fossero i segreti del loro successo.
Come si è formata l’associazione che gestisce il Parco? Ci sono state resistenze da parte dell’amministrazione comunale a concederlo in affidamento? Quali garanzie hanno richiesto? Sono state sviluppate azioni di pressione per far prevalere questo orientamento? Ancora: quali sono state le difficoltà iniziali una volta che l’affidamento è stato deliberato? Avete lanciato una sottoscrizione pubblica? Avete fatto appello al volontariato? Avete modificato molto, attraverso nuove opere, dell’impianto originario del Parco? Quali sono le fonti di sostentamento economico oltre la pubblica donazione?
Leggiamo che oltre 1000 volontari collaborano al buon andamento del Parco. Quanti sono i dipendenti fissi e come sono strutturati: giardinieri, vigilanti, pulitori, amministrativi etc.? Quali sono i punti di crisi che dovremmo attenderci secondo la vostra esperienza?
Domande semplici con uno scopo preciso: raccogliere informazioni sulle modalità che consentono a un gigante del calibro del Central Park di essere gestito da un'associazione e la ricerca di una via che spezzi la condanna di molte città meridionali italiane: essere affollate da dipendenti pubblici in gran numero e da enormi bellezze monumentali e naturalistiche e poi lasciare che tutto cada nel degrado e nella trascuratezza.
A Natale, gradito regalo, i responsabili hanno risposto fornendo moltissime notizie sulla gestione, sulla raccolta fondi, sulle iniziative. Il giornale cittadino ha iniziato a occuparsi di questo problema dedicando un’intera pagina sul confronto tra il grande Parco palermitano e il Parco newyorkese. Naturalmente le cifre sono impietose. A New York 180 giardinieri si prendono cura con splendidi risultati del Parco, mentre a Palermo gli addetti comunali si addentrano tra i suoi viali poche volte l'anno e in misura così ridotta da risultare ridicola.
Nei prossimi giorni l'associazione lancerà un appello alle personalità della cultura, dell’imprenditoria, della politica e della società palermitana, a cui ci auguriamo si associno gli italiani di New York per stabilire una sorta di gemellaggio tra i due Parchi.
Dopo il nero, ultimo ventennio del secolo scorso, dominato dalla violenza mafiosa, ma caratterizzato dalla resistenza e rinascita dello spirito civico della comunità siciliana, il rilancio del Parco fondato da Ferdinando potrebbe costituire la fine del lungo esilio dalla bellezza a cui decenni di cattiva amministrazione lo avevano e tutt’ora lo hanno, consegnato.